La coltivazione elementare nel 2023


La coltivazione elementare nel 2023

Da circa dieci anni (più o meno da quando ho aperto il blog) ho un piccolo orto sociale di circa 50 mq. Durante questo periodo ho seguito corsi di orto sinergico, permacultura e sperimentato varie tecniche produttive sempre orientate al minor impatto ambientale possibile.

Da qualche mese mi si è presentata l’opportunità di poter gestire un terreno agricolo inutilizzato appartenente ad un amico.

Il terreno ha una superficie di 3.000 mq, ma non ha il pozzo dell’acqua e in un primo momento la possibilità di realizzarci un orto poteva sembrare ardua.

Mi sono procurato dei libri con metodi di coltivazione biologica:

La cura della terra di Francesca Della Giovanpaola e La civiltà dell’orto di Gian Carlo Cappello

Ho iniziato a recintare circa duecento metri quadrati lasciando libero il terreno rimanente e riguardo all’acqua, poiché il terreno dispone di un capanno con gronde, ho predisposto una cisterna per la raccolta delle acque piovane al fine di sopperire in caso di lunghi periodi di siccità.

I proverbi toscani scoraggiano chi intende avvicinarsi alla coltivazione di terreni; cito due dei più famosi:

– La terra è bassa.

– L’orto vuole l’omo morto.

La tecnica che sto adottando nel nuovo orto nei duecento mq è quella della coltivazione elementare, e… udite udite! Con questo metodo non si vanga, non si zappa il terreno e sembra che richieda anche pochissime innaffiature.

Per iniziare mi sono procurato delle rotoballe di fieno, ho calpestato l’erba senza estirparla e su questa ho disteso il fieno per un’altezza di circa 25 cm.

L’erba coperta dal fieno tende a marcire e richiama i lombrichi, si forma così uno strato di terra abbastanza umida e morbida ideale per ricevere le piantine da orto.

Con le mani ci si fa spazio nello strato di fieno, si affondano un poco le piantine nella terra e si richiude il foro nel fieno lasciando un po’ di spazio intorno alla pianta. Per il mantenimento del fieno occorre sempre usare un forcone, quando le erbe sottostanti si affacciano di nuovo fra il fieno occorre smuoverlo e sollevandolo lo si fa ricadere sopra le erbe e queste vengono soffocate di nuovo.

Lo scopo di questa coltivazione è quello di integrare le nuove piante con l’ambiente.

All’inizio ci mettono un po’ più di tempo a dare dei risultati rispetto all’orto tradizionale, ma piano piano completano lo sviluppo, vanno in produzione e durano anche più a lungo poiché risentono meno degli eventuali sbalzi di temperatura.

C’è da fare una considerazione rispetto all’orto tradizionale, ed è quella della superficie necessaria ad una famiglia; si potrebbe obiettare infatti che è necessaria una superficie maggiore con la coltivazione elementare di Gian Carlo Cappello.

Occorre però conoscere in quale contesto sono nati gli orti sociali e come nel tempo si sono modificati.

L’orto sociale in Italia nasce nel dopoguerra, li chiamavano infatti “orti di guerra” e si svilupparono per dare sostegno nelle famiglie con difficoltà durante il periodo post-bellico.

Con il tempo poi sono cambiate le tecniche di produzione, concimazione, lotta agli insetti dannosi, alle malerbe (così vengono ancora oggi definite quelle erbe dannose alle piante).

Negli anni con l’aiuto di numerosi prodotti si possono ottenere molti kg di verdure anche in pochi metri quadrati di terreno.

La coltivazione elementare invece non utilizza concimi essendo il fieno di per se’ un materiale che contiene sostanze utili alla crescita e sviluppo delle verdure, occorre però più spazio per le piante.

Proprio in questo periodo nel comune dove abito stanno edificando immobili negli spazi dove c’erano gli orti sociali.

Il comune ha acquistato un grande appezzamento di terreno sembra allo scopo di trasferire gli orti sociali rimasti.

Questa potrebbe essere l’occasione per diffondere il metodo di coltivazione di un orto senza aver bisogno di impianti di irrigazione, vista la sempre crescente carenza di acqua.

L’ultimo regolamento degli orti sociali risale a quasi venticinque anni fa e forse necessita di una revisione alla luce delle nuove esigenze della comunità.

