La coltivazione elementare nel 2023


La coltivazione elementare nel 2023

Da circa dieci anni (più o meno da quando ho aperto il blog) ho un piccolo orto sociale di circa 50 mq. Durante questo periodo ho seguito corsi di orto sinergico, permacultura e sperimentato varie tecniche produttive sempre orientate al minor impatto ambientale possibile.

Da qualche mese mi si è presentata l’opportunità di poter gestire un terreno agricolo inutilizzato appartenente ad un amico.

Il terreno ha una superficie di 3.000 mq, ma non ha il pozzo dell’acqua e in un primo momento la possibilità di realizzarci un orto poteva sembrare ardua.

Mi sono procurato dei libri con metodi di coltivazione biologica:

La cura della terra di Francesca Della Giovanpaola e La civiltà dell’orto di Gian Carlo Cappello

Ho iniziato a recintare circa duecento metri quadrati lasciando libero il terreno rimanente e riguardo all’acqua, poiché il terreno dispone di un capanno con gronde, ho predisposto una cisterna per la raccolta delle acque piovane al fine di sopperire in caso di lunghi periodi di siccità.

I proverbi toscani scoraggiano chi intende avvicinarsi alla coltivazione di terreni; cito due dei più famosi:

– La terra è bassa.

– L’orto vuole l’omo morto.

La tecnica che sto adottando nel nuovo orto nei duecento mq è quella della coltivazione elementare, e… udite udite! Con questo metodo non si vanga, non si zappa il terreno e sembra che richieda anche pochissime innaffiature.

Per iniziare mi sono procurato delle rotoballe di fieno, ho calpestato l’erba senza estirparla e su questa ho disteso il fieno per un’altezza di circa 25 cm.

L’erba coperta dal fieno tende a marcire e richiama i lombrichi, si forma così uno strato di terra abbastanza umida e morbida ideale per ricevere le piantine da orto.

Con le mani ci si fa spazio nello strato di fieno, si affondano un poco le piantine nella terra e si richiude il foro nel fieno lasciando un po’ di spazio intorno alla pianta. Per il mantenimento del fieno occorre sempre usare un forcone, quando le erbe sottostanti si affacciano di nuovo fra il fieno occorre smuoverlo e sollevandolo lo si fa ricadere sopra le erbe e queste vengono soffocate di nuovo.

Lo scopo di questa coltivazione è quello di integrare le nuove piante con l’ambiente.

All’inizio ci mettono un po’ più di tempo a dare dei risultati rispetto all’orto tradizionale, ma piano piano completano lo sviluppo, vanno in produzione e durano anche più a lungo poiché risentono meno degli eventuali sbalzi di temperatura.

C’è da fare una considerazione rispetto all’orto tradizionale, ed è quella della superficie necessaria ad una famiglia; si potrebbe obiettare infatti che è necessaria una superficie maggiore con la coltivazione elementare di Gian Carlo Cappello.

Occorre però conoscere in quale contesto sono nati gli orti sociali e come nel tempo si sono modificati.

L’orto sociale in Italia nasce nel dopoguerra, li chiamavano infatti “orti di guerra” e si svilupparono per dare sostegno nelle famiglie con difficoltà durante il periodo post-bellico.

Con il tempo poi sono cambiate le tecniche di produzione, concimazione, lotta agli insetti dannosi, alle malerbe (così vengono ancora oggi definite quelle erbe dannose alle piante).

Negli anni con l’aiuto di numerosi prodotti si possono ottenere molti kg di verdure anche in pochi metri quadrati di terreno.

La coltivazione elementare invece non utilizza concimi essendo il fieno di per se’ un materiale che contiene sostanze utili alla crescita e sviluppo delle verdure, occorre però più spazio per le piante.

Proprio in questo periodo nel comune dove abito stanno edificando immobili negli spazi dove c’erano gli orti sociali.

Il comune ha acquistato un grande appezzamento di terreno sembra allo scopo di trasferire gli orti sociali rimasti.

Questa potrebbe essere l’occasione per diffondere il metodo di coltivazione di un orto senza aver bisogno di impianti di irrigazione, vista la sempre crescente carenza di acqua.

L’ultimo regolamento degli orti sociali risale a quasi venticinque anni fa e forse necessita di una revisione alla luce delle nuove esigenze della comunità.

Ogni cittadino singolarmente può fare tanto individualmente in ogni sua azione, anche solo quando va a fare la spesa.

Quando si riunisce con altri cittadini per interessi comuni allora si forma quel senso di comunità così bello e vero tanto da travalicare ogni confine.

L’ultimo mio articolo in questo blog è di oltre un anno fa, lo scrissi pochi giorni dopo l’inizio delle guerra in Ucraina, come se avessi immaginato il protrarsi dei combattimenti.

Il martellare quotidiano delle notizie mi ha costretto indirettamente a una sorta di silenzio stampa.

Mi era passata la voglia di scrivere nel blog.

In realtà ho scritto moltissimo, ma non avevo voglia di condividerlo.

Solo oggi, spinto dall’irrefrenabile voglia di lasciare qualcosa di utile per gli altri, mi son deciso a raccontare questa mia avventura che spero continui e prosperi.

Non servirà a nulla, però ci provo


Non servirà a nulla, però ci provo

Dicembre 2021, e sono trascorsi otto anni da quando ho aperto questo blog.

All’inizio scrivevo molti articoli, anche due ogni settimana. Gli argomenti che vorrei trattare sono ancora molti, ma non diventano articoli. Nel 2021 ne ho pubblicati solo tre.

Da quando ho pubblicato i libri di racconti e poesie si è ridotta la quantità di articoli nel blog.

I visitatori sono saliti nel primo triennio da zero a oltre tremila e poi il numero si è mantenuto intorno ai quattromila nel quinquennio successivo.

In quest’ultimo anno sono stati poco più di duemila, ma con soli tre articoli, è anche troppo.

Sembra che i lettori gradiscano certi articoli relativi alle ricette di cucina, racconti, appunti di viaggi.

I miei recenti interessi mi portano a scrivere il quarto articolo di quest’anno, ancora una volta sull’ambiente.

Quest’anno si è celebrata la Cop26. A Glascow c’erano giovani provenienti da ogni paese del mondo, purtroppo i potenti della terra non hanno manifestato la benché minima intenzione a cambiare le prospettive e modalità di crescita nonostante l’infuriare della pandemia da quasi due anni.

Ogni anno si ripete il tentativo fallimentare di ripristinare la biodiversità nel pianeta terra a com’era prima della industrializzazione.

