Riflessioni su esperienze di viaggio


Riflessioni su esperienze di viaggio

A me piace tanto viaggiare, ora che sono costretto nelle quattro mura domestiche per il coronavirus, viaggio con la fantasia nei luoghi visitati in passato, mi sembra ancora di essere in quei luoghi e mi lascio sedurre da una serena beatitudine, mentre ricordi annebbiati si mescolano a riflessioni nitide, deduzioni lampanti, soluzioni futuristiche.

Il viaggio in Giordania

Nel 2012 mia moglie ed io abbiamo festeggiato il venticinquesimo di matrimonio con un viaggio in Giordania. È stata una bellissima esperienza poter conoscere luoghi splendidi, ma soprattutto l’incontro delle persone, respirare il soffio delle loro tradizioni e della loro storia.

Tra i fotogrammi che mi scorrono nella mente ce n’è uno di una sera in Giordania nella capitale Amman.

Quella sera il sole del deserto annunciava il solito bellissimo tramonto mentre si mescolava con il cielo di Amman, una grande bolla di abitazioni, edifici, costruzioni del diametro di quasi cento chilometri, accerchiata dal deserto giordano.

Avevamo il pomeriggio e serata liberi, con un’altra coppia decidemmo di andare in centro e cenare in un ristorante.

Il fatto di essere in quattro ci dava maggiore sicurezza, ma mia moglie ed io ne avevamo fin troppa perché nel primissimo pomeriggio avevamo preso un taxi dell’albergo e il taxista ci aveva accompagnato in giro per Amman, mentre l’altra coppia era rimasta in albergo.

Con un taxi ce ne andammo tutti insieme verso il centro, la cena al ristorante fu ottima e visto che era abbastanza presto per rientrare in albergo, decidemmo di andarcene in giro per la città non ricordo nemmeno cosa esattamente cercavamo, ma ci ritrovammo in un luogo poco frequentato, quasi deserto, non c’era nessuno in giro al quale chiedere come raggiungere la strada centrale dalla quale passavano molti taxi. La cartina della città era quasi inutile nelle stradine poco illuminate e non sapevamo più da che parte andare.

L’incontro di tre giovani fu provvidenziale, parlavano bene inglese, ci dissero di scendere delle scale e continuare a scendere sempre fino alla strada, poi da lì proseguire.

Seguimmo l’indicazione, ma con qualche perplessità, delle scale non si vedeva la fine e non erano nemmeno tanto illuminate, poi stranamente i giovani ci seguivano.

Continuavamo a scendere e i tre giovani ancora dietro, poi mi voltai per chiedere loro perché ci seguissero e loro aggiunsero che stava loro a cuore la nostra incolumità e volevano accertarsi che non sbagliassimo strada.

Tutto questo era una conferma della nostra guida, ci aveva detto che nessun turista mai in Giordania ha avuto problemi nei tanti anni di servizio come guida, o subito furti, e se mai li avesse avuti o li avessimo noi, sarebbe stata sua premura personale di rimborsare l’intero viaggio.

Certo un conto è ascoltare le informazioni a parole, altro fatto è viverle. Nel nostro caso continuavamo a scendere le scale più tranquilli.

Infine arrivammo alla strada principale, la riconobbi, c’eravamo passati prima con il taxi, eravamo vicini al luogo indicati e a poche centinaia di metri dalla luogo dove fermano i taxi.

Ecco a un certo momento si avvicinò un uomo sui cinquanta anni, vestito alla maniera occidentale, anche se con i lineamenti arabi. Ci aveva seguito e aveva compreso la nostra nazionalità, iniziò a parlarci in italiano, non perfetto, ma comprensibile, chiedendo, supplicando che lo ascoltassimo.

Dapprima si scusò, non una, molte volte della sua intrusione. La coppia che era con noi non appena realizzò le intenzioni dell’uomo, accelerò il passo forse per non trovarsi coinvolta in discussioni.

Solo io ero rimasto indietro, ascoltavo l’uomo, mi raccontava di essere stato in Italia a lavorare, in Umbria in provincia di Perugia, di avere imparato un poco di italiano, ma che ora la sua famiglia versava in gravi condizioni, in Italia non aveva trovato lavori che gli permettessero di inviare denaro a casa, dopo qualche anno se ne era tornato a casa.

Mi stava chiedendo l’elemosina.

La guida ci aveva spiegato con un certo orgoglio che in Giordania non troveremo per strada nessuno che chiede elemosina. Anche se il paese non può essere annoverato tra i paesi ricchi, loro non hanno pozzi petroliferi, hanno il 70% di territorio desertico, ma per la qualità del servizio sanitario sono definiti la Svizzera del medio-oriente, l’istruzione è obbligatoria, tutti i giovani devono conoscere l’inglese e l’uso dell’informatica, ma la cosa più interessante è quella che obbliga i ricchi e dare ai poveri in modo tale che di poveri non ce ne debbano essere, mai.

Quell’uomo si era scusato più volte, forse aveva paura di essere punito per aver chiesto denaro a stranieri. Lo ascoltai, non feci nulla, mi scusai a mia volta, non me la sentii di aiutarlo, non volli farlo, il suo volto, la testa leggermente china, gli occhi semichiusi rivolti verso il basso, la voce tremolante, mi accompagnano in questi giorni.

Le riflessioni nel 2020

Questo periodo di pandemia con conseguente fermo nelle proprie abitazioni cosa potrà insegnarci? Quali sono i messaggi per la collettività? Come potranno i cittadini trovare beneficio dalle conseguenze nefaste della pandemia come la morte dei propri cari?

Cosa rimane delle nostre esperienze?

Cosa rimane della lettura di un libro, di un viaggio, di una serata a teatro, dell’incontro di una persona?

Quanto tempo occorre perché certe esperienze abbiano un effetto?

Il nostro animo è predisposto ad accogliere queste esperienze?

Credo che tutto dipenda da noi, da quello che possiamo o vogliamo trovare e cambia da persona a persona. Poi ci sono i momenti in cui siamo più o meno predisposti ad accogliere e altri meno. Infine ci sono i momenti in cui il pensiero viaggia verso l’interno , verso noi stessi.

Quando penso alle esperienze passate, cerco di riviverle, esaminarle con occhio attento, cerco di capire come possono essere usate ora, in questo momento cruciale, penso a quanti non hanno casa e non possono chiudersi tra le quattro mura, dove sono adesso?

Chi se ne sta prendendo cura?

Dove sono i poveri in Italia?

Perché come in Giordania non obblighiamo i ricchi a dare ai poveri?

Pensiamo basti davvero far pagare una “flat tax” per sistemare le cose?

Potrà servire a questo punto il coronavirus per migliorare un poco il tenore di vita degli italiani che versano in condizioni simili a quella dell’uomo incontrato in Giordania?

Ma sono solo io che mi faccio queste domande?

PORTUGAL


Portugal – September 2017

I feel like a child coming back from the first school trip.

I am the tile maker, azulejos with different colors and shapes, of the thoughts of tourists, of the Portuguese, of guides, of impressions, of ideas and of drawing; Every piece is poetry, painting, literature, politics.

The first time you visit a country, a city, try to describe it in a few words.

It’s a hard work, if not impossible, the first research is in comparison with other sites, known, known and adding the most or less.

Less green in London, less chaotic than Paris, safer than Amsterdam, more open to gays in Moscow,

with the tendency to generalize, and if you know someone who denies the theory, the whole castle collapses in the air.

