AVVENTURE ESTIVE


caccia al tesoro

img dal web

AVVENTURE ESTIVE

Non avete mai desiderato in una vacanza di visitare luoghi sconosciuti ?
Ve li hanno suggeriti come necessari, della serie, non te lo puoi perdere !
E allora vai ! Invece di starsene a palle ciondoloni ammaliato dalle mille attività del residence ecco la lampadina a basso consumo, inaspettata, si accende, e rivela la fonte di desideri sopiti, la scoperta di luoghi decantati e imperdibili.
Quell’anno eravamo in vacanza con amici in un residence. Ci consultammo, Perché non andare a cena alla sagra paesana nello sconosciuto borgo nell’interno ? Perché no ?
Di notte poi potrebbe essere suggestivo, forse molto meglio che di giorno.
Gli amici non vollero venire, per non imbarcarsi in avventure strane.
Il cuore in subbuglio, un po’ turbati decidemmo di perdere la misteriosa caccia al tesoro notturna nel residence e andammo a cena nel borgo.
Certo avere un borgo nelle zone limitrofe del residence e non averlo nemmeno visto sembra di non essere nemmeno stati in vacanza.
Prima del calar del sole io la mia lei, dopo aver condiviso questa decisione, partimmo in auto diretti al luogo magico (così speravamo).
Il navigatore taroccato installato nel cellulare si interfacciò in modo eccellente alla primordiale antenna esterna gps. Ormai perfettamente calato nelle tecnologie di comunicazione avevo da tempo abbandonato le mappe cartacee del touring. Non immaginavo che fossero dietro l’angolo a chiedere vendetta, tremenda vendetta.
Il navigatore all’andata mi guidò in modo egregio al paesello e dopo circa un’ora di viaggio arrivammo nel pieno entroterra.
Bellissime foto del paesaggio, panorami mozzafiato prima del calar del sole ci fecero credere di aver fatto una ottima scelta.
Non tutte le ciambelle riescono con il buco. La festa paesana nient’altro che una festa religiosa ed era tutto finito. Il prete impartì una sonora benedizione alle poche anime ed ai rari turisti come noi, e… tutti a casa. Allora cercammo un ristorante nel paesello.
Ce n’era uno solo, ed arrivati lì dopo il lungo viaggio, la fame non mancava, ci mettemmo a leggere il menù. Tacchete ! Arrivò un tizio vestito un po’ da cameriere e ci apostrofò gli orari del ristorante, apertura alle 21.30 ! Sapete qui la gente arriva tardi, perché vanno al mare, e siccome è lontano, tornano quando fa notte e quindi cenano molto tardi.
Non eravamo arrivati all’ora dei tedeschi. Per chi non lo sapesse, piombano nei ristoranti alle 19.00 famiglia appresso, vogliono mangiare subito e non gli dai nulla ti rosicchiano anche le gambe dei tavolini.
Noi, arrivati alle 20.30, avevamo da allungare il collo per un’altra ora.
Dopo queste informazioni, una breve consulto, ma la risposta era già nella domanda.
Nel raggio di 30 km non c’era nulla, solo montagne e quindi poche alternative. La cena, dopo lunga attesa, arrivò e non era nemmeno il massimo, ma la fame è fame.
Quindi appena cenato ripartimmo per fare ritorno al residence. Per arrivare in quel luogo sperduto avevamo quasi esaurito la benzina. Nel viaggio di ritorno la benzina finì davvero.