Sembra strano, ma la soluzione potrebbe essere nella resilienza.

Pensare globalmente, agire localmente.

Ognuno nel suo terreno può sfruttare il potere rigenerativo della terra.

Facciamoci aiutare dalle piante.

Le piante in modo del tutto naturale possono immettere carbonio nel terreno e alimentare il ciclo che ha permesso il mantenimento della crosta terrestre viva e non inaridita come le superfici arate.

I proprietari terrieri devono interessarsi dei terreni affidati in gestione agli agricoltori, in modo particolare quando questi utilizzano arature profonde sui terreni.

Da oltre 70 anni sappiamo che le monoculture hanno effetti devastanti sui terreni, ma si continua a coltivare con questo metodo.

Almeno venti civiltà si sono estinte per l’eccesso di sfruttamento dei terreni.

Uno degli esempi più antichi è stato quello dell’altopiano del Loess in Cina. Anticamente era una regione fertile; ha ospitato la nascita di una delle prime civiltà cinesi. Secoli di pascolo eccessivo, deforestazione e agricoltura di sussistenza l’hanno resa una delle aree più degradate dell’intera Cina, ormai famosa per le ricorrenti inondazioni e carestie. L’utilizzo inconsapevole del suolo ha portato a impoverimento e degrado della terra e di conseguenza della società.

Un suolo povero che necessita di concimi chimici, pesticidi, impoverisce chi ci vive sopra.

Per avere cura della salute del suolo occorre attivare la rigenerazione ecologica.

Le condizioni per l’attivazione della rigenerazione sono:

minimo disturbo meccanico, diversità, radici vive in ogni momento, piante perenni e alberi, uso di animali.

A tal proposito c’è un film documentario su Netflix che spiega questa metodologia:

https://www.netflix.com/it/title/81321999 Kiss the ground – 2020

Trovo strano che queste chicche di documentari provengano dallo stesso luogo che genera le peggiori distruzioni ambientali del nostro pianeta.

Altrettanto strano è che in Europa si proceda effettuando gli stessi errori statunitensi senza nemmeno cercare di comprenderli.

LA FAME


malnutrition

 

LA FAME

La pastasciutta era fumante in tavola, televisione accesa con la prova del cuoco, la famiglia riunita ci apprestavamo a mangiare insieme come ogni giorno.

Un giorno come tanti altri, assistetti a un epilogo infelice per il solito ospite, l’irrefrenabile Beppe Bigazzi. Non c’era la Clerici, era un giorno di Febbraio 2010. Beppe inizia argomentando che in Febbraio chi non ha ciccia mangia il gatto, infatti dice lui Febbraio-gattaio.

Nessuno si sarebbe aspettato una ricetta in cui l’ingrediente principale è …”il gatto”.

In modi precisi e dettagliati il dotto conoscitore di alimenti, cibi, ricette, ma anche di vita e cultura italiana spiegò come lui stesso provvedeva a prepararli e cucinarli.

La procedura era di spurgare la carne per diversi giorni nel vicino torrente Ciuffenna e quindi la cottura mi pare arrosto.

Da quella volta non abbiamo più visto Bigazzi alla Rai per diversi anni.

Associazioni animaliste lamentarono e chiesero l’espulsione dell’esperto di cucina dal programma.

Non che il Bigazzi fosse un angioletto, spesso litigava in diretta con cuochi offendendoli anche in malo modo. Con quella operazione è stata soffocata la storia, la cultura che sta dietro ai tegami.

La moderna società ci ha fatto dimenticare i motivi, le ragioni per le quali il Bigazzi avesse introdotto nel menù il gatto, non che dovesse mangiarlo nessuno.

Raccontava solo una storia, vera, ed è seguita con la sua espulsione. Potete rivederla su youtube.  COME SI MANGIA IL GATTO – RICETTA

In novembre dello stesso anno eccoti una legge che punisce anche con la reclusione chi tratta male gli animali domestici. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Non ho niente contro gli animali domestici, ho il massimo rispetto per chi ha animali, li accudisce ed assiste come persone. Non voglio nemmeno perder tempo a difendere Bigazzi.

Voglio anche però raccontarvi di una avventura occorsa in una vacanza in Sardegna 1998, vicino Cabras, bellissima penisola del Sinis, terra con molti campi coltivati, pianura perfetta.

Avevo portato la mountain byke in vacanza, una mattina partii presto, verso le 7.00, sentii abbaiare, da un campo sbucò un’orda di cani guidati da un enorme pastore maremmano (almeno 20 bestie).

Nelle vicinanze non c’era nessuno per chiedere aiuto, per diversi chilometri nemmeno una casa.

Sudai freddo, sapevo benissimo che se mi agguantavano non avrei avuto scampo, per fortuna avevo il rapporto giusto per lo scatto, per almeno cinquanta metri mi stettero a ruota, poi forse perché non gli interessava più seguirmi, o ero più veloce, mi allontanai dal pericolo. Forse avevano fame, e avrei fatto una brutta fine, la fine del gatto.

In origine se certi italiani mangiavano i gatti spesso succedeva per altri motivi, era per fame, forse gli animalisti non l’hanno mai provata e non hanno avuto nemmeno un’orda di cani dietro come me.

Sembra che nonostante la legge punitiva gli italiani si mangino ancora oltre 7.000 gatti l’anno, quindi…. perché si fanno queste leggi ? Solo per adeguarsi alla comunità europea che ce l’ha chiesto? C’è davvero bisogno delle leggi per rafforzare il rispetto degli animali ?

E’ forse facendo cacciare Bigazzi e non parlando delle nostre origini che si ottiene il rispetto degli animali ? Vi siete mai chiesti quanti uccelli mangia un gatto selvatico ?

OLMO


OLMO DI LANDO Senigallia (AN)

“Olmo” di Lando detto Olmo Bello, Casine di Ostra.
Diametro metri 35 e 110 di circonferenza – altezza metri 28 – circonferenza tronco metri 5,50

Trovare una foto di questo albero non è stato facile, poi un articolo in rete mi ha fatto ricordare meglio e non posso non pubblicarlo !

http://naturaetratio.blogspot.it/2016/10/addio-agli-olmi.html

OLMO

Ne ricordo le forme, due enormi alberi nel piazzale, alla base non si abbracciavano in due persone, uno dritto, l’altro più piccolo, ma più nodoso e pendeva come la torre di Pisa.

Si trattava di olmi, un tipo di albero d’alto fusto molto resistente alle malattie e alle avversità della natura.