A week in Portugal is a taste, Lisbon is a precious jewel to be discovered slowly, an old lady who turns my head even without the glass of Porto at the end of the meal.

I would like to be precise, detailed in telling the trip the places visited, Portuguese dishes, but I can not, I do not want to leave the usual reportage, something different, to read as a story, and I do not know if I can.

Those who decide to plan a trip with other people have a good responsibility, tastes vary, and each trip can be geared to cultural interests, natural surroundings and landscapes, religion, gastronomy, history or anything else.

Plan

I have discarded trips from Italy, though they often have great mixes, but when they try to cover an entire nation, they often turn you like a trott without the possibility of enjoying a place in holy peace.

I used to book the flight Ryan Air and I was lucky because the flights were not subject to cancellations. I would recommend booking about two months before not having to pay exorbitant figures, but I think there were not two people on the flight who paid the exact same amount, the extremely low price in the end is a matter of luck and a long time lost in looking for the price best. For the room I had searched on booking which has become a world leader in bookings, the services seem to be the same as the ones offered by the agency because they draw to the same hotels but then I hijacked the searches on Airb & b.

There is an offer for all tastes and I felt like I did not spend a bit, but when in Lisbon I met two Italians in the Salerno area who had spent half. Boh, you always find someone more experienced in bookings, will be next time! The visit period at the end of September was excellent, always in t-shirt, sunny during the day and only a little while in the evening, with temperatures from twelve to twenty-eight degrees.

Flight and landing

In the landing plane I saw Lisbon for the first time; this went to the ocean and then passed over the statue of Christ Rei, it seems to watch the XXV Aprile bridge and the river Tejo.

Lisbon is divided by the River Tejo, the airport and city center are in the largest and densely populated part.

To get to the apartment I thought to use the navigator, since I also have the internet line on the smartphone in Portugal, then put the public transport option and check which subway and bus stops but after a couple of attempts, I I surrendered and took the taxi, which brought me right in front of the house.

The district of Bairro Alto (the name says it) has a wonderful view. A young Portuguese with a good english shows me the flat on the fourth floor with elevator and explains how I should do to return the keys at the end of the week, how to use satellite television, the operation of the kitchen I will not use.

Volcanic area

Lisbon was destroyed by a severe earthquake in 1755, the island of Madeira and most of Portugal’s territory are of volcanic origin. In particular, Sintra, a city about twenty-five kilometers from Lisbon has very fertile soils and is a real garden.

The sweets

In Lisbon you can roam by tasting the birthday pastel, are fantastic breakfast pastries, but also to enjoy at any time of the day, like ours. There are museums of all kinds, and those who prefer to stay in the city for a few days can do the lisboa card and this allows you to use all the means of transport in the city and surroundings and other discount tourist attractions. A pastry in addition to the birthday pastel also produced sweets on nun recipes, a delicacy.

 

 

Museums and monasteries

One of the museums worthy of note is the Azulejos Museum, to name them in a few words I can say that they are beauty tassels and I do not add anything else. The Belem carriages museum with pieces from other nations such as the French and Italian carriages, are works of art, real homes traveling with real and rudimentary decorations for comfort.

The Mosteiro de Jeronimo in Belem is another jewel to be missed, as well as the Belem Tower.

I do not want to go anymore, guides me with more complete descriptions.
Monastery of Batalha is the first nucleus of Dominican monks, built in Gothic style

 

 

The “ring” tour

I chose not to rent a car for this first tour in Portugal, limited to the Lisbon area, though it included Cabo de Roca, Cascais, Sintra and other Estramadura countries.

Lisboa Card includes train trips to Cascais and Sintra, and there is even a bus linking these two cities, so one day you can visit Lisbon – Cascais – Capo de Roca – Sintra – Lisbon; here is the ring round!

There are trains every twenty minutes for both Sintra and Cascais, departing from the subway stations of Cais de Sodre and Rossio. A do-it-yourself tour with excellent results.

Young Portuguese

They all speak very good English, unlike the middle-aged people who have difficulty with the French, for the Italian then, only in the restaurants!

A Portuguese girl accompanies me to a restaurant I’m referring to, she reports her impressions about her city, informs me that a few days ago there was a demonstration of the inhabitants for the excessive rise in prices in Lisbon, caused by the huge inflow tourist.

We speak in English, and I explain that the law of supply and demand is not by now, Keynes wrote it long ago. All in time can change; states, governments are trying to rewrite the rules of the economy, common efforts are needed, shared, is not easy.

On a train trip to Cascais I meet a young man, ask for information on buses from Cascais to Sintra and point out to me that his navigator indicates a different bus than that of my navigator.

Only then did I understand that the navigator can be set in different ways, and … I learned to use it! Mistakes in something are needed. With the latter we have even become friends on facebook!

Swiss couple

A couple of Swiss people looking for the “buen retiro” are trying to live, they are happy, but they feel crushed by bureaucracy, even in Portugal it does not joke.

They tell me they had asked for a reduced fare for the train, they decided to stay for a month in a country near Cascais, but the discount authorization came after fifteen days and they have not used it anymore.

The Swiss are in the canton of Ticino, an area invaded every day by more than 70,000 frontiers, accepting to work at three thousand euros a month, are preferred to the Swiss.

A Swiss can not get to the bottom of the month with three thousand euros. Each country costs its own.

In Portugal with a thousand euros living big, they rented a villa with this figure. It is obvious that they can afford it.

Sintra, again

On the ring tour I had seen in Sintra the Palacio de Pena, but it was not enough, I went back to visit another tourist attraction: Quinta de Regaleira

The train to Sintra is made up of street musicians and guitar, tambourine and accordion play pieces well known, the ticket for Sintra costs 4.40 euros and with the live music show it seems like the most ridiculous price. They go for the tip, they can not deny it.

Sintra seems to live only with tourism with its villas and palaces, surreal residences like that of the Fifth of the Regaleira.

The visit to the beautiful residence takes at least two and a half hours, but it is worth it.

After the embrace of the old lady the dive in the green of Sintra is an unexpected ecstasy.
Sintra – Quinta de Regaleira details of the park

 

 

 

Weak and flee

During the week of visits to Lisbon and surroundings I used one of those “bites and escape” trips was not in Italian, but in Portuguese and French. As far as I understand the company is the same as the red buses and discovered Sightseeing that animate many European cities.

I happened accidentally at a red bus terminal and asked for information about the services.

On the brochure there were the various offers and I was attracted to one of these “Fatima FD” (full day) with a visit to Obidos, Batalha, Alcobaça, Nazarè, Fatima. The only neo were the driving languages, with two buses with Spanish-English guide and the other with Portuguese-French guide, but nothing in Italian.

Portuguese is different from Spanish, has something in common, but it is understood more difficult; the French I understand enough, and with the two languages ​​at last something came from the explanations of the guide.

alleged

One evening in the lobbing for Lisbon I see a bar and showcase exposed thirty hams hanging, strange a bar with hams! I put it in and wonder why the form and why are small, much smaller than the Italian ones.

Ham in Portuguese is said to be “presumed”, they tell me that they are pig hogs slaughtered within two years and that they are treated with smoked, their company sends them to Spain for the smoker process, then the drying and seasoning salad for a minimum of ten months. The flavor is delicate and aromatic, along with the Spanish hams are considered the best in the world.

Viagem

For shifts within Lisbon, the subway is convenient and fast, with five lines also touching peripheral areas and places of greatest interest.

I used it to go to Belem and at the East stop for Naçoes Park, Oceanarium.