Ogni cittadino singolarmente può fare tanto individualmente in ogni sua azione, anche solo quando va a fare la spesa.

Quando si riunisce con altri cittadini per interessi comuni allora si forma quel senso di comunità così bello e vero tanto da travalicare ogni confine.

L’ultimo mio articolo in questo blog è di oltre un anno fa, lo scrissi pochi giorni dopo l’inizio delle guerra in Ucraina, come se avessi immaginato il protrarsi dei combattimenti.

Il martellare quotidiano delle notizie mi ha costretto indirettamente a una sorta di silenzio stampa.

Mi era passata la voglia di scrivere nel blog.

In realtà ho scritto moltissimo, ma non avevo voglia di condividerlo.

Solo oggi, spinto dall’irrefrenabile voglia di lasciare qualcosa di utile per gli altri, mi son deciso a raccontare questa mia avventura che spero continui e prosperi.

La giusta motivazione: “aiuto un amico a raccogliere le olive”.


La giusta motivazione: “aiuto un amico a raccogliere le olive”.

Ci sono situazioni che si capiscono solo quando ti coinvolgono.

Questa la voglio raccontare perché, potrebbe succedere a chiunque, prima o poi.

Non so se avete amici con i quali vi è capitato di avere uno scambio di favori: prestare una attrezzatura o risolvere problematiche al cellulare o al computer, non si chiede niente in cambio c’è solo il piacere di aiutarsi a vicenda.

Ho passato gran parte della mia vita lavorativa in ufficio e forse sarà per questo che amo molto vivere all’aria aperta.

Con il bel tempo di recente sono andato a cercare funghi nel bosco e qualche volta a cogliere le olive da un amico, fuori comune.

A causa del Covid siamo in “zona rossa” e aiutare a raccogliere le olive fuori comune, non si può.

Si rischia la multa.

Il mio amico ha un numero esiguo di olivi, spesso coglie le olive da solo, non può certo assumere personale a causa dei rilevanti costi delle pratiche di assunzione, contributi ecc.

Il suo olio è di buona qualità e in passato mi sono offerto per dargli un aiuto, solo qualche giornata di lavoro, che poi si riducono a poche ore di lavoro in buona compagnia.

In zona rossa si potranno effettuare solo spostamenti giustificati da urgenti necessità, per salute o per lavoro, i soli motivi validi.

Nel calcolo del PIL, fino a qualche tempo fa, andare a lavorare da un amico veniva considerato lavoro sommerso o lavoro nero e pertanto non conteggiato.

Da qualche anno si prova a valutarlo e questo fa comodo a economisti e politici per affermare che in Italia circa 200 miliardi di lavoro sommerso corrispondono ad oltre 11% del PIL (fonte ISTAT 2018).

Ricordiamoci che non ce l’ha ordinato il dottore di mantenere tassi di crescita al 3% si tratta di un ben noto suggerimento della Commissione europea strettamente collegato al nostro enorme deficit e quest’anno avremo una crescita negativa.

Ma cosa significa crescita negativa?

Non ho mai visto piante crescere verso la profondità del terreno. È una contraddizione, per non ammettere che siamo in decrescita.

E pensare che abbiamo anche una teoria che fa riferimento alla “decrescita felice” più spesso contestata.

Nel mio paese nel primo periodo di lockdown sono stati tenuti chiusi gli orti sociali per oltre due mesi con motivazioni poco comprensibili. Voglio ricordare che leggi e regolamenti devono essere giuste e scritte bene, comprensibili, non devono colpire i più “deboli”, ma soprattutto vanno applicate, altrimenti meglio non perdere tempo a scriverle.

Mi capita spesso di ascoltare politici impegnati che auspicano l’apertura di nuove imprese, ma forse in questo momento andrebbero ad allungare la fila dei fallimenti. Solo una esigua minoranza parla di resilienza, decrescita e non sento parlare di un “piano B”.

Se la situazione dovesse peggiorare e dovessero mancare i soldi del recovery fund, come contrastare la pandemia e fermare la scia di morti?

Allora come non permettere e regolare quel lavoro sommerso e sostenere piccole attività di autosufficienza e come nel mio caso andare a trascorrere una giornata all’aria aperta come se fosse una dose di immunoterapia gratuita.