I piazzali mezzo secolo fa non erano cementificati come siamo abituati a pensarli adesso.

Qua e là erano cresciuti alberi di pioppo, cercavano di farsi spazio sotto le grandi chiome degli olmi.

Uno di questi aveva una cavità ad un metro di altezza da terra. Noi ragazzi sapevamo che all’interno nascevano i funghi pioppini e se riuscivamo a portarli alle nostre mamme sapevamo di farle felici.

A quasi dieci metri d’altezza del tronco di uno degli olmi, tra i grandi rami si era formato un grosso buco e anche lì, dopo qualche pioggia si depositava l’acqua e ci nascevano i funghi.

Non so come fosse stato scoperto quel buco, e se fosse stato fatto appositamente per farci crescere i funghi.

L’unica cosa che so è che a noi ragazzi proibivano di andare con una scala di ferro a prenderli.

I funghi nascono solo se c’è un micelio, ho scoperto dopo molti anni che per ottenere aree produttive di funghi si devono inoculare miceli dei funghi da coltivare.

Qualcuno del paese sapeva quali erano le tecniche giuste, i segreti necessari; certe informazioni sono adesso conosciute da stimati agronomi, professori universitari, e poche persone comuni conoscono ancora queste operazioni.

Ricordo ancora la giornata di condivisione in una borgata del paese, probabilmente era un giorno festivo, gli uomini delle famiglie vicine si erano resi tutti disponibili, erano in cinque.

Si trattava di attivare una fungaia; il materiale era pronto. L’esperto aveva messo dei rami con micelio vicino ad un grosso tronco di diametro di almeno sessanta centimetri , ed i microrganismi erano penetrati, lo si vedeva dal colore bianco del micelio. Ora c’era da fare un grosso lavoro, si trattava di interrare il tronco, preparare una grossa buca profonda almeno un metro e calarlo dentro, lasciando scoperto una ventina di centimetri di legno. Il tronco veniva poi coperto con una balla di iuta, poi annaffiato e doveva mantenere sempre una certa umidità.

Ogni mese produceva funghi pioppini in quantità. Quando si vedeva alzare la balla voleva dire che sotto c’erano i funghi.

La fungaia produceva funghi per diverso tempo e comunque un peso di funghi non superiore al peso del tronco stesso.

Ognuno degli adulti presenti se fosse vivo adesso saprebbe quale albero scegliere, quando collocarlo in terra, come e quanto annaffiarlo per ottenere una produzione continua di funghi.

Non ricordo quanto fossero buoni quei funghi sott’olio, so che vorrei rifarli, mi piacerebbe poter dire di averli prodotti da solo, a casa mia.

Venti anni fai tornai in quel luogo magico, dove c’erano gli olmi, non trovai nulla, mi dissero che erano morti in poche settimane, sembra che questo sia tipico dell’olmo.

Non c’erano nemmeno i pioppi. Quasi tutti gli abitanti del luogo si erano trasferiti, la ditta dove lavoravano aveva chiuso molti anni prima.

Ci sono ritornato anche l’anno scorso e la cosa è stata ancora più triste. L’avevo visto da google earth. La zona era stata delimitata perché pericolosa, in quanto vicino ad una zona industriale con prodotti chimici tossici. Pensare che ci ho vissuto per anni, e ho mangiato anche i funghi nati proprio lì vicino. Quando vedi le foto nel computer, come nella sala di controllo di un aeroporto, non è come vedere i luoghi dal vivo. Passare oltre la zona proibita, tra rovi, spine, vegetazione alta un metro, ritrovare la casa dove hai abitato, murata a porte e finestre per evitare che frani o che venga abitata da abusivi ; mi ha fatto un certo effetto.

Sono stato lì cinquanta anni fa, sono ancora vivo, e vorrei far crescere i funghi come facevano i vicini di casa e abitanti di quei luoghi.

Ora voglio realizzare quelle cose difficili che non ti riescono mai, e per fortuna trovi un amico che te lo spiega, o un blog su internet, o un video su youtube, qualunque cosa possa essere, se funziona, si mettono in moto delle forze finora mai attivate, e finalmente si sprigiona un grido, viene da dentro : – ma perché non l’ho fatto prima ! –

Questi ricordi di bambino risalgono a quando i pioppi venivano usati per limitare le aree coltivate.

Con l’introduzione di mezzi agricoli sempre più potenti sono stati tolti. Quella dei funghi era una risorsa per utilizzare al meglio i tronchi.

Ho provato diverse volte a ripetere quanto avevo visto eseguire. Non ci sono mai riuscito.

Credo che dovrò organizzare anche un corso per la produzione di funghi !

p.s.  la foto è di un olmo delle Marche, mentre il racconto è ispirato ad un luogo toscano. Purtroppo non sono riuscito a ritrovare foto degli olmi del cortile, erano più piccoli, ma d’estate c’era un bel fresco sotto le loro chiome.

Questo invece è quel che trovai lo scorso anno.

orbetello-casa

Orto nel campo


Sottotitolo: “più frittata per tutti!” Oggi è una giornata speciale: ho raccolto i miei primi 3 kg di zucchine. Mi sento come Paperon de Paperoni quando nel Kloendike scavava con le unghie la sua prima tonnellata d’oro. E ieri è stato altrettanto speciale perchè ho ricevuto l’ispezione dell’amico Roberto Francalanci, maestro di orto e […]