Lisbon has many hills and in the high parts of the subway it does not go, here is the need to take the yellow trams and it is routes trained by tourists in a rushing between narrow streets and steep climbs. The advice of using the Viagem card is to make a daily $ 6.15, with this modicum you can take any type of tram or bus, and even trains.

Safety

In the city I was able to appreciate the police, present in the subway, crossroads, in the chat with Italians met at the restaurant knowing that Lisbon is one of the safest cities in Europe, but also for cleaning does not joke, you do not see dirty on the ground, there are no dumpsters, as if the rubbish went autonomously towards a dump or waste-to-energy plant.

You feel a careful check with those who are not in the rules, for example, cars parked in forbidden areas apply jaws and a tape with prayer to pay immediately the figure of 30 euros otherwise they take away the car.

 

 

Another interesting sign is the ban on feeding the pigeons, I have read it and it seems to me

having understood that the contravent’s will be penalized by one fifth of the salary, so it is not a fixed fine, but it goes according to the income of those who go to give it to eat.

You never end up learning!

 

Taste

So my way of visiting Portugal was to taste it, like delicious dishes, tasting only a few tablespoons on the surface.

I will leave it next time, I hope to find it intact.

 

P.S. il post in italiano è nel blog  http://www.oichebelcastello.it

 

RITORNO A GUEBWILLER


RITORNO A GUEBWILLER

Dal 2 al 6 Marzo 2017 sono ritornato in luogo già visitato, l’Alsazia.

Non è stato come la prima volta.

Non si possono ripetere le esperienze e goderne nello stesso modo.

Le aspettative sono diverse, quando conosci già dei luoghi non puoi che limitare le attese, hai già fatto le foto e di sicuro ne farai un numero minore.

Cerchi allora stimoli diverse, nelle stesse cose, le provi a osservare in un altro modo.

Ecco l’utilità del comitato di gemellaggio, la forza delle relazioni sociali e di amicizia tra abitanti di paesi diversi apre una strada nuova.

I gemelli francesi ci accompagnano nei luoghi programmati, si prendono carico della gestione della numerosa comitiva di novantatré persone, composta da adulti di Castelfiorentino e dalle tre classi dell’Istituto alberghiero Enriques, con i professori.

Il risultato è fantastico.

Si ripete in modo eccellente e con notevoli migliorie un preciso programma di ospitalità con l’unico scopo di valorizzare le risorse locali, scambi interculturali e commerciali.

Può capitare che se viene un turista a Castelfiorentino, magari gli si consiglia di andare a visitare Firenze, Pisa o Siena.

Fino a che non impareremo a valorizzare al meglio il nostro territorio tutti insieme, non potremo dare risposte univoche.

A Guebwiller l’hanno fatto, ci hanno copiato, migliorando la qualità delle loro capacità ricettive. Una delegazione da Guebwiller con il sindaco è già stata ospitata in Maggio 2016 con l’aiuto del nostro comitato di Castelfiorentino e avevamo utilizzato modalità simili.

Ogni cosa realizzata da altri può essere ripetuta aggiungendo del nostro, perché anche noi possiamo copiare da chi è più bravo, non è la scuola!

Quando toccherà a noi ospitarli, potremo migliorare il nostro livello di offerta delle strutture.

Le idee dei francesi per futuri sviluppi del gemellaggio sono state numerose, dalla pièce teatrale, preparare un logo, attivare una base di volontariato, attivarsi in occasione delle manifestazioni, fino al coinvolgimento delle imprese per la promozioni di prodotti enogastronomici, perché gastronomia è cultura.

Hanno un tessuto sociale ricco, con molto volontariato, attivo in molti ambiti, con dodicimila abitanti, hanno oltre cinquanta associazioni.

Il loro comitato di gemellaggio è una sorta di organismo di riferimento soprattutto per una associazione che si occupa di effettuare eventi e canalizzare gli aiuti dei cittadini, ma hanno iniziato a rapportarsi molto bene anche con altre associazioni.

Anche i francesi hanno la burocrazia come noi e forse peggio per certi versi.

Un comitato di gemellaggio in Francia e in Italia è come un ministro senza portafoglio.

Pochi sanno che esiste, non ha soldi da spendere e nemmeno per farsi conoscere.

Chi appartiene al comitato si sforza di raccogliere denaro e spesso deve metterlo di tasca propria.

Non è facile comunicare ai compaesani la propria realtà anche se a Guebwiller ha circa tremila dei propri residenti di origine italiana o parla italiano, i componenti vorrebbero essere famosi come la regina di Inghilterra anche se si attivano come lei solo per eventi e cerimonie.

Purtroppo anche farsi conoscere costa, i social ci aiutano, ma devono essere condivisi altrimenti riescono solo a realizzare ottime feste private con i soliti personaggi.

L’evento di degustazione è stato molto apprezzato dai cittadini francesi, ci sono stati scritti articoli di giornale, i presenti erano contentissimi, purtroppo in rapporto agli abitanti, il Sabato pomeriggio non erano molti i cittadini di Guebwiller nella grande sala con gli studenti toscani nelle loro divise da cuochi e camerieri.

L’ho fatto presente al sindaco, ma non con tono di lamentela, ma di un leggero rammarico per la quantità di materiale in eccesso, si aspettava la domanda, e mi ha detto che non importa, per la prima volta, la cosa è risultata ottimamente riuscita.

Ho notato cambiamenti organizzativi nel comitato francese.

Ci hanno fatto visitare il paese di Guebwiller, ho scoperto essere molto simile al nostro paese per un passato di enormi aziende manifatturiere nel settore tessile, ma anche dotato di chiese e musei con storie molto interessanti, e nei viaggi precedenti non venivano mostrate.

Alcuni componenti del comitato francese hanno diviso la numerosa comitiva in tre gruppi e organizzato la visita a piedi nel paese per consentire una maggiore fruibilità e comprensione delle guide bilingue.

Una scoperta interessante è stata quella in occasione del pranzo presso una società sportiva recentemente costituita a seguito della fusione di tre piccole società sportive.

C’erano tre società, con problemi finanziari in ognuna. Ogni società sportiva aveva il proprio colore, la propria storia, c’erano da mantenere dei valori come l’amore per lo sport da parte dei ragazzi e la necessità vederli continuare a correre sui campi di calcio.

Ci racconta uno dei gestori della nuova società che la prima cosa da superare era la scelta del colore delle maglie.

Non doveva essere il colore di una delle tre maglie, ma sicuramente un colore diverso.

Il racconto di questa parte è a voce bassa come per dare attenzione alle parole. Ogni volta che andava al campo per l’apertura dei cancelli, la pulizia del campo, non poteva immaginare di vedere il campo senza giovani a correre sull’erba, a causa di un imminente fallimento societario.

Forse quell’immaginazione ha dato a lui una forza particolare, quanto basta per trovare una soluzione.

Si è fatto avanti Bernard Genghini ex giocatore della nazionale francese, e ha proposto di guidare la nuova società. La società sportiva si è costituita e adesso gestisce oltre trecentocinquanta ragazzi tutti con maglie di colore blu.

Abbiamo pranzato in una grande sala presso il campo di calcio, oltre cento persone, alla fine del pranzo Genghini ci ha raccontato di aver giocato in quel campo in gioventù ed è stata la sua prima squadra.

Gestire un gruppo di cento persone in visita nel proprio paese non è stata una cosa facile, soprattutto per gli autobus con il limite di guida di dodici ore ogni giorno e gli alberghi dislocati a distanza di cinque km l’uno dall’altro, ma solo uno di questi attrezzato per la somministrazione del pasto serale a tutta la comitiva.