Non riuscivamo a trovare distributori per strada, ce la vedemmo davvero brutta.
In quella strada non passavano molte auto, poi finalmente ne passò una, ci vide in difficoltà e si fermò. Per fortuna avevo la stagna dell’acqua nell’auto. Il proprietario dell’auto ci suggerì di prelevare un po’ di benzina dal suo serbatoio utilizzando un tubicino di plastica.
Non mi era mai successo di rimanere a secco e non ero esperto di sifoni.
Il tizio consegnò a me il tubicino, aprì il serbatoio della sua auto, e mi invitò a succhiare la benza e una volta attivato il sifone riempire la stagna.
Come potrete immaginare la benzina arrivò, ma da inesperto qual ero, mi spruzzò in gola. Non fu una bella esperienza e mi ha lasciato brutti strascichi, infatti nelle notti con incubi mi sveglio ancora di soprassalto e la prima cosa che faccio è muovere la lingua per capire se c’è benzina sparsa sulle papille gustative.
Quindi versata la benzina nell’auto e scongiurato l’addiaccio nel poetico luogo dell’entroterra, ripartimmo. Demmo 5 euro al tizio generoso e lo ringraziammo per la disponibilità.
Il tizio ci dette anche delle indicazioni, ma dopo la seconda ci eravamo già persi, dicemmo ok di aver capito, tanto io contavo sul navigatore.
Ma ecco che il navigatore già surriscaldato, mi abbandonò, le mappe non ce l’avevo, di buio non si vedeva una mazza e di cartelli stradali neanche l’ombra.
Come quando ti sei perso e vedi una macchina davanti, e pensi che quella ha la tua stessa destinazione, che fai ? La segui !
Lì non avevamo nemmeno auto da seguire, l’unica cosa che potevamo fare era di percorrere una strada e sperare ci portasse ad un bivio dove potessimo sperare di capire dove ci trovavamo.
La strada però finì, dopo un quarto d’ora di strada ci trovammo con un cumulo di terra nel mezzo e finalmente un esplicativo cartello di “strada interrotta” (questo l’avevamo capito).
Cominciò il sudore freddo, intanto era mezzanotte, non c’era il minimo accenno alla strada percorsa all’andata, il residence ben lontano.
La mia lei accennò un forse era meglio se si rimaneva alla caccia al tesoro.
Ricacciai dentro moccoli e altro, ogni possibile fuoriuscita di rabbia, mi pareva di avere l’aureola sopra la testa. Mi ripetevo che prima o poi si tornerà al residence, non ci dovevamo preoccupare troppo.
Non sapevo se sputare fiamme come draghetto o mettermi religiosamente a pregare con la mia compagna, che non ci succedesse nulla.
Qualche malintenzionato in quelle terre dimenticate da Dio ci avrebbe potuto scambiare come una benedizione per la loro estrema povertà e ripulirci del denaro e di tutto quel che avevamo con noi. Ho saputo solo dopo che era successo giusto una settimana prima a dei turisti capitati in quelle zone.
L’arrivo al residence dopo un paio d’ore di guida ci dette la sensazione di baciare terra come Colombo.
Ah ! Mi dimenticai di guardare il contachilometri, chissà quanti ne facemmo per tornare al residence quella notte ! La caccia al tesoro intanto era finita, il nostro tesoro quella notte era tornare al residence salvi.

