L’ALBERO


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L’ALBERO

Siamo stati educati fin da piccoli al rispetto di quanto abbiamo intorno a noi, imparando a nostre spese regole e leggi.

Talvolta le abbiamo scavalcate, altre ci siamo adeguati alle necessità.

Come alberi ci hanno messo tutti in fila, eravamo troppo impegnati a superare l’altro, prendere più luce. O luce o morte. Sviluppo a tutti i costi.

Oppure ci hanno relegato su una collina. Sole, vento e intemperie senza nessuna protezione e allora è stato difficile resistere, ma dalle debolezze nascono forze incredibili, e siamo diventati come gli alberi isolati, tozzi e robusti.

Tanti luoghi diversi ci hanno permesso di crescere, tanti contatti hanno stimolato la nostra crescita.

Il cambio delle stagioni ci regalava forme nuove, frutti prelibati da offrire a chi poteva cogliere il nostro prodotto, il nostro modo di essere al mondo.

Ci siamo costruiti il nostro giardino preferendo alberi simili o totalmente diversi.

Quindi, eccoci qua.

Alberi radicati in un territorio ben definito, circoscritti in un terreno con piante simili, tutti protesi a cercare luce, vita, sviluppo, armonia.

Più osservo gli alberi e più mi sento come loro.

Riesco a cogliere i loro segnali.

Una crescita eccessiva della chioma in un castagno centenario determina ombre a piani inferiori, si rompe l’armonia, il castagno muore se non interviene l’uomo a potare quelle fronde altissime perfino a 25 metri.

Un ramo che si spezza, segno di debolezza, certe volte evento necessario ad una crescita armonica.

Infine una eccessiva fioritura, segno di morte, come se in extremis quella pianta volesse lasciare traccia di sé.

Una concimazione eccessiva per ottenere molti frutti spesso causa bruciature nelle foglie, si accartocciano o diventano troppo verdi e quindi troppe foglie niente frutto.

Mi accorgo sempre di più che come loro tendo al naturale, sulla mia esperienza personale mi rendo conto che tutte le forzature portano a risposte negative nel nostro corpo, nel nostro spirito, nei rapporti con gli altri.

La naturalezza, un virus bellissimo, ma pericoloso, si è insinuato nel mio modo di essere e guiderà prepotentemente la crescita delle mie relazioni e dell’interiore per i prossimi anni della mia vita.

GOCCE GEMELLE


gocce

img dal web

GOCCE GEMELLE

Siamo come delle gocce, e prima di diventarlo davvero, magari c’è voluto anche tanto tempo.
Dall’unione di tante gocce si formano acque fresche pronte a dissetare i bisognosi, acque che lavano, purificano, irrigano, detergono.
Poi altre gocce si fanno prendere dalla fretta, spinte da eventi che non possono controllare, seguono canali impetuosi, provocando danni incalcolabili.
Mi sono trovato, goccia nel mio paese, a riunirmi ad altre gemelle e ancora altre venute da lontano, ed è stato bellissimo quando ho scoperto che certe gocce sono intelligenti, disponibili, ma soprattutto si forma empatia fra le stesse.
Un’introduzione forse fuori luogo per parlare di gemellaggio tra paesi, un’attività che può sembrare marginale, ma che per pochi giorni, nel mio paese ha impegnato molti amici.
Ci siamo trovati a ricambiare l’ospitalità del viaggio effettuato in Marzo, in Francia, nella città alsaziana di Guebwiler, e liberati da ogni dosatore e senza pensare a quanto avessimo ricevuto, ci siamo preoccupati di dare informazioni, indicazioni, guidarli alle eccellenze del nostro patrimonio artistico, le nostre attività produttive, la gastronomia, la cucina, l’economia.
Sono rimasti molto contenti, ce lo hanno confermato nell’assaggiare i prodotti della cucina toscana, o ammirare i paesaggi della campagna toscana, le ville, i castelli, le chiese, i musei, i prodotti dell’industria locale.
Molte sono state le domande, da queste è emerso il confronto, quando ci si confronta si possono apprezzare percorsi diversi dal nostro se conducono a soluzioni migliori.
Un componente del gruppo francese spesso si animava di un mantra :
– non esistono problemi, esistono soluzioni ! –
Abbiamo confrontato le caratteristiche e peculiarità dei due paesi come i ragazzi quando confrontano le collezioni di figurine e riescono a completarle con gli scambi.
Come se ognuno dei due paesi avesse dovuto ultimare un enorme puzzle senza conoscere il disegno definitivo.
Il fatto di conoscere ed apprezzare altre culture non ci deve distogliere dal dimenticare la nostra identità.
Su questa prima di tutto occorre riflettere.
Allora prima di pensare quello che ci divide (e mi riferisco a idee politiche, razziali, antipatie personali) occorre mettere in campo ciò che unisce.
Solo quando queste barriere saranno abbattute si potrà parlare, confrontarsi e allora le gocce potranno unirsi ancora e formare un’acqua dissetante e corroborante.