Gli errori si fanno per non ripeterli, abbiamo apprezzato lo sforzo dei francesi per accompagnarci con le auto di alcuni componenti del comitato. Non avevamo ricordato loro le regole dei nostri autisti, non avevamo previsto lo spostamento dopo la cena per accompagnare il gruppo all’albergo senza il ristorante. Loro ci avevano comunicato pochi giorni prima il programma definitivo.

Si è trattato di un insieme di eventi imprevisti che i gemelli francesi hanno gestito in modo splendido.

Non è stato facile coordinare le esigenze dei sessanta ragazzi, la necessità di fare esperienze di cucina, ricevimento, sala, come i loro coetanei dell’Istituto Alberghiero J. Storck di Guebwiller.

Il viaggio si è concluso con la visita dell’istituto Storck e credo per i ragazzi del nostro istituto alberghiero sia stato una vera fortuna poter vedere una scuola che all’occasione si trasforma in una vera e propria impresa quando si attiva con la ristorazione o la ricettività dei suoi stessi allievi.

Quando un viaggio non è solo un viaggio, ma una visita guidata nella casa del proprio vicino, questa non può che alimentare continui scambi in un crescendo di esperienze positive.

Desiderare un gemellaggio con la partecipazione dei cittadini è come quello che sto facendo con la scrittura, si tratta di guardare oltre quello che vedono gli occhi.

Credo che in questo viaggio sia accaduto una cosa bellissima, il cuore si è dotato di occhi per vedere ancora più lontano.

Questo è l’augurio che vorrei accompagnasse il percorso di coloro che si sentiranno di seguire lo spirito del gemellaggio o tracciarne altri con occhi diversi: vedere con gli occhi del cuore.

LA FAME


malnutrition

 

LA FAME

La pastasciutta era fumante in tavola, televisione accesa con la prova del cuoco, la famiglia riunita ci apprestavamo a mangiare insieme come ogni giorno.

Un giorno come tanti altri, assistetti a un epilogo infelice per il solito ospite, l’irrefrenabile Beppe Bigazzi. Non c’era la Clerici, era un giorno di Febbraio 2010. Beppe inizia argomentando che in Febbraio chi non ha ciccia mangia il gatto, infatti dice lui Febbraio-gattaio.

Nessuno si sarebbe aspettato una ricetta in cui l’ingrediente principale è …”il gatto”.

In modi precisi e dettagliati il dotto conoscitore di alimenti, cibi, ricette, ma anche di vita e cultura italiana spiegò come lui stesso provvedeva a prepararli e cucinarli.

La procedura era di spurgare la carne per diversi giorni nel vicino torrente Ciuffenna e quindi la cottura mi pare arrosto.

Da quella volta non abbiamo più visto Bigazzi alla Rai per diversi anni.

Associazioni animaliste lamentarono e chiesero l’espulsione dell’esperto di cucina dal programma.

Non che il Bigazzi fosse un angioletto, spesso litigava in diretta con cuochi offendendoli anche in malo modo. Con quella operazione è stata soffocata la storia, la cultura che sta dietro ai tegami.

La moderna società ci ha fatto dimenticare i motivi, le ragioni per le quali il Bigazzi avesse introdotto nel menù il gatto, non che dovesse mangiarlo nessuno.

Raccontava solo una storia, vera, ed è seguita con la sua espulsione. Potete rivederla su youtube.  COME SI MANGIA IL GATTO – RICETTA

In novembre dello stesso anno eccoti una legge che punisce anche con la reclusione chi tratta male gli animali domestici. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Non ho niente contro gli animali domestici, ho il massimo rispetto per chi ha animali, li accudisce ed assiste come persone. Non voglio nemmeno perder tempo a difendere Bigazzi.

Voglio anche però raccontarvi di una avventura occorsa in una vacanza in Sardegna 1998, vicino Cabras, bellissima penisola del Sinis, terra con molti campi coltivati, pianura perfetta.

Avevo portato la mountain byke in vacanza, una mattina partii presto, verso le 7.00, sentii abbaiare, da un campo sbucò un’orda di cani guidati da un enorme pastore maremmano (almeno 20 bestie).

Nelle vicinanze non c’era nessuno per chiedere aiuto, per diversi chilometri nemmeno una casa.

Sudai freddo, sapevo benissimo che se mi agguantavano non avrei avuto scampo, per fortuna avevo il rapporto giusto per lo scatto, per almeno cinquanta metri mi stettero a ruota, poi forse perché non gli interessava più seguirmi, o ero più veloce, mi allontanai dal pericolo. Forse avevano fame, e avrei fatto una brutta fine, la fine del gatto.

In origine se certi italiani mangiavano i gatti spesso succedeva per altri motivi, era per fame, forse gli animalisti non l’hanno mai provata e non hanno avuto nemmeno un’orda di cani dietro come me.

Sembra che nonostante la legge punitiva gli italiani si mangino ancora oltre 7.000 gatti l’anno, quindi…. perché si fanno queste leggi ? Solo per adeguarsi alla comunità europea che ce l’ha chiesto? C’è davvero bisogno delle leggi per rafforzare il rispetto degli animali ?

E’ forse facendo cacciare Bigazzi e non parlando delle nostre origini che si ottiene il rispetto degli animali ? Vi siete mai chiesti quanti uccelli mangia un gatto selvatico ?

RECUPERO


fortezza-livorno

RECUPERO

Ho visitato la fortezza vecchia della città di Livorno, la mia prima visita in quei luoghi.

Prima di quel giorno, non avevo la minima idea di che cosa potesse contenere, altre visite, non per turismo, osservavo la fortezza e non mi sono nemmeno mai chiesto se la si potesse visitare.

Nella salita fino alla rocca ho incrociato una signora, questa stranamente mi ha parlato, e scosso la testa.

Mi ha indicato un cumulo di sassi e iniziato a parlare di quel luogo, molto bello, ma secondo lei lasciato andare.

Sassi vicino alla torre, caduti in un’area delimitata ove è interdetto l’accesso ai visitatori.

Nessun danno alle persone fisiche, ma un segnale di aiuto lanciato da un immobile di antiche origini.

Più i luoghi sono grandi e più hanno difficoltà ad essere mantenuti.

Troppo preso ad osservare il panorama, non li avevo notati.

La signora mi ha raccontato di essere livornese, ma quel giorno anche lei nella sua prima visita si era spinta fino alla rocca.

Altre volte invece aveva visitato i paraggi della fortezza, in occasione di eventi.

Ho fatto un tentativo per capire come mai la signora era così sconsolata per quello stato dei luoghi livornesi. L’esca funziona quasi sempre, una affermazione generica dell’orto del vicino è sempre più bello. Ho fatto l’esempio dei giardini francesi di Versailles, visti da entrambi, e dopo esclamazioni di gioia l’ho ricondotta alla realtà.

Le ho fatto notare le nostre buffe rivalità toscane dei paeselli e capannelli, hanno storie ataviche, risalgono alla notte dei tempi, come quelle tra Pisa e Livorno.

Le ho raccontato di miei incontri con francesi i quali hanno manifestato la loro meraviglia per certe cose che secondo loro noi riusciamo a fare meglio. Infine ho introdotto un diverso punto di vista iniziato a parlare di aspettative, tra quello che abbiamo e quello che vorremmo.

Noi stiamo sempre nel mezzo e non siamo mai contenti.

La signora ha insistito sulla necessità di mantenere i propri luoghi in modo decente.