EX FERROVIA SPOLETO-NORCIA


ex ferrovia spoleto norcia

foto scattata con tablet Samsung
trasportato con cura nelle borse del portapacchi
della MTB

EX-FERROVIA SPOLETO-NORCIA

Non è mia abitudine narrare prodezze di certe avventure in MTB, ma questa la voglio raccontare.
L’idea è nata da una notizia visualizzata su facebook dell’inaugurazione del percorso della ex-ferrovia Spoleto-Norcia.
Pianificare il viaggio non è stato facile, non volevamo tornare all’auto con lo stesso percorso.
Percorsi alternativi si inerpicavano in montagne non molto accessibili, non c’erano molti percorsi alternativi.
Dopo aver analizzato la cartografia, le pendenze, abbiamo determinato il “senso” del percorso e cioè di lasciare l’auto a Spoleto e andare in bici a Norcia.
Un percorso di 60 km si può anche fare da soli, ma se si è in compagnia è meglio.
Si parte dalla Toscana di buon ora e si arriva a Spoleto verso le 10.30, ma ci vuole quasi un’ora prima di capire dove parcheggiare, allestire le bici con il necessario e….trovare l’imbocco della famosa pista ciclabile.
Il terreno della pista è con fondo sterrato, ghiaia, e per un tratto di 8 km è la statale, infatti si deve abbandonare la ex-ferrovia prima di Case Volpetti, al terzo tratto della ex-ferrovia.
Non è facile descrivere i paesaggi percorsi dal treno fino al 1968.
Da Spoleto in pochi km sale da 300 mt a 600 mt fino a Santa Anatolia di Narco.
Tra gallerie e viadotti si aprono squarci di cielo e di verde di boschi e pianure.
Le gallerie sono abitate da qualche pipistrello che impaurito esce dal buio e ci rientra subito dopo.
Quando si entra in una galleria la prima cosa si guarda il numero di metri. Ce n’è una veramente lunga e dentro è freddo, in compenso il fondo è buono, e con un buon faro si può percorrere in velocità.
E’ opportuno coprirsi adeguatamente nelle gallerie lunghe. Ho attraversata quella da due chilometri in maglietta a mezze maniche e all’uscita ero come assiderato, son rimasto cinque minuti fermo al sole come le lucertole.
Una volta ritornati alla altitudine di circa 300 s.l.m. si inizia a costeggiare la Nera. La Valnerina ha lo stupendo fiume con acque pulitissime e si percorre prima a sinistra poi a destra per molti chilometri.
Durante il percorso incontriamo persone che erano arrivate fino a Borgo (fine secondo tratto) poi la scoperta del perché non avevano continuato.
Il terzo tratto è interrotto prima di Case Volpetti, per fortuna un contadino che ci indica come uscire dal percorso della ex-ferrovia.
Quando la strada si interrompe e sale verso la statale, si arriva ad un cancello verde legato con un filo, lo si attraversa, si arriva alla statale e una volta percorsi 8 km si arriva a Serravalle.
Dopo tanti km di sterrato la strada asfaltata risulta più veloce, ma ci sono molti mezzi pesanti, gallerie poco illuminate, superato quel tratto, ecco Serravalle.
I guai non sono finiti. Nel piazzale di Serravalle, davanti alla fermata dell’autobus un grosso foro alla mia bici ci ferma per una mezz’ora, vani i tentativi di gonfiare la bici, ci vedono costretti ad usare la bomboletta di gas per le riparazioni immediate.
La ruota si gonfia bene, si riparte, ancora sei km per Norcia, ma sono le 19.30 e sono già quasi 8 ore di pedalata quasi ininterrotta a parte la pausa per il pranzo con panino.
Sono le 20.15 finalmente l’arrivo a Norcia, ma il bed and breakfast è a un chilometro da Norcia, in salita.
Non ci voleva l’ultima salita dopo 60 km. Le gambe si sono indurite, il fiato diminuisce, è Martedì, siamo in Italia, quando si fa festa, fanno tutti festa. Nel paese di Norcia quasi tutti i ristoranti sono chiusi. Non ho voglia di salire nelle campagne fuori Norcia e scendere di nuovo alla ricerca di un altro ristorante per poi salire di nuovo a tarda notte.
Le mie gambe non sono abituate a stress come quello di 52 km di sterrato e 8 di fondo stradale, ognuno ha i suoi limiti.
Conosco coetanei che non farebbero nemmeno 10 km in bici, getterebbero la spugna, mentre altri ne farebbero anche 100 senza battere ciglio.
Io sono in mezzo, con le mie lonze laterali, mi sono avventurato in questo percorso e accetto di buon grado un piatto di lenticchie, pane, un poco di affettato e frutta a volontà, offerto dalla proprietaria del bed and breakfast.
Spero nel secondo giorno, dovrebbe essere più leggero, ma…. Chissà !
I letti sono confortevoli, arriva un sonno riparatore.
Il tempo regge, la mattina successiva qualche goccia d’acqua.