Ecco che sulle motivazioni dell’autocertificazione ci vorrei poter scrivere: ” vado ad aiutare un amico, lavoro solo qualche ora, per motivi di salute, ma solo per mantenerla più a lungo possibile”.

OLMO


OLMO DI LANDO Senigallia (AN)

“Olmo” di Lando detto Olmo Bello, Casine di Ostra.
Diametro metri 35 e 110 di circonferenza – altezza metri 28 – circonferenza tronco metri 5,50

Trovare una foto di questo albero non è stato facile, poi un articolo in rete mi ha fatto ricordare meglio e non posso non pubblicarlo !

http://naturaetratio.blogspot.it/2016/10/addio-agli-olmi.html

OLMO

Ne ricordo le forme, due enormi alberi nel piazzale, alla base non si abbracciavano in due persone, uno dritto, l’altro più piccolo, ma più nodoso e pendeva come la torre di Pisa.

Si trattava di olmi, un tipo di albero d’alto fusto molto resistente alle malattie e alle avversità della natura.

I piazzali mezzo secolo fa non erano cementificati come siamo abituati a pensarli adesso.

Qua e là erano cresciuti alberi di pioppo, cercavano di farsi spazio sotto le grandi chiome degli olmi.

Uno di questi aveva una cavità ad un metro di altezza da terra. Noi ragazzi sapevamo che all’interno nascevano i funghi pioppini e se riuscivamo a portarli alle nostre mamme sapevamo di farle felici.

A quasi dieci metri d’altezza del tronco di uno degli olmi, tra i grandi rami si era formato un grosso buco e anche lì, dopo qualche pioggia si depositava l’acqua e ci nascevano i funghi.

Non so come fosse stato scoperto quel buco, e se fosse stato fatto appositamente per farci crescere i funghi.

L’unica cosa che so è che a noi ragazzi proibivano di andare con una scala di ferro a prenderli.

I funghi nascono solo se c’è un micelio, ho scoperto dopo molti anni che per ottenere aree produttive di funghi si devono inoculare miceli dei funghi da coltivare.

Qualcuno del paese sapeva quali erano le tecniche giuste, i segreti necessari; certe informazioni sono adesso conosciute da stimati agronomi, professori universitari, e poche persone comuni conoscono ancora queste operazioni.

Ricordo ancora la giornata di condivisione in una borgata del paese, probabilmente era un giorno festivo, gli uomini delle famiglie vicine si erano resi tutti disponibili, erano in cinque.

Si trattava di attivare una fungaia; il materiale era pronto. L’esperto aveva messo dei rami con micelio vicino ad un grosso tronco di diametro di almeno sessanta centimetri , ed i microrganismi erano penetrati, lo si vedeva dal colore bianco del micelio. Ora c’era da fare un grosso lavoro, si trattava di interrare il tronco, preparare una grossa buca profonda almeno un metro e calarlo dentro, lasciando scoperto una ventina di centimetri di legno. Il tronco veniva poi coperto con una balla di iuta, poi annaffiato e doveva mantenere sempre una certa umidità.

Ogni mese produceva funghi pioppini in quantità. Quando si vedeva alzare la balla voleva dire che sotto c’erano i funghi.

La fungaia produceva funghi per diverso tempo e comunque un peso di funghi non superiore al peso del tronco stesso.

Ognuno degli adulti presenti se fosse vivo adesso saprebbe quale albero scegliere, quando collocarlo in terra, come e quanto annaffiarlo per ottenere una produzione continua di funghi.

Non ricordo quanto fossero buoni quei funghi sott’olio, so che vorrei rifarli, mi piacerebbe poter dire di averli prodotti da solo, a casa mia.

Venti anni fai tornai in quel luogo magico, dove c’erano gli olmi, non trovai nulla, mi dissero che erano morti in poche settimane, sembra che questo sia tipico dell’olmo.

Non c’erano nemmeno i pioppi. Quasi tutti gli abitanti del luogo si erano trasferiti, la ditta dove lavoravano aveva chiuso molti anni prima.