Le ho spiegato che molte cose possono dipendere anche dai “volumi” ad esempio dal numero dei visitatori di un luogo, e non è solo un problema di denaro.

Se ad esempio alla fortezza vecchia venissero ogni giorno 800 o 1.000 persone di sicuro chi si occupa della manutenzione dei luoghi o chi ne ha la gestione si prenderebbe a cuore la sistemazione degli stessi, quindi la prima cosa dovrebbe essere di acquisire una maggiore consapevolezza di quello che abbiamo.

Ora il punto è chi deve fare cosa.

La ho chiesto se devono intervenire gli amministratori del comune, una fondazione o i cittadini a richiederlo, e non ha saputo rispondermi.

Se non ci sono domande, non ci saranno risposte.

Cosa dobbiamo fare per meritarci luoghi più belli ?

Prima di tutto occorre capire di chi sono. Ci sono anche tanti luoghi privati ove gli stessi proprietari non sono in grado di mantenerli e alla fine crollano insieme al disappunto dei cittadini.

Come quando si suicida un condomino e tutti affermano che non aveva dato nessun segno particolare. Magari lo aveva dato, ma nessuno lo aveva capito.

Una caduta di sassi è un segnale e chissà se qualcuno ne coglierà la portata.

Quando si parla di recupero di luoghi storici l’argomento è spinoso, è più facile nominare un elenco di presunti colpevoli che trovare le soluzioni.

Ancora una volta le soluzioni ce le abbiamo già.

Le persone comuni, quando richiedono una attenzione particolare ai loro luoghi, sono le prime a potersi fare carico di azioni di recupero, non chiaramente andando a mettere mestolate di calcina sui muri della torre, ma cercando anche solo di “vivere” quei luoghi, condividerne sui social alcuni scorci o angoli da valorizzare, o qualsiasi altra cosa utile allo scopo.

Buon lavoro a chi vorrà cimentarsi in questa attività.

ALLA STAZIONE


treno

Img dal web

ALLA STAZIONE

Libri, smartphone, tutti a capo chino, osservano senza guardare, come diretti al vuoto.

Solo un capellone occhialuto da sole, sembra cercare uno specchio, per una ennesima approvazione di essere bello davvero. I muscoli della faccia rilassati, seduto su una delle panchine verdi forellate di rettangoli e gambe accavallate in attesa di una lei. Chi sarà la fortunata ?

Un bassotto accoccolato su un obeso padrone ansimando lo osserva curioso, una linguetta sporge dal piccolo muso.

Fioccano telefonate intorno a me, suonerie strane come fulmini in un temporale estivo.

Si alternano risposte e silenzi, poi un treno con grande stridore si ferma al binario 8, davanti al bellantonio .

Non vedo più nulla, dal mio binario 9, con davanti il treno, non posso più vedere chi scende, sale o saluta.

Altro stridore, altro treno, questa volta sul binario 9, non è il mio treno, ho ancora 15 minuti, per scrivere, sembra un eternità.

Accanto a me una simpatica negretta con accento fiorentino. Se non avesse parlato a telefono alla madre avrei provato ad indovinare la nazionalità.

Lei si osserva l’abbronzatura sulle scarpe bianche, anche loro si abbronzano, io non ci credevo, ma è così, e mi sono documentato anche ! Le arriva un altra telefonata e mentre risponde fuma e il vento soffia il fumo tutto verso di me, mi permette di fumare il suo fumo.

Io ho smesso quaranta anni fa, mi dà quasi noia, la nicotina entra prepotente nei polmoni.

I treni se ne vanno, il bellantonio al binario 8 non c’è più e nemmeno il bassotto con il padrone obeso.

La giornata con i suoi trenta gradi ci regala sole e caldo umido, causa la pioggia di stanotte.

Un temporale non è stato sufficiente a far diminuire le temperature.

Un treno in transito sposta l’aria e anche i lunghi capelli di una giapponese con cappellino di paglia.

La giapponese è insieme ad una amica dai lineamenti europei, ma non è italiana, ormai ho lo sguardo esercitato. Si siedono ad una panchina vicino alla mia. Parlano italiano entrambe, incredibile !

Cerco di fare supposizioni sul perché sono lì in stazione, non mi viene a mente nulla.

La possibilità è che abbiamo trovato un linguaggio comune.

Come negli anni cinquanta, quando il latino era obbligatorio in molti paesi europei e studenti francesi e italiani non conoscendo le rispettive lingue scoprivano di poter parlare in quella lingua antica, ma utile all’occasione.

Quando ci si impegna si trova quel denominatore comune, le frazioni si assomigliano con tanti mezzi per formare un intero.

E un ricordo lo conferma. Quando in un viaggio in Turchia conobbi uno spagnolo, parlava benissimo l’italiano, era venuto a trovare un amico turco, me lo presentò, anche lui parlava bene italiano, mi raccontarono di essere studenti della università di Perugia. Entrambi usavano l’italiano come lingua comune.

Una lingua, un punto d’incontro.

Sotto l’orologio del binario 9 un display annuncia il mio treno in arrivo.

Mentre lo vedo in lontananza decido di cambiare la modalità da investigatore-osservatore ad indagine attiva.

All’arrivo del treno scendono decine di viaggiatori, scorgo la giapponese con l’amica europea, salgono sul mio treno che è anche il loro, le seguo.

Si siedono vicino ad un pendolare assonnato e bilioso, c’è ancora un posto, è per me, chiedo se è libero. Mi sistemo cercando di non invadere la loro privacy.

So bene che gli stranieri non gradiscono molto intrusioni sulle loro vite personali, ma le due amiche parlano italiano, spero avranno imparato che oltre la lingua c’è il nostro modo cordiale e socievole di rapportarsi. Sono evidentemente più giovani di me, scopro che sono dirette a Siena, calcolo che ho un’ ora di tempo per conoscerle.

 

BATTESIMO


 

omomorto dalla pania di corfinoBATTESIMO

A me le montagne sono arrivate dopo gli “anta”, come ai sub quando si mettono le bombole la prima volta, lo chiamano “battesimo”.

Se penso al mio “battesimo” la mente va indietro al Luglio 2015, un viaggio di un paio di giorni in Garfagnana con un amico, dopo la prima splendida giornata in mountain bike attraverso sentieri di bosco, laghi, vette, ci beccò un temporale estivo a pochi chilometri dall’auto.

Arrivammo all’auto bagnati come pulcini, ma che importa ? Un refrigerio per il caldo estivo.

Il giorno dopo l’amico esperto di trekking mi propose di fare una escursione invece di riprendere le bici.

Avevo portato le Nike da montagna vecchie quasi 30 anni, sempre solide, mai usate. Il piede sempre lo stesso, ma sono cambiato io, con fiato e resistenza diversi e meno allenato alla fatica.

Con zaini leggeri e passo deciso ci avviammo alla vetta della Pania di Corfino.

Non sono le montagne delle Alpi, ma per chi sia avvia a su percorsi nuovi, va bene.

L’amico più allenato, c’era già stato altre volte, i sentieri che portano alla cima sono più o meno lunghi con diversi gradi di difficoltà.

Sono quasi le undici della mattina, il caldo si fa sentire.

Iniziammo il sentiero più breve, sassoso, ma all’ombra.

L’amico mi disse di far silenzio, il fiato è necessario al corpo che fatica.

Lui avanti, io dietro con i bastoni da trekking, il breve trenino sbuffa, solo soffermandosi di fronte a radure. Si aprono come un palcoscenico per offrire scenari da cartolina.