Quello che conta è il vento. Nessun timore per l’acqua. L’acqua la portano i venti dal nord. Rimetto a posto il k-way, non serve.
Il riparatore di bici, motoseghe e decespugliatori mi spiega che il vento dal sud porta la sabbia dal deserto, le auto saranno irriconoscibili, con una patina giallastra/polverosa.
Dopo alcune peripezie linguistiche nel dialetto umbro, acquisizione di detti e pensieri del tecnico riparatutto di Norcia la bici è riparata, compro una camera d’aria di scorta e un’altra bomboletta “non si sa mai”, siamo quasi pronti, acquisto di panini e relativo ripieno.
Dopo un breve giro di Norcia, patria di norcini, visita di negozi di salumi con le abilità nel lavorare le carni di maiale, siamo pronti.
Partenza da Norcia alle ore 11.00 direzione Cascia, passando ancora da Serravalle.
Tra strada della ex-ferrovia e strada statale non ci sono in tutto più di 25 km. Arriviamo prima delle 13 a Cascia. Preciso per la pausa pranzo-panino.
Ci dividiamo, l’amico con migliore preparazione atletica vuol arrivare a Roccaporena, io ho già dato e non me la sento. Rimango a Cascia. Voglio visitarla per bene.
Allora vado alla basilica di Santa Rita, poi arrivo anche alla Rocca, ci sono un paio di km in salita tremendi, ma non scendo, ce la posso fare.
L’amico biker intanto è arrivato a Roccaporena, peccato che il tempo è tiranno e non riesce a vedere bene né Cascia né Roccaporena. Ci ritroviamo finalmente dopo il pranzo a panini circa alle 14.30.
Abbiamo due opzioni : prendere l’autobus con portabici delle ore 16,13 attivato alla fine di Marzo dalla azienda delle Ferrovie che ha preso in gestione Umbria-Mobilità, oppure aspettare quello delle 18.30 che però arriva a Spoleto alle 19.15.
Ma…. che ci facciamo ancora a Cascia o Serravalle fin dopo le 18.00 ?? E cosa speriamo di vedere alle 19.15 che è quasi buio ?
Da Cascia a Serravalle è discesa, abbiamo anche il vento a favore, le gambe me le sento leggere, si vola, in mezz’ora si arriva a Serravalle, c’è tempo per fare acquisti di salumi e formaggi in un esercizio commerciale bar e alimentari.
E’ buffo, ma è come i motel agip. Se entra dal bar e…. appena preso il caffè non si può uscire dalla porta da dove siamo entrati, occorre passare dal negozio di alimentari, se no come fanno a vendere i salumi ?
Una volta caricate le bici sul portabici dell’autobus ci sistemiamo previo pagamento di una decina di euro a cranio sui sedili comodi del nuovo autobus.
Una chiacchierata con l’autista ci permette di conoscere la storia della ex-ferrovia.
Un parente dell’autista era l’addetto che partiva alle quattro di ogni mattina da Spoleto per percorrere con un carrello da spingere con la forza umana. Doveva arrivare in congruo tempo, togliere ogni masso trovato lungo la ferrovia, e una volta arrivato doveva telegrafare a Spoleto, ok, il treno può partire. Non c’erano telefonini e comunicazioni radio efficienti, bisognava arrangiarsi.
Il percorso Spoleto-Norcia serviva per il trasporto delle bestie da macello, del legname e altri prodotti. Nel 1968 la ferrovia è stata chiusa in quanto ritenuta non gestibile per gli alti costi e scarso utilizzo da parte dei cittadini delle zone limitrofe.
L’autista ci conferma le fatiche degli abitanti di quelle zone ai piedi delle montagne dei Monti Sibillini. Hanno scavato quelle gallerie a colpi di piccone in anni difficili. Portato via pietre su pietre e predisposto viadotti in posizioni molto ardite. La ex-ferrovia realizzata con lo “scartamento ridotto” si può tranquillamente definire una ferrovia “alpina” per le pendenze e per il periodo in cui è stata progettata (oltre 100 anni fa).
Dalle 16.13 arriviamo prima delle 17.00 a Spoleto, c’è tempo per visitare la città diventata nuova residenza di “Don Matteo”. Non guardo la televisione, non lo sapevo, e ci racconta l’autista che ora a Spoleto arrivano molti turisti curiosi e desiderosi di visitare la ridente cittadina. Gli abitanti di Gubbio si son visti togliere una fonte di entrate da turismo.
Spoleto è in effetti una bella città, fruibile, pulita, gli abitanti sono gentili, ci danno le informazioni necessarie per visitare agevolmente i maggiori punti di interesse.
C’ero stato molti anni fa, non me la ricordavo, in poche ore non si può vedere tutto, forse ci ritornerò.
La cena in un ristorante tipico chiude in bellezza una breve vacanza di due giorni e 120 km in MTB da ricordare.
Le gambe indolenzite anche dopo alcuni giorni mi ricordano che ce l’ho fatta.