via L’Uomo Del Monte ha detto: “Si!” — joseph pastore maker

LATTAIO


lattaio

IMG DAL WEB

IL LATTAIO

Agenore aveva capito che il lavoro dei campi era troppo duro e non costituiva una adeguata fonte di reddito per la famiglia.
Provò, come ultimo tentativo, a vendere direttamente il latte delle mucche. Cominciò con il latte delle sue mucche, poi anche di altri contadini disposti a cedere parte della produzione in eccesso.
Olga, la moglie aveva il suo da fare a casa vacche, galline e conigli, la casa, i figli, la cucina ;
non poteva dargli grande aiuto.
Il travaso dai contenitori metallici alle bottiglie era il momento più delicato, guai a sprecarne anche una goccia !
Una volta preparate le casse delle bottiglie via ad effettuare le consegne.
Il latte fresco appena munto formava delle macchie gialle come se fosse brodo. Si trattava del grasso che lentamente si spostava verso la superficie. Il latte, generoso di bianco, morbido, naturale, invogliante alla sete diffondeva nell’aria un profumo intenso, penetrante come alla nursery del reparto neonatale.
Per effettuare le consegne a tutti i clienti erano necessarie diverse uscite e rientri a casa, riportare i vuoti e riempirli di nuovo.
Non è facile cambiare le abitudini. Agenore comprese questo a sue spese. Anche le piccole cose, le più insignificanti, come quella delle bottiglie di latte.
Ogni famiglia aveva le sue bottiglie e non voleva separarsi dalla propria, con il vetro verde o rosso che fosse e pretendeva di usare sempre quelle. Queste richieste gli complicavano il lavoro.
Non fu facile imporre uno standard sulla misura e colore delle bottiglie. Alla fine ci riuscì.
Il lattaio girava per le case, di buon mattino, per lasciare le bottiglie di latte e ritirare i vuoti.
Il latte fresco veniva bollito e solo il primo giorno qualcuno dei suoi clienti lo beveva fresco. La paura che il latte potesse essere contaminato svaniva con una bollitura. Certe massaie però lo bollivano anche più volte.
Il latte di Agenore era di provenienza ben nota, c’era un rapporto con i produttori basato su una piena fiducia.
Poi come si poteva non avere fiducia in Agenore, quell’omone alto con naso aquilino e orecchie a sventola, guance colorite, le dita gonfie di stanchezza.
Era tanto robusto che una volta sulla bicicletta i compaesani si chiedevano di che marca fosse per resistere a lui e alle bottiglie di latte.
La spiegazione erano le ruote rinforzate tipiche dei piccoli motorini del tipo “cucciolo” degli anni ’30 del 1900 e il telaio con robuste saldature per la cassa delle bottiglie di latte.
Dalla vita dei campi dall’alba al tramonto a girellare tra consegne e paese con bottiglie di latte sembrò dapprima un divertimento.
La salute era migliorata e una fastidiosa malattia respiratoria era sparita quasi completamente.
La fonte di guadagno dalla vendita di latte con consegna porta a porta non risultò molto elevata.
Ci volle un po’ di tempo per capirlo. I primi tempi pensava di avere pochi clienti, e che dovesse incrementarli.
Anche con questi accorgimenti il denaro che entrava in casa non era sufficiente e i lavoratori a opra guadagnavano cifre più dignitose con molti meno problemi.
In certe famiglie aleggiava lo spettro della povertà e non riuscivano nemmeno a pagare il lattaio.
Percorreva i luoghi in cui era nato, ogni giorno, tra quelle campagne con erbe e fiori diversi in ogni stagione, i profumi, i colori, i silenzi del mattino. Tutto ciò dava ad Agenore un senso di completezza, come se si sentisse parte attiva in quella umile realtà contadina.
I ritiri del latte li effettuava la mattina presto, appena munto dalle vacche delle stalle vicine.
Appena ritirato provvedeva a portarlo a casa dove poi lo imbottigliava e ripartiva per le consegne.
Agenore negli anni ebbe modo di conoscere molte persone e farsi tanti amici.
Lui distribuiva quell’alimento buono e naturale e poi se crescevano bene i vitelli poteva far male alle persone ?
Sentiva di lavorare per far star bene i suoi compaesani.
I bambini dei Rossetti, la casa di contadini sulla collina appena fuori del paese gli correvano incontro con le bottiglie vuote per evitargli di far la salita con la bicicletta fino a casa. Certe volte gli portavano un po’ di uva secca o noci, ma lui era contento anche solo a vederli.
I loro sorrisi gli ripagavano la fatica di pedalare in ogni stagione.
Curvo sul velocipede nero antico con un berretto di feltro, e quando pioveva forte non era abbastanza.
Si era sparsa la terribile fama di far sparire i ciucci con la scusa che gli  era appena nato un vitellino e che per poter mungere la  mamma mucca e non far piangere il cucciolo doveva dargli il succhiotto,  la storiella  era un valido aiuto per le mamme che eliminavano il vizio senza prendersi grandi responsabilità.
La sua era una attività che oggi definiremmo «dal produttore al consumatore, a km zero»
Poteva continuare solo se si ingrandiva, se diventava un vero e proprio commercio, con bottega, contenitori del latte.
Negli anni a venire sarebbero sorte le latterie, con punti di raccolta di grosse quantità di latte e distribuzione diretta simile alla mescita dei vini.
Tutto bene fino alla registrazione del marchio Tetra Pak nel 1950, e il suo nome lo deve al fatto che fu per la prima volta un latte a forma di tetraedro; il primo tetra pak fu realizzato a Stoccolma nel 1953 su idea di un certo Erik Wallemberg. In Italia arrivò sul finire degli anni Sessanta.
Agenore terminò l’attività di lattaio oltre trenta anni prima del tetrapak che di fatto scrisse la fine dei lattai, anche quelli con tanto di negozio.
I più ostinati hanno continuato l’attività fino agli anni ’80, ma era una lotta persa in partenza.
Tutta la storia su latte è da riscrivere.
Se Agenore fosse qui, di sicuro strabuzzerebbe gli occhi al solo prendere atto degli studi sulla tossicità del latte, lo studio Americano di Colin Campbell  “The China Study” lo conferma, il latte e’ responsabile di molte patologie dell’uomo.
Di sicuro le mucche non subivano le cure e i trattamenti effettuati negli allevamenti intensivi che ci mostrano nei documentari di agricoltura e allevamento.
I latte , la buona fonte di calcio, tante proteine, belle immagini di un fluido bianchissimo rimane una favola delle agenzie pubblicitarie che ci disegnano un prodotto che nella pratica non esiste più. Viene ora definito un fluido malsano proveniente da animali malati trattati farmacologicamente, oltre ad essere naturalmente ricco di ormoni non utili alla natura umana.
Questo alimento, assieme all’uso di latticini, concorrono decisamente ai tumore della prostata, del seno, dei  fibromi vaginali, del cancro sul collo dell’utero, ecc.,  in quanto il latte e’ un “alimento ormonico “ricco di progesterone, estrogeno, ecc., nonché fortemente acidificante.
Certi studiosi hanno tentato di risolvere ogni problema con il latte di soia, ma è risultato un sforzo vano. La soia un secolo fa era un prodotto industriale e ora è coltivato in 72 milioni di acri; viene utilizzato per l’alimentazione animale, una parte per produrre grassi e olio vegetale. Di recente la soia è stata camuffata come cibo miracoloso per la new age vegana.
La soia non è solo priva di proteine complete, ma contiene composti che bloccano l’assorbimento di proteine, zinco e ferro. La giustificazione per introdurre soia nella alimentazione infantile e quelle di ridurre grassi. I grassi contengono molti nutrienti vitali per crescita e sviluppo normali.
Privare i bambini dei grassi è un crimine.
La soia non è mai servita come alimento fino alla scoperta delle tecniche di fermentazione.
I vegetariani che consumano tofu e caglio di fagioli di soia come sostituti della carne e dei prodotti caseari rischiano di provocare una grave carenza di minerali.
Fin dalla fine degli anni ’50 si sa che i sostituti del latte a base di soia contengono agenti che contrastano le funzioni della tiroide. I neonati a cui vengono dati preparati a base di soia sono particolarmente predisposti a sviluppare malattie della tiroide relative alle funzioni del sistema immunitario.
Fior di scienziati foraggiati da aziende plurimiliardarie si ergono a difensori di questa sostanza e dei suoi derivati.
Fra tante teorie mi piace segnalarne una significativa : il Dr. Claude Hughes, direttore del Women’s Health Center al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles dichiara: “La mia attenta opinione professionale è che ha più senso non esporre inutilmente il vostro neonato a questi preparati”, E aggiunge: “Mentre l’allattamento al seno è di gran lunga preferibile, le madri che non allattano al seno dovrebbero utilizzare preparati a base di latte e considerare quelli a base di soia come ultima risorsa.”
I derivati della soia poi sembrano essere i più pericolosi : gli isoflavoni, i fitoestrogeni, gli inibitori della proteasi, l’acido fitico, la lecitina di soia (o emaglutina), le nitrosammine e la misteriosa tossina della soia sono tutte sostanze dalle quali è meglio stare lontani.
Quando i nutrizionisti lanciano i loro appelli del tipo :
– mangiate questo che fa bene o non mangiate quest’altro perché fa male – sorge il dubbio che tante regole e consigli abbiano delle motivazioni di tipo economico più che scientifico.
Troppe volte il razionale e la rete del profitto riduzionista ha spinto i consumi verso prodotti che poco hanno a che vedere con la salute. Occorre ripensare la scienza della nutrizione.
Viene da chiedersi, pensando anche ad Agenore che tutto sommato fece bene a smettere di portare il latte nelle case e farsi assumere in una grande azienda manifatturiera, poco avrebbe potuto contro le nascenti lobbies del latte in polvere.
Ognuno la sua epoca, qual è la nostra ? Chi è l’Agenore di turno adesso ?