Arrivammo in vetta e vedemmo la catena delle Apuane davanti a noi, stessa altitudine, sembrava di toccarle, ma erano al di là della valle del Serchio.

Respirai profondo nel meritato riposo, l’aria fine penetrò nel corpo in una inebriante sensazione di leggerezza.

La vista della vallata sotto di me mostrò gruppi di case e il Serchio che serpeggiava nella vallata.

I monti delle Apuane, come un plotone sull’attenti, disegnarono strane figure. L’amico escursionista mi fece notare la somiglianza del profilo come quello di un uomo che sta dormendo.

Il luogo è stato denominato “L’omo morto” ne ritrovai i tratti, il mento, il naso, la fronte, sembrava proprio un uomo morto, o addormentato. Un senso di pace interna mi attraversò.

Se la natura non offrisse spettacoli come quello che vidi quel giorno, devo ammettere che noi umani ci siamo ben organizzati per immaginarli.

Non so quante escursioni ho perso fino a quel Luglio 2015, ma ho preparato una lista di quelle da effettuare.

p.s. con questo articolo partecipo al corcorso :

http://altitudini.it/bc-2016-vagabondi-delle-montagne-5a-ed-2/

EX-MANICOMIO VOLTERRA


pazzia ex maniconio

Foto presente nel sito web :

http://montagnanicristiano.weebly.com/ex-ospedale-psichiatrico-di-volterra.html

 

EX-MANICOMIO VOLTERRA

Ecco, ho impostato google maps, l’indirizzo di un luogo dimenticato, ci sono arrivate le auto, ci hanno scattato molte foto, ora virtualmente molti possono visitarlo, era un paese.

Non potevano chiudere un paese. Mentre continuo la visita virtuale leggo su un cartello stradale il nome della Via : Luigi Scabia.

Devo constatare con piacere che è stata titolata una strada ad uno dei gestori del grande complesso in cui mi trovo.

Nei pressi di Volterra (PI), nel cuore della Toscana, qui fino agli anni 70 c’era una della più grandi strutture italiane denominate in vari modi, ma riconducibili al nome di manicomio.

Questo personaggio Luigi Scabia, è stato Direttore dell’Asilo Dementi di Volterra. Dal 1900 al 1934 applicò all’interno del manicomio la terapia del lavoro convinto che le persone si dovessero occupare di qualcosa e fece costruire all’interno dell’ospedale una falegnameria, un panificio, una lavanderia, un’officina elettrica, una calzoleria, botteghe di stagni e fabbri, vetrai, addirittura una fornace per la fabbricazione dei mattoni da utilizzare nei padiglioni da costruire. C’era perfino un ufficio postale e il manicomio si era dotato di una moneta propria.

Secondo Scabia il lavoro offriva l’elevazione morale e con questa il malato raggiungeva la dignità umana.

Sempre Scabia dice: “…solo per l’applicazione costante di un così vasto metodo di utilizzazione del malato di mente, in ogni ramo del lavoro, ha potuto sorgere l’istituto che dirigo”. Infatti grazie al lavoro dei ricoverati si poté applicare una politica di alleanze basata sul mantenimento di una retta giornaliera inferiore a quella degli altri istituti del tempo: in un certo senso i malati si autofinanziavano.

Scabia volle essere sepolto nel settore del cimitero nel quale si seppellivano i poveri dementi non reclamati dalle famiglie.

Un gesto che potrebbe essere spiegato nel suo voler essere vicino a quei reietti e dimenticati anche dopo la morte.

Tante informazioni mi sono utili prima di visitare questi luoghi.

Ho voluto conoscere la storia, poi ho cercato di osservarne lo sviluppo nel corso del secolo di vita con le visioni scientifica, economica, religiosa, umana.

Ho cercato di immaginare come poteva essere la vita in quell’ambiente, e mi è venuta a mente la monaca di Monza dei Promessi Sposi.

Manzoni ci ricorda che certe monache rinchiuse in convento erano le figlie di nobili che altrimenti avrebbero preteso parte dei possedimenti familiari, la religione diventava un ausilio al potere nobiliare.

Nello stesso modo fra i tanti ospiti del manicomio sono andati a finire individui che non lo meritavano e in certi casi nemmeno lo desideravano, cioè contro la loro volontà.

Sull’ex-manicomio di Volterra ci hanno già scritto molti libri, qualcuno vorrei poterlo leggere.

Uno dei libri è “Corrispondenza negata. Epistolario della nave dei folli” (1883-1974)

Una raccolta di lettere effettuata da medici dissidenti e catalogata tra prima e dopo il fascismo.

I pazzi o presunti tali scrivevano, ma le lettere non venivano inviate e non arrivarono mai a destinazione.

Tra le info storiche sulla follia trovo notizie sulla società di fine ‘800, in pieno illuminismo si trovò a gestire persone “senza lume”. Non a caso si diceva che i pazzi avevano perso il lume della ragione.

Non potevano ricollocarli nella società e al tempo stesso erano persone da gestire.

Cosa hanno fatto nel passato altri popoli ?

Nella cultura classica il folle rappresentava la voce del divino, quindi da ascoltare per interpretarla.

Durante il Rinascimento il folle venne considerato una persona diversa, sia per i valori sia per la sua filosofia di vita, e quindi andava rispettato, lasciato libero.

Verso la fine del settecento in Inghilterra nell’ospedale di York venne adibito alla gestione dei malati di mente e fu caratterizzato dall’uso dei principi religiosi come metodo di cura e il lavoro come valore terapeutico. Scabia forse seguì la linea guida degli inglesi, aggiungendo qualcosa di nuovo.

Nel mondo antico da un lato la follia è stata sempre esorcizzata, emarginata, ma dall’altro si è sempre intuito che in essa ci poteva essere una carica infinita di verità, di onestà, di “sapere”.

Sono noti gli spartani che buttavano i bambini malformati dalla rupe, e forse anche anche se scoprivano qualcosa di strano nella crescita.

Gli indiani d’america invece allontanavano dalla tribù i matti e se riuscivano a sopravvivere da soli meglio per loro, altrimenti, ciao !

In Transnitria anche nel codice d’onore criminale narrato da N. Linin nella sua “Educazione siberiana” la compassione da dare a chi è disabile o più sfortunato è una regola, un valore. Il matto veniva considerato come un toccato da Dio e meritava il massimo rispetto da tutti. Nessuno poteva toccarlo con le mani e se qualcuno si prendeva gioco di un “toccato da Dio” veniva reietto dalla comunità o ucciso secondo le rigide regole siberiane.

Nel mondo islamico, lo scienziato Al-Razi parla di “tabdir” e di “nafsdni”, cioè terapia psichica (nafs significa anima). Nel suo trattato “Sira al Falsafiyya, cioè “Medicina Spirituale”, di ben 20 capitoli; 4 riguardano la follia ed il suo trattamento. Con un un anticipo di oltre mille anni stabilisce che nel pazzo, la al ‘aql , la ragione, non funziona più e pertanto non gli si può addebitare nessuna colpa; anzi, il folle va protetto.

La società doveva occuparsi di queste persone, e mentre la scienza niente poteva, chi se ne doveva occupare cercava di fare il suo meglio.

Qualche miglioramento ogni tanto arrivava, ma il matto non usciva più da lì.

Medici, scienziati interessati alla sperimentazione, non si facevano sottrarre cavie umane. I trattamenti elettroshock erano all’ordine del giorno, e mi ricordano il film “qualcuno volò sul nido del cuculo”.