p.s. tutte le foto più belle visibili nel profilo FB

PRESENTAZIONE LIBRO C/O SEZ. SOCI COOP


Domani alle 16.30 presso la Sez. soci Coop di EMPOLI
http://www.coopfirenze.it/centri-commerciali/centroempoli
ci sarà la presentazione del mio libro.

Questo articolo è per coloro che non usano facebook.

Ho creato un evento su facebook eccolo :
https://www.facebook.com/events/1051042711655168/

DESTINO


fato e destino

Img dal web

DESTINO

Dicono
che il nostro percorso
è già scritto
nel libro del destino

Non ne conosciamo
la lunghezza
la difficoltà
la durata

puoi scegliere le scarpe
anfibi militari con impronta profonda,
espadrillas cenciose e morbide
scarpe da trekking

paura ?
di un percorso aspro
di sassi, pantano, fango, strade asfaltate,
di sabbia rovente, ghiacciai scivolosi

e che dire della solitudine,
cercherai un compagno di viaggio ?
O procederai da solo lento, deciso e
calcherai quelle orme predestinate

potrai fermarti o tornare indietro ?
Ai bivi con quali criteri sceglierai il percorso ?
Lo sai
sarà inutile pensarci troppo

il percorso è già segnato
determinato
in ogni sua parte,
inesorabilmente.

TARDI


tardi

Img dal Web

TARDI

Tra i numerosi capolavori della letteratura sono degni di nota quella tipologia che vorrei raggruppare sotto il nome di “testimonianze”.
Non me ne vogliano gli autori, non vuol essere una espressione riduttiva. Le fonti di ispirazione sono tante. La storia più o meno recente fornisce agli scrittori storie di stragi, guerre, barbarie di ogni tipo.
C’è un ordine in tutto ciò. Prima ci sono gli annunci delle stragi, c’è sempre qualcuno che avverte, come è successo con gli ebrei, poi la strage o la guerra. Dopo anni gli scrittori documentano con tristi storie i tragici eventi.
Ogni volta chi legge può chiedersi se tutto ciò poteva essere evitato, e perché sia stata necessaria tanta barbarie.
Domande senza risposta.
Tutto sembra essere inevitabile, come la vita e la sua fine.
Rileggo le vicenda degli Hutu contro Tutsi nel genocidio del Ruanda (500.000 morti nel 1994), la strage delle torri gemelle, e alcuni giorni fa il libro “I ragazzi di zinco” di Svetlana Aleksievic.
Di quest’ultimo libro, ogni pagina letta cerco delle righe di umanità, non voglio credere che tutto il libro possa essere così, devo accettare questa eventualità. Mi sento inerme quando scopro che ogni storia ricalca quella modalità degli anni 80, il russo invasore dell’Afghanistan e nessuna pietà per quei ragazzi chiusi nelle bare di zinco.
Un rammarico mi rimane.
Dover leggere queste storie solo troppo….. tardi.