ALSAZIA


strasburgo

Alsazia

Un viaggio inaspettato, dopo venticinque anni senza esercizi linguistici di francese, senza troppe aspettative. Mi sono catapultato nell’avventura con l’energia e la curiosità dell’esploratore .
Non è stato facile mettere tutti d’accordo, comitati di gemellaggio, famiglie ospitanti, direzione scolastica, strutture ricettive, uffici comunali, azienda di noleggio bus, insegnanti. E finalmente giovani studenti del locale istituto alberghiero con gli insegnanti e uno sparuto gruppo di cittadini, ha animato un grande autobus bianco da turismo da sessantadue posti. La grande caravella diretta a svelare un piacevole ambiente francese a confine con la Germania, sconosciuto alla stragrande maggioranza degli estimatori delle terre francesi.
Inutile elencare luoghi stupendi tappezzati da chilometriche distese di vigneti e le irte montagne dei Vosgi affacciate sulla pianura; sembrano essere lì solo per proteggere le coltivazioni dai venti nordici.
Da Guebwiller sono partite le escursioni per Colmar, Strasburgo, Orbey , Lapoutropie, Eguisheim, non solo alla scoperta di luoghi storici, ma anche di arte e di lavoro. Un puntuale e preciso programma di accoglienza condiviso ha permesso ai ragazzi del nostro istituto alberghiero di visitare le lavorazioni di birra, formaggi e acquavite, acquisti consapevoli di prodotti alimentari, la gita in battello a Strasburgo, un dolce bighellonare per le vie di Colmar .
Mi sono soffermato ad analizzare le ragioni della bellezza di Strasburgo, quella grande città quasi confine con la Germania. Un territorio tanto conteso è riuscito nel corso dei secoli a trasformare un punto di debolezza in un punto di forza. Ne è risultato un paese armonico, in continua emancipazione, cultura, bellezza e quindi patrimonio dell’umanità.
Molti hanno paura di non poter comunicare adeguatamente senza conoscere la lingua, per me invece è stato facile, e la lingua francese è ritornata nella memoria forte come il lampo di un neon acceso dopo tanti anni, discussioni animate, app di android con dizionario italiano-francese per le parole difficili, e finalmente tutto scorre, gli adulti accompagnatori del gruppo di ragazzi diventano una utilità, un punto fermo, i ragazzi sono interessati a tutte le novità, si comportano bene in ogni occasione. La lingua è uno strumento, poi occorre sapere cosa dire.
Non si deve dare niente per scontato.
Ecco che un viaggio, nuovo nel suo genere diventa qualcosa da ripetere, da rifare.
Sulla strada del ritorno scrivo queste righe, per lasciare una traccia. Ho bei ricordi delle persone di Guebwiller che ci hanno ospitato, non i gentili e compunti assistenti del solito albergo delle località turistiche, o l’impiegato di un ufficio di turismo. Tutte le persone ospitanti si sono dimostrate affabili e gentili. Molti hanno promesso di venire a trovarci, sarà un piacere poter ricambiare, e allora toccherà a noi a fare da guide.