Ci sono ritornato anche l’anno scorso e la cosa è stata ancora più triste. L’avevo visto da google earth. La zona era stata delimitata perché pericolosa, in quanto vicino ad una zona industriale con prodotti chimici tossici. Pensare che ci ho vissuto per anni, e ho mangiato anche i funghi nati proprio lì vicino. Quando vedi le foto nel computer, come nella sala di controllo di un aeroporto, non è come vedere i luoghi dal vivo. Passare oltre la zona proibita, tra rovi, spine, vegetazione alta un metro, ritrovare la casa dove hai abitato, murata a porte e finestre per evitare che frani o che venga abitata da abusivi ; mi ha fatto un certo effetto.

Sono stato lì cinquanta anni fa, sono ancora vivo, e vorrei far crescere i funghi come facevano i vicini di casa e abitanti di quei luoghi.

Ora voglio realizzare quelle cose difficili che non ti riescono mai, e per fortuna trovi un amico che te lo spiega, o un blog su internet, o un video su youtube, qualunque cosa possa essere, se funziona, si mettono in moto delle forze finora mai attivate, e finalmente si sprigiona un grido, viene da dentro : – ma perché non l’ho fatto prima ! –

Questi ricordi di bambino risalgono a quando i pioppi venivano usati per limitare le aree coltivate.

Con l’introduzione di mezzi agricoli sempre più potenti sono stati tolti. Quella dei funghi era una risorsa per utilizzare al meglio i tronchi.

Ho provato diverse volte a ripetere quanto avevo visto eseguire. Non ci sono mai riuscito.

Credo che dovrò organizzare anche un corso per la produzione di funghi !

p.s.  la foto è di un olmo delle Marche, mentre il racconto è ispirato ad un luogo toscano. Purtroppo non sono riuscito a ritrovare foto degli olmi del cortile, erano più piccoli, ma d’estate c’era un bel fresco sotto le loro chiome.

Questo invece è quel che trovai lo scorso anno.

orbetello-casa

GRU


gru

 

 
GRU

Le alte torri metalliche sembravano ghermire gli immobili della città.
Si poteva tentare di contarle, ma erano troppe.
Erano gli anni del boom edilizio.
Se ci fosse stato materiale meno costoso della sabbia, l’avrebbero usato.
Il lavoro c’era per tutti e faceva percepire sicurezza.
Italiani e giapponesi, i grandi risparmiatori (forse perché avevano perso la guerra ?)
I risparmi spesso convogliati verso l’acquisto di case di proprietà alimentavano il mercato immobiliare.
I mostri d’acciaio protesi a convogliare cemento nei posti giusti rappresentavano l’indice di operosità di un territorio.
Se c’erano gru, voleva dire che c’era lavoro e quindi benessere.
Le gru non hanno avuto molti figli.
Mentre crescevano palazzi in ogni direzione le gru sono quasi scomparse.
Un animale in via di estinzione.
Ci pervade un po’ di nostalgia per quei momenti di intense attività immobiliari.
Vorremmo ritornare a quel benessere diffuso.
Come ha potuto il prodotto di quelle gru elargire tanto benessere ?
Cosa ci è rimasto adesso ?
Nessuno nutre ora le poche gru rimaste.
Quei pilastri di metallo non sputeranno più grandi quantità di cemento sul nostro pianeta.
Sono solo riflessioni alla ricerca di crescite alternative, senza ….gru !

Orto nel campo


Sottotitolo: “più frittata per tutti!” Oggi è una giornata speciale: ho raccolto i miei primi 3 kg di zucchine. Mi sento come Paperon de Paperoni quando nel Kloendike scavava con le unghie la sua prima tonnellata d’oro. E ieri è stato altrettanto speciale perchè ho ricevuto l’ispezione dell’amico Roberto Francalanci, maestro di orto e […]

