Non servirà a nulla, però ci provo


Non servirà a nulla, però ci provo

Dicembre 2021, e sono trascorsi otto anni da quando ho aperto questo blog.

All’inizio scrivevo molti articoli, anche due ogni settimana. Gli argomenti che vorrei trattare sono ancora molti, ma non diventano articoli. Nel 2021 ne ho pubblicati solo tre.

Da quando ho pubblicato i libri di racconti e poesie si è ridotta la quantità di articoli nel blog.

I visitatori sono saliti nel primo triennio da zero a oltre tremila e poi il numero si è mantenuto intorno ai quattromila nel quinquennio successivo.

In quest’ultimo anno sono stati poco più di duemila, ma con soli tre articoli, è anche troppo.

Sembra che i lettori gradiscano certi articoli relativi alle ricette di cucina, racconti, appunti di viaggi.

I miei recenti interessi mi portano a scrivere il quarto articolo di quest’anno, ancora una volta sull’ambiente.

Quest’anno si è celebrata la Cop26. A Glascow c’erano giovani provenienti da ogni paese del mondo, purtroppo i potenti della terra non hanno manifestato la benché minima intenzione a cambiare le prospettive e modalità di crescita nonostante l’infuriare della pandemia da quasi due anni.

Ogni anno si ripete il tentativo fallimentare di ripristinare la biodiversità nel pianeta terra a com’era prima della industrializzazione.

Sembra strano, ma la soluzione potrebbe essere nella resilienza.

Pensare globalmente, agire localmente.

Ognuno nel suo terreno può sfruttare il potere rigenerativo della terra.

Facciamoci aiutare dalle piante.

Le piante in modo del tutto naturale possono immettere carbonio nel terreno e alimentare il ciclo che ha permesso il mantenimento della crosta terrestre viva e non inaridita come le superfici arate.

I proprietari terrieri devono interessarsi dei terreni affidati in gestione agli agricoltori, in modo particolare quando questi utilizzano arature profonde sui terreni.

Da oltre 70 anni sappiamo che le monoculture hanno effetti devastanti sui terreni, ma si continua a coltivare con questo metodo.

Almeno venti civiltà si sono estinte per l’eccesso di sfruttamento dei terreni.

Uno degli esempi più antichi è stato quello dell’altopiano del Loess in Cina. Anticamente era una regione fertile; ha ospitato la nascita di una delle prime civiltà cinesi. Secoli di pascolo eccessivo, deforestazione e agricoltura di sussistenza l’hanno resa una delle aree più degradate dell’intera Cina, ormai famosa per le ricorrenti inondazioni e carestie. L’utilizzo inconsapevole del suolo ha portato a impoverimento e degrado della terra e di conseguenza della società.

Un suolo povero che necessita di concimi chimici, pesticidi, impoverisce chi ci vive sopra.

Per avere cura della salute del suolo occorre attivare la rigenerazione ecologica.

Le condizioni per l’attivazione della rigenerazione sono:

minimo disturbo meccanico, diversità, radici vive in ogni momento, piante perenni e alberi, uso di animali.

A tal proposito c’è un film documentario su Netflix che spiega questa metodologia:

https://www.netflix.com/it/title/81321999 Kiss the ground – 2020

Trovo strano che queste chicche di documentari provengano dallo stesso luogo che genera le peggiori distruzioni ambientali del nostro pianeta.

Altrettanto strano è che in Europa si proceda effettuando gli stessi errori statunitensi senza nemmeno cercare di comprenderli.