GOUTTES JUMEAUX

Nous sommes comme des gouttes, et avant de devenir vraiment, peut-être il faut trop de temps.
Beaucoup de gouttes sont formées par l’union de l’eau fraîche prête à étancher les nécessiteux, lavage à l’eau, nettoyer, rincer, nettoyer.
Ensuite, plus de gouttes se hâter, entraînée par des événements qu’ils ne peuvent contrôler, suivre les canaux impétueux, causant des dommages incalculables.
Je me suis retrouvé, goutte dans mon pays, de se réunir avec d’autres jumeaux, et d’autres encore viennent de loin, et il était beau quand je découvre que certaines gouttes sont intelligents, disponibles, mais surtout il forme l’empathie entre eux.
Présentation peut-être sur place pour parler de jumelage entre les pays, une activité qui peut sembler marginal, mais pour quelques jours, dans mon pays, a commis beaucoup d’amis.
Nous avons dû redonner l’hospitalité du voyage en France, q’on a fait dan le mois de Mars, dans la ville alsacienne Guebwiler, et se débarrasser de tous les doseurs, et sans penser à ce que nous avions reçu, nous étions inquiets de donner des informations, les directions, les guider à l’excellence de notre patrimoine artistique, nos activités de fabrication, la gastronomie, la cuisine, l’économie.
Ils étaient très heureux, nous avons confirmé dans l’échantillonnage des produits de la cuisine toscane, ou admirer les paysages de la campagne toscane, villas, châteaux, églises, musées, produits de l’industrie locale.
Il y avait beaucoup de questions, il est ressorti de ces comparaisons, lorsqu’ils sont confrontés, vous pouvez apprécier des chemins différents de notre si elles conduisent à de meilleures solutions.
Un membre du groupe français souvent animé par un mantra:
– Il n’y a pas de problèmes, il y a des solutions! –
Nous avons comparé les caractéristiques et les particularités des deux pays que les garçons lorsque l’on compare les collections de figurines et parviennent à les compléter avec les échanges.
Comme si chacun des deux pays avaient dû remplir un énorme puzzle sans savoir la conception finale.
Le fait de connaître et d’apprécier d’autres cultures ne doivent pas nous empêcher d’oublier notre identité.
Sur ce premier de tous, il doit refléter.
Donc, avant de penser à ce qui nous divise (et je me réfère à la politique, la race, aversions personnelles) doivent être mis en place ce qui unit.
Seulement lorsque ces obstacles seront démolis vous pouvez parler, discuter, et puis le gouttes à nouveau et se rejoignent pour former une trempe à l’eau et vivifiant.