Alsace

Un voyage inattendu, après vingt-cinq ans sans exercices de langue française, sans trop d’attentes. Je catapultée dans l’aventure avec l’énergie et la curiosité de l’explorateur.
Il n’a pas été facile de mettre tous d’accord, les comités de jumelage, les familles d’accueil, la gestion de l’école, le logement, les bureaux municipaux, location de bus entreprise, enseignants. Et enfin, les jeunes élèves de l’école de gestion locale de l’hôtel avec les enseignants et un petit groupe de citoyens, a conduit un grand entraîneur blanc de soixante sièges. La plus grande caravelle directe pour révéler un environnement agréable à la frontière française avec l’Allemagne, inconnu de la grande majorité des fans de terres françaises.
Inutile d’énumérer les endroits magnifiques canapés par des étendues de kilomètres de vignes et d’imposantes montagnes du massif vosgien dominant la plaine; seulement ils semblent être là pour protéger les cultures des vents du nord.
De Guebwiller a quitté les voyages à Colmar, Strasbourg, Orbey, Lapoutropie, Eguisheim, non seulement de découvrir des sites historiques, mais aussi dans l’art et le travail. Un programme d’accueil partagé en temps opportun et précis a permis aux étudiants de notre école de gestion de l’hôtel pour visiter les rouages ​​de la bière, le fromage et le brandy, les achats au courant de la nourriture, le voyage en bateau à Strasbourg, une promenade dans les rues de Colmar.
Je me suis arrêté pour analyser les raisons de la beauté de Strasbourg, la plus grande ville presque à la frontière avec l’Allemagne. Un territoire contesté beaucoup a réussi au cours des siècles pour transformer une faiblesse en une force. Le résultat est un pays harmonieux, continue l’émancipation, la culture, la beauté et un site du patrimoine mondial.
Beaucoup ont peur de ne pas être en mesure de communiquer correctement sans connaître la langue, mais pour moi il était facile, et la langue française est revenue en force dans la mémoire comme le flash d’un néon allumé après tant d’années, des discussions animées, l’application Android avec Dictionnaire italien- français pour les mots difficiles, et enfin tout coule, les adultes qui accompagnent le groupe de garçons deviennent un utilitaire, un arrêt complet, les garçons sont intéressés à toutes les nouvelles, ils se comportent bien à chaque occasion. La langue est un outil, alors vous devez savoir quoi dire.
Il ne devrait pas rien prendre pour acquis.
Voici un voyage, il devient quelque chose de nouveau de son genre à être répétée, à refaire.
Sur le chemin du retour, je vous écris ces lignes, de laisser une trace. Je garde de bons souvenirs des gens de Guebwiller qui nous ont accueillis, pas le genre et les assistants repiqués des complexes hôteliers habituels, ou employé d’un office de tourisme. Toutes les personnes d’accueil ont prouvé affable et aimable. Beaucoup ont promis de venir nous rendre visite, ce sera un plaisir d’être en mesure de revenir, et puis il est à nous d’agir comme guides.

EROICA


fanini

La mia bici mai usata, e prima o poi …….

EROICA

In questi giorni mi è capitato fra le mani un settimanale con uno splendido articolo sulla Eroica. Questo il sito ufficiale : http://www.eroicagaiole.it/
Si tratta di una gara ciclistica alla quale quest’anno parteciperanno 6.000 iscritti.
Tutti gli anni mi ripropongo di partecipare, poi mi dimentico o sono preso da altri impegni.
Del resto è in concomitanza con la settimana delle escursioni della francigena e ….non si può fare tutto.
Qualche settimana fa sono stato in bicicletta in quelle zone dell’Eroica.
Ho visto i cartelli di colore marrone che segnano il percorso nei dintorni del Castello di Brolio.
C’erano schiere di stranieri. Scendevano dai minibus e si fiondavano ad assaggiare il ben noto Chianti.
Ho visitato un piccolo paese vicino, conta circa 200 abitanti, ben quattro ristoranti e nemmeno un bar.
Sembra che l’ultimo bar sia stato trasformato in ristorante perché ai gestori non garantiva un reddito sufficiente.
In uno dei ristoranti chiedo un caffè, poi vedo dei dolci invitanti e…. un dolce ci sta sempre bene.
Volevo riposarmi un po’ dopo un trentina di km di colline in mountain bike e un panino portato da casa e consumato nel parco del paese.
Con il gestore ci mettiamo a parlare della gara “Eroica”.
Mi racconta che un americano viene ogni anno a fare il percorso, si ferma nel piccolo paese e al suo ristorante.
Tutti quelli che “arrivano”, vincono una bottiglia di vino.
L’americano regala la bottiglia al gestore del ristorante, chiaramente vuota.
Su un ripiano ce ne sono molte esposte, sono dei produttori locali di Chianti Classico.
Quella zona è la linea di confine tra il Chianti Classico e il Chianti Gallo Nero.
E…… non può mancare la storia dell’origine dei due nomi….. eccola ! :

“Le origini di questo simbolo si possono ritrovare in una leggenda che narra delle rivalità tra i Comuni di Firenze e Siena, dovute alla contesa per il possesso del territorio chiantigiano, nel periodo medievale. Per porre fine a questa guerriglia interminabile e senza risparmi di sangue, i due comuni decisero di affidare la definizione dei propri confini ad una prova tra due cavalieri, uno con i colori di Firenze ed uno con i colori di Siena. Tale confine sarebbe stato fissato nel punto dove i due cavalieri si fossero incontrati partendo all’alba dalle rispettive città, al canto del gallo. I senesi allevarono e rimpinzarono di cibo il loro gallo bianco, convinti che all’alba questo avrebbe cantato più forte, mentre i fiorentini scelsero un gallo nero che lasciarono quasi completamente a digiuno. Il giorno fatidico, il gallo nero fiorentino, morso dalla fame, spalancò l’ugula e cominciò a cantare prima ancora che il sole fosse sorto, mentre quello bianco, senese, era ancora gonfio di cibo.
Il cavaliere fiorentino, svegliato di buon ora dal suo gallo, si mise subito al galoppo, percorrendo così più strada del suo rivale: quasi tutto il territorio del Chianti fu quindi annesso alla Repubblica gigliata. Leggenda o meno, la Lega del Chianti, autentica alleanza militare, creata dalla repubblica fiorentina, per unire le popolazioni dei villaggi chiantigiani in difesa delle loro terre, il cui primo statuto risale al 1384, scelse come emblema il Gallo Nero in campo oro.”

Il ristorante a gestione familiare è carino, una terrazza panoramica si affaccia sulla vallata completamente coperta da vigneti.
Intorno ci sono alcune damigiane di vetro non rivestite, sono state riempite di tappi di sughero delle bottiglie di vino. Sono luoghi “molto pittoreschi” come avrebbe detto Montesano nell’imitazione di una gentildonna inglese, ma….. sono i nostri luoghi.
Tra pochi giorni ci sarà ancora una volta una “Eroica”.
Ho tutto il necessario per gareggiare.
Ci vuole una bici “vintage”, ce l’ho ! E’ quella nella foto.
Si tratta di una Fanini degli anni ’60 con il cambio originale “Campagnolo”.
Comprata usata e mai usata davvero.
Prima degli Shimano noi italiani eravamo apprezzati costruttori di biciclette, con la Bianchi e altre marche famose.
Ci sono rimasti i ricordi e certe gare per farci ricordare.
Il prossimo anno voglio gareggiare anche io, o magari organizzare una gara dalle mie parti, perché il vino buono ce l’abbiamo anche noi, le colline non mancano e se viene gente una bottiglia piena di vino buono si guarda di dargliela ! Non sarà il famoso Gallo Nero, ma sempre buon vino è.