I familiari dei matti, se presenti, non erano sicuri della loro incolumità; i matti incutevano paura e spesso preferivano non rischiare e non li volevano indietro.

Cavilli legali o truffe di persone senza scrupoli facevano rinchiudere persone normali : un’altra strada senza ritorno.

Dentro il manicomio c’era di tutto e, in progressione geometrica, i fabbricati crebbero per ospitare sempre più persone. Le presenze medie giornaliere passarono dalle 150 del 1900 alle 750 del 1910, per arrivare alle 2621 nel 1930 e al loro massimo di 4794 nel 1939. 30.000 mq coperti di edifici.

Un paese nel paese, con lavanderie, officine, palestre, perfino una moneta.

Il numero poi è calato progressivamente fino ad arrivare ai 630 prima della chiusura nel 1978, con l’entrata in vigore della legge n.180, ed oggi è in completo stato di abbandono.

Perché dopo tanti anni questo interesse per questi luoghi ?

Dopo il libro con le lettere mai inviate, più di recente anche un gioco realizzato da una azienda fiorentina, in lingua inglese e italiana, nelle fasi di gioco si rievoca la vita nel manicomio, come cercare di voler mostrare le angosce di persone rinchiuse vive in un fabbricato.

http://www.thetownoflight.com/press/sheet.php?p=the_town_of_light_ITA

Personalmente odio i giochi violenti e osceni, non capisco il senso di un “uccidi l’alieno” e a prima vista non sembra destinato a persone normali, poi però accetto l’idea che può far parte integrante di un processo di diffusione di cultura, storia, e riesce a narrare con precisione le tipologie dei trattamenti, le crude immagini dei luoghi, le punizioni, le rigide regole interne.

Isolamento. I matti venivano isolati come portatori di peste, nessun contatto con il personale, avevano tanto tempo a disposizione, forse troppo.

Coloro che non avevano perso la ragione o l’avevano lentamente riacquistata impiegavano il tempo a disegnare o a scrivere.

Tra pochi giorni andrò a visitare quel grande complesso, ho cercato di acquisire il massimo delle informazioni, come prima di un viaggio.

Non voglio esagerare, senza caricare di troppe aspettative una visita.

Ho trovato in rete molte foto di quei luoghi, ma ho interrotto subito la ricerca.

Mi voglio godere la visita. Cerco di allontanare idealmente fin da ora la tristezza che mi potrà infondere la vista di luoghi desolati, posso solo immaginare i giardini, il cimitero, i vasti cortili interni, abbandonati da oltre 40 anni e pregustare la visita guidata della biblioteca-museo.

Mi risuonano però alcune domande, ricordo che me le posi anche nel lontano 1978 :

– Dove sono ora i matti che fino al 1978 erano rinchiusi ? Chi se ne è preso cura ? Quali le modalità ? –

Ecco alcuni link ad articoli sull’argomento :

https://flipout4ms.com/2016/06/27/lex-manicomio-di-volterra/

https://smartraveller.it/2015/11/19/ex-ospedale-psichiatrico-volterra/

http://www.giacomodoni.com/2010/03/persistenze-volterra/

GOCCE GEMELLE


gocce

img dal web

GOCCE GEMELLE

Siamo come delle gocce, e prima di diventarlo davvero, magari c’è voluto anche tanto tempo.
Dall’unione di tante gocce si formano acque fresche pronte a dissetare i bisognosi, acque che lavano, purificano, irrigano, detergono.
Poi altre gocce si fanno prendere dalla fretta, spinte da eventi che non possono controllare, seguono canali impetuosi, provocando danni incalcolabili.
Mi sono trovato, goccia nel mio paese, a riunirmi ad altre gemelle e ancora altre venute da lontano, ed è stato bellissimo quando ho scoperto che certe gocce sono intelligenti, disponibili, ma soprattutto si forma empatia fra le stesse.
Un’introduzione forse fuori luogo per parlare di gemellaggio tra paesi, un’attività che può sembrare marginale, ma che per pochi giorni, nel mio paese ha impegnato molti amici.
Ci siamo trovati a ricambiare l’ospitalità del viaggio effettuato in Marzo, in Francia, nella città alsaziana di Guebwiler, e liberati da ogni dosatore e senza pensare a quanto avessimo ricevuto, ci siamo preoccupati di dare informazioni, indicazioni, guidarli alle eccellenze del nostro patrimonio artistico, le nostre attività produttive, la gastronomia, la cucina, l’economia.
Sono rimasti molto contenti, ce lo hanno confermato nell’assaggiare i prodotti della cucina toscana, o ammirare i paesaggi della campagna toscana, le ville, i castelli, le chiese, i musei, i prodotti dell’industria locale.
Molte sono state le domande, da queste è emerso il confronto, quando ci si confronta si possono apprezzare percorsi diversi dal nostro se conducono a soluzioni migliori.
Un componente del gruppo francese spesso si animava di un mantra :
– non esistono problemi, esistono soluzioni ! –
Abbiamo confrontato le caratteristiche e peculiarità dei due paesi come i ragazzi quando confrontano le collezioni di figurine e riescono a completarle con gli scambi.
Come se ognuno dei due paesi avesse dovuto ultimare un enorme puzzle senza conoscere il disegno definitivo.
Il fatto di conoscere ed apprezzare altre culture non ci deve distogliere dal dimenticare la nostra identità.
Su questa prima di tutto occorre riflettere.
Allora prima di pensare quello che ci divide (e mi riferisco a idee politiche, razziali, antipatie personali) occorre mettere in campo ciò che unisce.
Solo quando queste barriere saranno abbattute si potrà parlare, confrontarsi e allora le gocce potranno unirsi ancora e formare un’acqua dissetante e corroborante.

GOUTTES JUMEAUX

Nous sommes comme des gouttes, et avant de devenir vraiment, peut-être il faut trop de temps.
Beaucoup de gouttes sont formées par l’union de l’eau fraîche prête à étancher les nécessiteux, lavage à l’eau, nettoyer, rincer, nettoyer.
Ensuite, plus de gouttes se hâter, entraînée par des événements qu’ils ne peuvent contrôler, suivre les canaux impétueux, causant des dommages incalculables.
Je me suis retrouvé, goutte dans mon pays, de se réunir avec d’autres jumeaux, et d’autres encore viennent de loin, et il était beau quand je découvre que certaines gouttes sont intelligents, disponibles, mais surtout il forme l’empathie entre eux.
Présentation peut-être sur place pour parler de jumelage entre les pays, une activité qui peut sembler marginal, mais pour quelques jours, dans mon pays, a commis beaucoup d’amis.
Nous avons dû redonner l’hospitalité du voyage en France, q’on a fait dan le mois de Mars, dans la ville alsacienne Guebwiler, et se débarrasser de tous les doseurs, et sans penser à ce que nous avions reçu, nous étions inquiets de donner des informations, les directions, les guider à l’excellence de notre patrimoine artistique, nos activités de fabrication, la gastronomie, la cuisine, l’économie.
Ils étaient très heureux, nous avons confirmé dans l’échantillonnage des produits de la cuisine toscane, ou admirer les paysages de la campagne toscane, villas, châteaux, églises, musées, produits de l’industrie locale.
Il y avait beaucoup de questions, il est ressorti de ces comparaisons, lorsqu’ils sont confrontés, vous pouvez apprécier des chemins différents de notre si elles conduisent à de meilleures solutions.
Un membre du groupe français souvent animé par un mantra:
– Il n’y a pas de problèmes, il y a des solutions! –
Nous avons comparé les caractéristiques et les particularités des deux pays que les garçons lorsque l’on compare les collections de figurines et parviennent à les compléter avec les échanges.
Comme si chacun des deux pays avaient dû remplir un énorme puzzle sans savoir la conception finale.
Le fait de connaître et d’apprécier d’autres cultures ne doivent pas nous empêcher d’oublier notre identité.
Sur ce premier de tous, il doit refléter.
Donc, avant de penser à ce qui nous divise (et je me réfère à la politique, la race, aversions personnelles) doivent être mis en place ce qui unit.
Seulement lorsque ces obstacles seront démolis vous pouvez parler, discuter, et puis le gouttes à nouveau et se rejoignent pour former une trempe à l’eau et vivifiant.