via L’Uomo Del Monte ha detto: “Si!” — joseph pastore maker

GOCCE GEMELLE


gocce

img dal web

GOCCE GEMELLE

Siamo come delle gocce, e prima di diventarlo davvero, magari c’è voluto anche tanto tempo.
Dall’unione di tante gocce si formano acque fresche pronte a dissetare i bisognosi, acque che lavano, purificano, irrigano, detergono.
Poi altre gocce si fanno prendere dalla fretta, spinte da eventi che non possono controllare, seguono canali impetuosi, provocando danni incalcolabili.
Mi sono trovato, goccia nel mio paese, a riunirmi ad altre gemelle e ancora altre venute da lontano, ed è stato bellissimo quando ho scoperto che certe gocce sono intelligenti, disponibili, ma soprattutto si forma empatia fra le stesse.
Un’introduzione forse fuori luogo per parlare di gemellaggio tra paesi, un’attività che può sembrare marginale, ma che per pochi giorni, nel mio paese ha impegnato molti amici.
Ci siamo trovati a ricambiare l’ospitalità del viaggio effettuato in Marzo, in Francia, nella città alsaziana di Guebwiler, e liberati da ogni dosatore e senza pensare a quanto avessimo ricevuto, ci siamo preoccupati di dare informazioni, indicazioni, guidarli alle eccellenze del nostro patrimonio artistico, le nostre attività produttive, la gastronomia, la cucina, l’economia.
Sono rimasti molto contenti, ce lo hanno confermato nell’assaggiare i prodotti della cucina toscana, o ammirare i paesaggi della campagna toscana, le ville, i castelli, le chiese, i musei, i prodotti dell’industria locale.
Molte sono state le domande, da queste è emerso il confronto, quando ci si confronta si possono apprezzare percorsi diversi dal nostro se conducono a soluzioni migliori.
Un componente del gruppo francese spesso si animava di un mantra :
– non esistono problemi, esistono soluzioni ! –
Abbiamo confrontato le caratteristiche e peculiarità dei due paesi come i ragazzi quando confrontano le collezioni di figurine e riescono a completarle con gli scambi.
Come se ognuno dei due paesi avesse dovuto ultimare un enorme puzzle senza conoscere il disegno definitivo.
Il fatto di conoscere ed apprezzare altre culture non ci deve distogliere dal dimenticare la nostra identità.
Su questa prima di tutto occorre riflettere.
Allora prima di pensare quello che ci divide (e mi riferisco a idee politiche, razziali, antipatie personali) occorre mettere in campo ciò che unisce.
Solo quando queste barriere saranno abbattute si potrà parlare, confrontarsi e allora le gocce potranno unirsi ancora e formare un’acqua dissetante e corroborante.

GOUTTES JUMEAUX

Nous sommes comme des gouttes, et avant de devenir vraiment, peut-être il faut trop de temps.
Beaucoup de gouttes sont formées par l’union de l’eau fraîche prête à étancher les nécessiteux, lavage à l’eau, nettoyer, rincer, nettoyer.
Ensuite, plus de gouttes se hâter, entraînée par des événements qu’ils ne peuvent contrôler, suivre les canaux impétueux, causant des dommages incalculables.
Je me suis retrouvé, goutte dans mon pays, de se réunir avec d’autres jumeaux, et d’autres encore viennent de loin, et il était beau quand je découvre que certaines gouttes sont intelligents, disponibles, mais surtout il forme l’empathie entre eux.
Présentation peut-être sur place pour parler de jumelage entre les pays, une activité qui peut sembler marginal, mais pour quelques jours, dans mon pays, a commis beaucoup d’amis.
Nous avons dû redonner l’hospitalité du voyage en France, q’on a fait dan le mois de Mars, dans la ville alsacienne Guebwiler, et se débarrasser de tous les doseurs, et sans penser à ce que nous avions reçu, nous étions inquiets de donner des informations, les directions, les guider à l’excellence de notre patrimoine artistique, nos activités de fabrication, la gastronomie, la cuisine, l’économie.
Ils étaient très heureux, nous avons confirmé dans l’échantillonnage des produits de la cuisine toscane, ou admirer les paysages de la campagne toscane, villas, châteaux, églises, musées, produits de l’industrie locale.
Il y avait beaucoup de questions, il est ressorti de ces comparaisons, lorsqu’ils sont confrontés, vous pouvez apprécier des chemins différents de notre si elles conduisent à de meilleures solutions.
Un membre du groupe français souvent animé par un mantra:
– Il n’y a pas de problèmes, il y a des solutions! –
Nous avons comparé les caractéristiques et les particularités des deux pays que les garçons lorsque l’on compare les collections de figurines et parviennent à les compléter avec les échanges.
Comme si chacun des deux pays avaient dû remplir un énorme puzzle sans savoir la conception finale.
Le fait de connaître et d’apprécier d’autres cultures ne doivent pas nous empêcher d’oublier notre identité.
Sur ce premier de tous, il doit refléter.
Donc, avant de penser à ce qui nous divise (et je me réfère à la politique, la race, aversions personnelles) doivent être mis en place ce qui unit.
Seulement lorsque ces obstacles seront démolis vous pouvez parler, discuter, et puis le gouttes à nouveau et se rejoignent pour former une trempe à l’eau et vivifiant.