IL PROGETTO


habitat

Avevo promesso di tradurre l’articolo dei blogger francesi, dopo quasi 40 anni dalla fine dei miei percorsi scolastici non è facile tradurre in modo impeccabile, forse non ero molto bravo nemmeno a scuola. Ora c’è google e altri programmi che ci danno una mano.
E mentre mi adoperavo a tradurre gli amici francesi pubblicano il loro progetto in inglese !
Non ce la posso fare !!!

ecco il link al blog attuale, in lingua inglese :
https://coupdepoucepourlaterre.wordpress.com/english/the-project/

e qui di seguito l’articolo tradotto e l’orginale postato tempo fa in lingua francese
e….. quando imparo a mettere le lingue nel blog vi faccio un fischio !!!!!!

Progetto

Il viaggio che noi stiamo intraprendendo mira a soddisfare progetti avendo tratti al concetto di sviluppo sostenibile europeo. La nascita di questo progetto è dovuto alla nostra sensibilità per i diversi movimenti come quello della transizione da Rob Hopkins, uno del deperimento o addirittura felice sobrietà di Pierre Rabhi, ecc. Vogliamo incontrare, per arricchire e condividere le idee di queste persone in cerca di coerenza tra la loro vita, il loro lavoro e questioni ambientali attuali.

Questi progetti riguardano ambiente così com’è , agricoltura, energia, cibo, salute, economia, vita in comunità ecc.

I governi si coprono il volto rispetto al clima, cosa ne pensano i cittadini? Troppe decisioni politiche sono gestite da pochi grandi gruppi ultra ricchi senza etica, agricoltura, sanità, energia ecc sono le vittime principali, ma cosa ne pensano i cittadini? Crediamo che le soluzioni debbano venire “dal basso”, quindi cerchiamo di incontrarli.

Il coraggio di questi pensatori ci interessano molto di più che le ultime notizie di un governo che, di interferenza, vorrebbe governare una nazione, un continente o addirittura un pianeta. Il territorio deve essere più importante proprio ora! I progetti che visitiamo sono connessi al loro territorio, servirà a lui e viceversa.

Gestione da parte dei cittadini direttamente in un dato territorio!

Nell’ambito di questi progetti, come sono tutti i problemi attuali? Vogliamo essere osservatori dall’ interno e testimoniare. In questi progetti, gli stessi problemi sicuramente saranno in primo piano, che sarà solo arricchire e diversificare le risposte a queste domande, ognuno sarà in grado di trovare il cibo ai suoi pensieri. Tale ispirazione è originata dalla nostra testimonianza, in modo che siamo attenti e critici nelle nostre descrizioni. Se i luoghi visitati desiderano fuggire dal sistema omogeneo occidentale, come fanno? Reinventare quindi economia, cibo, energia, istruzione, lavoro, comunità? Come fluiscono i loro pensieri? Quali sono le priorità?

Inoltre, i nostri studi ci hanno portato a un certo livello di conoscenza e ci consentono di qualificare le posizioni di copertura preferite in agricoltura, linee guida di gestione forestale, ecc., ma non sappiamo nulla dei lavori verso i quali orienteremo i nostri sforzi ed è abbastanza insopportabile! Sarà necessario anche per noi imparare ad utilizzare le nostre mani e conoscere i mestieri per cui abbiamo a volte decisioni da prendere. La cultura è principalmente manuale.

Tra questi progetti iniziatori di un nuovo mondo, qualche conoscenza continua dopo secoli di sviluppo. Queste pratiche sono attualmente schiacciate da un’omogeneizzazione dettata da livelli gerarchici superiori. Ignoranti o ciechi per la meravigliosa diversità e l’immensa necessità di queste pratiche, governi, Europa e loro corruzioni sono immersione nell’oblio durante questi anni di riflessione e di sviluppo. È quindi la maggiore importanza è farle tirare fuori la testa dell’acqua e che le loro voci siano ascoltate. Siamo tutti orecchie!

Le projet

L’objectif du voyage que nous entreprenons est de rencontrer des projets ayant traits au concept de développement durable européen. La naissance de ce projet est du à notre sensibilité pour différents mouvements comme celui de la transition de Rob Hopkins, celui de la décroissance, ou encore celui de la sobriété heureuse de Pierre Rabhi, etc. Nous voulons rencontrer, s’enrichir et faire partager les idées de ces personnes en recherche de cohérence entre leurs vies, leurs travaux, et les problématiques environnementales actuelles.

Ces projets peuvent donc toucher à l’environnement en tant que tel, à l’agriculture, à l’énergie, à l’alimentation, à la santé, à l’économie, à la vie en communauté etc.

Les gouvernements se voilent la face par rapport au climat, qu’en pensent les citoyens ? Trop de décisions politiques sont manipulées par quelques grands groupes ultra riches sans éthique, l’agriculture, la santé, l’énergie etc. en sont les principales victimes, mais qu’en pensent les citoyens ? Nous sommes persuadés que LES SOLUTIONS VIENNENT « DU BAS », nous allons donc les rencontrer.

Le courage de ces penseurs nous intéressent bien plus que les dernières news d’un gouvernement qui par ingérence voudrait régir une nation, un continent voire une planète. Le TERRITOIRE doit avoir plus d’importance dès maintenant ! Les projets que nous visiterons seront ancrés dans leur territoire, le serviront et vice versa.

Une gestion venant directement des citoyens dans un territoire donné !

Au sein de ces projets, comment sont repensés les problèmes actuels ? Nous voulons en être observateurs de l’intérieur et témoigner. Dans ces projets, les mêmes questions seront surement avancées, ce qui ne fera qu’enrichir et diversifier les réponses à ces questions, chacun pourra y trouver alimentation à ses pensées. Que l’INSPIRATION naisse de notre témoignage, donc que nous soyons critiques et minutieux dans nos descriptions. Si les lieux visités souhaitent s’échapper du système homogène occidental, comment s’y prennent ils ? Comment réinventent ils l’économie, l’alimentation, l’énergie, l’éducation, le travail, la communauté ? Comment sont menées leurs réflexions ? Quelles sont les priorités ?

De plus, nos études nous ont menés à un certain niveau de connaissance et nous permettent de pouvoir prétendre occuper des postes où nous déciderons d’orientations de gestion agricole, forestière, etc. mais nous ne connaissons rien aux métiers dont nous orienterons la gestion et c’est assez insupportable ! Il s’agira aussi pour nous d’apprendre à nous servir de nos mains et de connaître les métiers pour lesquels nous aurons parfois des décisions à prendre. La culture est avant tout MANUELLE.