AVVENTURE ESTIVE


caccia al tesoro

img dal web

AVVENTURE ESTIVE

Non avete mai desiderato in una vacanza di visitare luoghi sconosciuti ?
Ve li hanno suggeriti come necessari, della serie, non te lo puoi perdere !
E allora vai ! Invece di starsene a palle ciondoloni ammaliato dalle mille attività del residence ecco la lampadina a basso consumo, inaspettata, si accende, e rivela la fonte di desideri sopiti, la scoperta di luoghi decantati e imperdibili.
Quell’anno eravamo in vacanza con amici in un residence. Ci consultammo, Perché non andare a cena alla sagra paesana nello sconosciuto borgo nell’interno ? Perché no ?
Di notte poi potrebbe essere suggestivo, forse molto meglio che di giorno.
Gli amici non vollero venire, per non imbarcarsi in avventure strane.
Il cuore in subbuglio, un po’ turbati decidemmo di perdere la misteriosa caccia al tesoro notturna nel residence e andammo a cena nel borgo.
Certo avere un borgo nelle zone limitrofe del residence e non averlo nemmeno visto sembra di non essere nemmeno stati in vacanza.
Prima del calar del sole io la mia lei, dopo aver condiviso questa decisione, partimmo in auto diretti al luogo magico (così speravamo).
Il navigatore taroccato installato nel cellulare si interfacciò in modo eccellente alla primordiale antenna esterna gps. Ormai perfettamente calato nelle tecnologie di comunicazione avevo da tempo abbandonato le mappe cartacee del touring. Non immaginavo che fossero dietro l’angolo a chiedere vendetta, tremenda vendetta.
Il navigatore all’andata mi guidò in modo egregio al paesello e dopo circa un’ora di viaggio arrivammo nel pieno entroterra.
Bellissime foto del paesaggio, panorami mozzafiato prima del calar del sole ci fecero credere di aver fatto una ottima scelta.
Non tutte le ciambelle riescono con il buco. La festa paesana nient’altro che una festa religiosa ed era tutto finito. Il prete impartì una sonora benedizione alle poche anime ed ai rari turisti come noi, e… tutti a casa. Allora cercammo un ristorante nel paesello.
Ce n’era uno solo, ed arrivati lì dopo il lungo viaggio, la fame non mancava, ci mettemmo a leggere il menù. Tacchete ! Arrivò un tizio vestito un po’ da cameriere e ci apostrofò gli orari del ristorante, apertura alle 21.30 ! Sapete qui la gente arriva tardi, perché vanno al mare, e siccome è lontano, tornano quando fa notte e quindi cenano molto tardi.
Non eravamo arrivati all’ora dei tedeschi. Per chi non lo sapesse, piombano nei ristoranti alle 19.00 famiglia appresso, vogliono mangiare subito e non gli dai nulla ti rosicchiano anche le gambe dei tavolini.
Noi, arrivati alle 20.30, avevamo da allungare il collo per un’altra ora.
Dopo queste informazioni, una breve consulto, ma la risposta era già nella domanda.
Nel raggio di 30 km non c’era nulla, solo montagne e quindi poche alternative. La cena, dopo lunga attesa, arrivò e non era nemmeno il massimo, ma la fame è fame.
Quindi appena cenato ripartimmo per fare ritorno al residence. Per arrivare in quel luogo sperduto avevamo quasi esaurito la benzina. Nel viaggio di ritorno la benzina finì davvero.
Non riuscivamo a trovare distributori per strada, ce la vedemmo davvero brutta.
In quella strada non passavano molte auto, poi finalmente ne passò una, ci vide in difficoltà e si fermò. Per fortuna avevo la stagna dell’acqua nell’auto. Il proprietario dell’auto ci suggerì di prelevare un po’ di benzina dal suo serbatoio utilizzando un tubicino di plastica.
Non mi era mai successo di rimanere a secco e non ero esperto di sifoni.
Il tizio consegnò a me il tubicino, aprì il serbatoio della sua auto, e mi invitò a succhiare la benza e una volta attivato il sifone riempire la stagna.
Come potrete immaginare la benzina arrivò, ma da inesperto qual ero, mi spruzzò in gola. Non fu una bella esperienza e mi ha lasciato brutti strascichi, infatti nelle notti con incubi mi sveglio ancora di soprassalto e la prima cosa che faccio è muovere la lingua per capire se c’è benzina sparsa sulle papille gustative.
Quindi versata la benzina nell’auto e scongiurato l’addiaccio nel poetico luogo dell’entroterra, ripartimmo. Demmo 5 euro al tizio generoso e lo ringraziammo per la disponibilità.
Il tizio ci dette anche delle indicazioni, ma dopo la seconda ci eravamo già persi, dicemmo ok di aver capito, tanto io contavo sul navigatore.
Ma ecco che il navigatore già surriscaldato, mi abbandonò, le mappe non ce l’avevo, di buio non si vedeva una mazza e di cartelli stradali neanche l’ombra.
Come quando ti sei perso e vedi una macchina davanti, e pensi che quella ha la tua stessa destinazione, che fai ? La segui !
Lì non avevamo nemmeno auto da seguire, l’unica cosa che potevamo fare era di percorrere una strada e sperare ci portasse ad un bivio dove potessimo sperare di capire dove ci trovavamo.
La strada però finì, dopo un quarto d’ora di strada ci trovammo con un cumulo di terra nel mezzo e finalmente un esplicativo cartello di “strada interrotta” (questo l’avevamo capito).
Cominciò il sudore freddo, intanto era mezzanotte, non c’era il minimo accenno alla strada percorsa all’andata, il residence ben lontano.
La mia lei accennò un forse era meglio se si rimaneva alla caccia al tesoro.
Ricacciai dentro moccoli e altro, ogni possibile fuoriuscita di rabbia, mi pareva di avere l’aureola sopra la testa. Mi ripetevo che prima o poi si tornerà al residence, non ci dovevamo preoccupare troppo.
Non sapevo se sputare fiamme come draghetto o mettermi religiosamente a pregare con la mia compagna, che non ci succedesse nulla.
Qualche malintenzionato in quelle terre dimenticate da Dio ci avrebbe potuto scambiare come una benedizione per la loro estrema povertà e ripulirci del denaro e di tutto quel che avevamo con noi. Ho saputo solo dopo che era successo giusto una settimana prima a dei turisti capitati in quelle zone.
L’arrivo al residence dopo un paio d’ore di guida ci dette la sensazione di baciare terra come Colombo.
Ah ! Mi dimenticai di guardare il contachilometri, chissà quanti ne facemmo per tornare al residence quella notte ! La caccia al tesoro intanto era finita, il nostro tesoro quella notte era tornare al residence salvi.