INGEGNO 2 parte


mezzina

foto a sinistra scattata con cellulare cinese : mezzina in rame dei primi del novecento, tipica della toscana

doccetta da giardino

immagine dal web a destra : contenitore dotato di pompa manuale contiene circa otto litri di acqua, per uso doccia

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INGEGNO 2 capitolo

Quando si aspettano ospiti in genere si controllano le scorte di buon vino e si prepara qualcosa di buono per fare una bella figura.
L’idea è quella di non arrivare all’evento impreparati.
Immaginate se vi venissero ospiti e magari avete tutte le sedie scollate e non le avete fatte riparare, quando si mette a sedere il vostro migliore amico robusto e si sfracella in terra accanto alla tavola ! Che disastro !
La prevenzione è una attività non molto diffusa.
Se lo fosse non succederebbero tanti disastri.
Oggi mentre apro la cannella del rubinetto penso alla carenza di acqua nel globo e quanto siamo ancora privilegiati nel nostro paese.
Osservo l’acqua che scorre e quanto lavoro c’è dietro, alle aziende di distribuzione, agli impianti idraulici, ai produttori di rubinetterie, alle lamentele degli utenti.
La mente naviga anche ai ricordi di molto tempo quando l’acqua c’era già nelle case, ma la nonna ancora rammentava di quando con tanta fatica andava a prendere l’acqua al pozzo per l’utilizzo domestico.
L’acqua era usata con parsimonia e anche l’introduzione della lavatrice fu dapprima osteggiata e poi accettata.
Le buone abitudini durarono più a lungo.
Mi ricordo in particolare il lavaggio estivo dei capelli.
La mamma si era procurata una stagna di plastica di circa venti litri. Nei mesi estivi la esponeva al sole riempita di acqua.
Nel pomeriggio quando la temperatura esterna aveva riscaldato le mura della case, l’acqua della stagna era alla temperatura giusta per il lavaggio dei capelli, a volte anche troppo calda.
Era come un reset del corpo, con la soddisfazione di sentirsi la testa pulita, i polpastrelli strusciavano i capelli e senza resistenza alcuna si appoggiavano sulla pelle del viso.
Il sole e il venticello del pomeriggio asciugavano le folte capigliature opportunamente pettinate dopo il lavaggio.
La piacevole pratica della cura personale, trovava connubio con un oculato utilizzo delle risorse.
La stagna era sufficiente per due persone.
Nel vano tentativo di rivivere quei momenti di gioventù ho cercato almeno di utilizzarne gli spunti.
Ecco quindi la realizzazione di idee, l’inventiva, la parte nascosta di noi ricacciata in profondità dal comodo, dal facile, dalla moda.
La stagna degli anni ’70 veniva utilizzata svuotandola piano con un piccolo secchiello di plastica, versando l’acqua con l’aiuto di un familiare.
Ora si può fare di meglio, ma non parlo dei vaporizzatori con acqua del rubinetto !
Ci sono diversi modelli di “doccia solare da giardino” .
Eccone uno : una doccia con pompa manuale, contenente 8 lt d’acqua che può essere riscaldata mediante il calore del sole. Corredata di doccetta, grazie all’azione manuale della pompa garantisce il piacere di una doccia vera. Se non volete perdere tempo, ma…siete ostinati del fai da te, avrete da divertirvi e gli sforzi saranno seguiti dalla soddisfazione di poter godere della doccia calda in giardino senza bisogno di scaldare l’acqua.
Ogni volta che vi lavate ci sarà da pompare, perché l’acqua non va all’insù !
Buon lavaggio !