Parmi ces projets initiateurs d’un nouveau monde, certains poursuivent les SAVOIRS de siècles de perfectionnement. Ces pratiques sont actuellement écrasées par une homogénéisation dictées par les hautes sphères hiérarchiques. Ignorantes ou aveugles devant la magnifique diversité et l’immense nécessité de ces pratiques, les gouvernements, l’Europe et leurs corruptions font plonger dans l’oubli ces années de réflexions et de perfectionnement. Il est donc d’importance majeur de leur faire sortir la tête de l’eau et que leurs voix soient écoutées. Nous sommes toute ouïe !

EXPO 2015


spalm beach

foto dal cellulare : cluster cacao e cioccolato “spalm beach” all’interno di EXPO 2015

EXPO 2015

Una giornata all’expo 2015 a Milano è come l’assaggio di un cibo nuovo.
Non ne conosci il sapore, te l’hanno descritto, lo puoi immaginare.
Una volta dentro sta al visitatore giudicare, valutare, accettare, ricevere, condividere la miriade di proposte in merito ad ambiente e cibo.
Ieri ho impiegato il tempo a disposizione nella modalità random, incuriosito da tutto.
Mi sono un po’ pentito di non essermi preparato con una pianificazione accurata delle visite ai padiglioni.
Prima di partire ho cercato in rete indicazioni su percorsi consigliati, o padiglioni suggeriti. Non mi sono impegnato molto e alla fine mi sono adattato ad esplorare con molta improvvisazione.
L’intento dell’EXPO è lodevole, non è poco solo chiedersi cosa sarà del nostro pianeta o come affronteremo le sfide imposte dall’esaurimento delle risorse. L’interesse che ne consegue è molto alto.
In Italia abbiamo per diversi mesi una mostra con nazioni partecipanti da quasi tutto il mondo.
Ogni nazione, in modo diverso, racconta nel proprio spazio espositivo la sua storia, il rapporto con il cibo, con il proprio clima, l’utilizzo delle risorse.
Attraversare i padiglioni è come viaggiare nel mondo standosene a casa.
Con proiezioni video, presentazioni multimediali, assaggi di cibo, esplorazioni sensoriali possiamo immergerci in realtà molto lontane da noi.
Il viaggio in autobus di circa 10 ore mi concede circa 7/8 ore per la visita.
Tanto o poco quello è il tempo a disposizione.
Il viaggio di domenica non gioca a favore, infatti nei giorni festivi ci sono molti visitatori.
Nonostante l’ingresso agevole ai tornelli completamente automatizzati, all’interno molte persone si accalcano in file al sole nei padiglioni più o più gettonati.
Quasi due ore di fila per la visita al padiglione Italia e una stragrande maggioranza di visitatori italiani mi fanno pensare a cosa mi posso aspettare da Expo.
Quando faccio un viaggio all’estero non cerco la pastasciutta o la pizza, allo stesso modo in Expo la mia scelta è sulla varietà, quindi non mi metto in fila per Italia e nemmeno per la Germania.
Decido che è meglio vedere dieci padiglioni che stare ore sotto il sole, non posso sapere cosa perderò, ma son venuto ad assaggiare e voglio poter visitare più cose.
I padiglioni visitati sono stati molti, interessanti, suggestivi, specie il padiglione Zero, molto bello quello dell’Austria, particolare Arabia Saudita, degno di nota Israele, volevo vedere il Nepal, era chiuso, a breve riusciranno ad aprirlo, sembra avesse problemi strutturali e non mi riferisco al terremoto !
Degno di nota per quanto mi riguarda è quello della Thailandia.
La fila è stata di venti minuti, la più lunga di tutte, ed è valso veramente la pena.
Ogni gruppo di visitatori (120 ? boh? ) passa in tre grandi sale e una voce narrante in cinque minuti per ogni sala racconta con immagini e video delle foreste tailandesi, della pesca, allevamento ecc.
Il racconto della loro storia è emozionante.
Le attività intraprese dal loro re (alla guida del paese dal 1946) a favore dell’ambiente, dell’agricoltura risuonano come elemento di orgoglio nazionale.
Ogni attività umana in ogni paese si deve confrontare con i leader di quel paese.
Con riferimento alla Thailandia (prima si chiamava Siam) la dinastia che lo guida è la dinastia Chakri, dal 1782.
Mi sono documentato sulla loro storia e fra il 1932 e il 1958 la Storia della Thailandia è caratterizzata da sette colpi di Stato e sei diverse Costituzioni. Questi eventi rafforzano l’oligarchia militare al potere e alimentano una tenace opposizione interna, portando infine alla rivolta degli studenti thailandesi nell’ottobre del 1973. Fino agli anni ’90 si alternano colpi di Stato e nuove Costituzioni, finché nel 1992  la democrazia è ristabilita a pieno titolo attraverso libere elezioni, e la nascita dell’attuale ordinamento costituzionale. Nel settembre del 2006 si segnala un ultimo colpo di Stato pacifico, con il quale si destituisco l’impopolare ex primo ministro Taksin. Indubbiamente la Thailandia è un Paese che mira verso un sistema sempre più democratico e stabile, al centro della quale si trova la nuova e ispirata Costituzione Thailandese.
Nell’ultimo filmato all’interno del padiglione expo il loro Re rappresenta la loro storia vista in positivo. Non sono mai stato in Thailandia.
Voglio immaginarla come un paesaggio fantastico ben interpretato da Jodie Foster nel bellissimo film (non l’ho ancora recensito)“ANNA AND THE KING” di Andy Tennant del 1999.
Mi piace molto anche la relazione della Thailandia con l’ambiente, mirata alla salvaguardia e tutela dell’immenso patrimonio di biodiversità. Apprezzo il loro intento e si diversifica da quello di altri espositori limitati più alla visibilità o la ricerca di nuove relazioni commerciali.
I Thailandesi sono coscienti di essere i custodi di una enorme ricchezza e cercano di gestirla al meglio.
All’uscita del padiglione c’erano i prodotti tipici, era l’ora della merenda e ho assaggiato un gelato al cocco. Se ci andate, dovreste assaggiarlo, non ha niente a che vedere con il cocco noto in Italia.
Ancora oggi li ringrazio per i magnifici momenti che mi hanno regalato.
Ah ! Il gelato si paga nel padiglione, poi non dite che non vi avevo detto che era gratis !!!!