IL PANINO, una provocazione


panino

img dal web

IL PANINO, una provocazione

Non dovremmo mangiare più di quanto abbiamo bisogno.
Nella rincorsa alla quantità e alla qualità abbiamo aggiunto, modificato e rivisto ogni possibile ricetta della nostra storia.
Nel seguire le regole matematiche del buono + buono = due volte buono e sostituendo ottimo + ottimo = due volte ottimo e così via siamo arrivati anche ad aumentare le dosi.
Come nelle merendine…. stiamo assistendo a confezionamenti di vere e proprie bombe caloriche.
I ragazzi degli anni 2000 non si sottraggono a questa regola.
Ancora una volta parlano i dati.
I ragazzi girano con i telefonini fin dalle elementari, ma vanno a scuola accompagnati fino alle medie.
Si allontana sempre di più la data della delega completa delle responsabilità, e vengono loro affidate sempre più tardi.
Ecco la provocazione :
Insegniamo a farsi un panino per la merenda !
Non le patatine o i dolciumi, un vero panino con quello che vorrà vostro figlio o figlia.
Si tratta di una attività che potrà essere effettuata autonomamente.
Sarà contento di svilupparla e sarà gratificato quando se lo mangerà.
Potrà dire di averlo preparato da sé, sarà una merendina di meno dal distributore. Forse lo prenderanno in giro gli amici, ma non dovete pensarlo, non si sa mai.
Ebbene sì !!
Vostro figlio potrebbe lanciare una nuova moda, che poi è vecchia, quella del panino fatto in casa.
Magari non si tratterà di risparmiare e forse costerà di più, ma il panino sarà frutto di una ricerca di cibi genuini. Vostro figlio comincerà ad apprezzare quanto di buono può essere inserito tra due fette di pane, e potrebbe essere di più di una merendina non in termini di calorie, ma di “soddisfazioni”.
E se diventasse l’idea per un pasto ? E se vostro figlio accedesse alle graduatorie degli chef pentastellati ?
E allora tra qualche anno magari vi metterete a tavola impugnando da un lato coltello e dall’altro forchetta dall’altra e chiederete al figlio :
– E oggi che si mangia ? –
Un panino ? O magari solo pane o pomodoro ….
Buon appetito !

INGEGNO


COMPRESSORE FRIGO

Img dal web

INGEGNO

Negli anni settanta c’erano veramente tanti lavoratori impegnati molte ore alla settimana.
In certi uffici si lavorava perfino il sabato.
Il tempo libero non era molto, ma qualcuno trovava il tempo di dilettarsi alle attività più strane.
Andrea lavorava come meccanico in una azienda di costruzioni di precisione.
Conosceva ogni tipo di metallo e poteva modellarli a suo piacimento con martelli, lime, o altri utensili. Sapeva saldarli con gli appositi saldatori a stagno, gas, o fiamma ossidrica.
Si era costruito un portabiciclette in ferro anticipando le rastrelliere che troviamo in prossimità dei parcheggi dei supermercati.
L’altalena per il figlio l’aveva ottenuta da una robusta longarina assicurata al muro della casa con enormi viti a ferro ancorate nella pietra. Dalla longarina calavano due catene e terminavano con una seggiolina in spessa lamiera verniciata. Bastava spingere i bambini e il divertimento era assicurato.
Le opere di ingegno si susseguivano e lo scopo era dotarsi di strumenti utili e condivisibili con la famiglia.
Andrea riuscì a procurarsi un vecchio frigorifero.
Il motore era funzionante, tolse solo quello e buttò via il resto. Quando si stacca il motore, il gas fuoriesce, ma il motore funziona come i rumorosi compressori ad aria e appena collegato in modo corretto alla rete elettrica si comporta in modo egregio ad esempio per gonfiare le biciclette.
Al minuscolo tubo in metallo della circolazione del gas Andrea aveva attaccato un tubetto in plastica e provò perfino a metterci il manometro per la pressione.
L’idea risultò buona e funzionò bene nel periodo estivo.
Stranamente l’oggetto si era portato dietro dei ricordi del frigorifero. Era molto silenzioso, ma funzionava come i tergicristalli delle auto dei carabinieri.
Ah ! Non la sapete la barzelletta ?
Il maresciallo chiede all’appuntato se funziona il tergicristallo e questi risponde :
– ora si , ora no , ora si, ora no – mmm…… dovete ridere altrimenti non l’avete capita !!!!!!!
Infatti la pompa funzionava ad esempio tre minuti, poi inspiegabilmente si bloccava per un minuto e sempre senza motivo iniziava di nuovo a pompare.
Nell’estate con il caldo andava a diritto come la banda, poi in inverno stava anche dieci minuti ferma e accesa solo qualche minuto.
Una volta gli rimase accesa e probabilmente pompò fino a che capitando in garage per caso sentì il rumore della pompa.
Il mistero venne svelato da un termostato che era rimasto attivo. Quando c’è molto freddo il frigorifero non si accende, e infatti in inverno il motore pompava molto meno.
Se era freddo che pompava a fare ? Andrea rimaneva lì come un bischero ad aspettare che la bicicletta si gonfiasse.
Spesso si scocciava e allora prendeva la vecchia pompa a stantuffo che non tradiva mai.
Le opere di ingegno vanno capite a fondo se no, meglio lasciar stare.
Ora se Andrea avesse i filmati di youtube con le modalità per autocostruire compressori con motore di frigorifero e estintore usato chissà quanti spunti avrebbe !

COMMENTI SU FACEBOOK ……


facebook immagine

Img dal Web

COMMENTI SU FACEBOOK ……

Qualche mese fa era apparso un bando per un progetto finanziabile in ambito PSR relativo a siti contaminati, subito erano apparsi i commenti su FB.
I cittadini di un certo paese hanno un sito contaminato a ridosso del paese ormai da 50 anni e le probabilità di ri-usarlo si riducono sempre di più.
Dopo decine di commenti dei lettori, sono intervenuto con questo lungo commento e voglio condividerlo solo adesso, quando gli spiriti bollenti sono un po’ placati, ma ancora niente è stato fatto.

“ Credo che abbiamo tutti ragione.
Ha ragione XXX1 quando afferma che le cose le devono fare gli specialisti e gli architetti devono fare altre cose, suggerisce di non spostare l’enorme massa di terreno contaminato con enormi costi e che comunque andrebbero solo in un altro luogo, con grosse ricadute ambientali in termini di emissioni a causa dei trasporti di movimento terra.
Ha ragione XXX2 quando afferma che dietro a grosse cifre spesso possono comparire grosse ombre.
Ha ragione XXX3 quando sostiene che il cambio dei massimali è come tappare un buco nel muro con un poster.
Ma …. il cittadino ?
E’ giusto che possa anelare a qualcosa di bello, fruibile e magari a basso costo ?
Gli specialisti hanno il sopravvento su tutto e ci si deve fidare a prescindere.
Quando fanno l’analisi di una sorgente ci dicono come deve essere e guarda caso poi ci inducono a comprare acqua imbottigliata, e siamo il terzo paese nel mondo a consumare acqua in bottiglia !
Si inventano una piramide alimentare e ci dicono cosa mangiare.
Poi altri esperti di marketing con speciali tecniche di vendita e giocano sul bisogno umano di omologazione ci indicano le mode da seguire.
I soliti specialisti delle bonifiche saranno certamente pieni di lavoro con il ripristino dei terreni della terra dei fuochi.
Mentre la richiesta di bonifica aumenta mi domando se sono di pari passo aumentate le ditte abilitate ad effettuare questi lavori.
Business è la parola magica. Se c’è guadagno abbastanza le attività partono come treni, e per ora forse se lo stanno solo dividendo ….i soliti specialisti.
E’ la mia percezione, può darsi sia vero, non credo esistano dati in rete….
Forse vado fuori tema, ma ho delle perplessità anche sulle norme di sicurezza e salute. E non mi riferisco ad Arpat, ma a quelle nazionali.
Siamo gli unici in Europa ad avere leggi sulla sicurezza talmente complicate da non riuscire nemmeno a spiegarle ai giovani universitari stranieri dell’Erasmus con tirocini in Italia.
Sto affermando che se certe cose non ce le possiamo permettere è necessario rivederle.
Ecco alcuni esempi :
– standard super-sicuri di bonifica anche in presenza di materiali non pericolosi.
– regole di risanamento dell’amianto (come già forse voleva accennare XXX1).
– ripensare al riuso dei siti con l’ausilio ad es. di silvicoltura, canapa o altro … ma all’estero lo fanno che sono più bischeri di noi ? O siamo noi che vogliamo fare i ganzi ?
– smettere di pensare a volumetrie per l’abitazioni civili che nessuno comprerebbe.
Mi riallaccio infine a questo interessante stimolo di conversazione proposto da YYY del progetto finanziabile in ambito PSR con questa “provocazione” :
ma….se non lo vincono… ? Che succede ? Rimane così ? Abbiamo un piano B ? ? “