NATIVI DIGITALI


Toddler playing with laptop
Toddler playing with laptop

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NATIVI DIGITALI E LAVORI SOCIALMENTE UTILI

Non sono un nativo digitale. Sono diventato un abbastanza digitale leggendo i libretti di istruzioni, o gli opuscoli di carta dove spiegano passo-passo come funziona il telefonino o il computer.
Pianino pianino mi son tuffato in questo mondo dove i bambini sono già digitali appena usciti dal grembo materno.
I nativi digitali sono i “millenial” e sono stati denominati la generazione Y.
Noi invece possiamo considerarci immigrati digitali con provenienza dall’analogico.
Chi volesse approfondire il significato di queste parole finora a me sconosciute, (nella rete si trova tutto) e a questi links forse trovate spiegazioni abbastanza approfondite :
http://www.previsionari.it/tag/millennials/
http://wearesocial.it/tag/millennials/
Non ho trovato molti approfondimenti su questo cambiamento epocale dei modi di apprendere.
In molti paesi nemmeno la scuola è stata in grado di gestire questa importante modifica della società.
Alcuni hanno cercato di utilizzare queste nuove potenzialità, ma non è stato facile.
Negli Stati Uniti è nato un movimento denominato Franklin Project con lo scopo di promuovere i lavori socialmente utili e vede positivo l’utilizzo dei Millenial.
Dopo l’11 settembre negli Usa non solo è stato ricostruito quanto distrutto, ma si è rafforzato il senso di comunità eroso nei decenni precedenti.
Nei principi fondanti della dichiarazione di indipendenza c’è infatti il diritto alla ricerca della felicità e non si riferiva al soddisfacimento del piacere privato, ma al diritto di costruire la propria vita all’interno di una comunità forte e vibrante.
Italia abbiamo nuove leggi che consentono di attivare come negli Usa i lavori socialmente utili, ad es. : http://www.vita.it/it/article/2015/07/15/lavori-socialmente-utili-in-cambio-delle-tasse/135946/
Siamo stati abituati a pensare la creatività come qualcosa legato alle predisposizioni artistiche come canto pittura o simili.
Quindi dipingiamo se ci sentiamo di dipingere, cantiamo se ci sentiamo di cantare, oppure scrivere se volete scrivere e qualunque altra cosa ancora. Qualunque lettera sia la vostra generazione (X Y o Z ) sappiate che ognuna di esse ha la necessità di non vedersi reprimere gli istinti creativi.
I nativi digitali sono già pronti per essere creativi, possono farlo in ogni loro attitudine.
Ogni passione si potrà trasformare in un lavoro.
Scegliamoci un nativo digitale e come ad un figlio adottivo dovremo dargli fiducia, forse non sarà facile, questa operazione potrebbe contrastare con i nostri valori.
I vantaggi saranno per entrambi, soprattutto in termini di soddisfazioni personali.
Se poi vi funziona…..fatemi un fischio !!! 🙂

p.s. la splendida foto del piccolo nativo digitale è stata gentilmente “prelevata” senza il consenso dal sito : http://dailystorm.it/2014/09/13/i-5-errori-digitali-i-vostri-pagheranno/
e date un occhio anche all’articolo molto premonitore.

FESTA


festa

Img dal web

FESTA

Quando penso ad una festa, la mia mente evoca momenti spensierati, relax o comunque momenti felici.
L’origine della festa ha radici storiche, la si faceva coincidere con i momenti di riposo o comunque non di lavoro.
Negli ultimi anni è diminuito molto in Italia il numero delle persone che lavorano, e le feste hanno subito un calo di presenze dovuto principalmente al calo della qualità dei contenuti delle feste.
Gli organizzatori, gli enti pubblici o privati hanno destinato minori risorse agli eventi e ne sono risultati spesso dei fallimenti rispetto alle aspettative.
Dal mese di Maggio fino a Settembre di ogni anno in moltissimi paesi si susseguono feste, sagre, mercatini cene in piazza, e se le feste non esistono.. si inventano e….. perché ??
Sono a qui a discernere, rievocare le ragioni della spinta a far festa.
In fondo se non è un giorno di lavoro, se voglio stare insieme ai miei compaesani, se mi voglio divertire, se voglio condividere la gioia di far festa, allora magari partecipano anche turisti stranieri o italiani.
Cosa succede ?
La festa diventa un luogo di incontro di persone con attività diverse.
Si riscoprono i vecchi lavori, gli lavori artigianali e i saperi vengono condivisi.
Ho visto tante feste cominciate per caso…..non finiscono il primo anno !
Se piacciono l’anno successivo vengono rifatte , e anche migliori di prima.
L’anno successivo gli inventori apportano migliorie e se ci sono errori organizzativi vengono risolti.
E una festa può diventare un lavoro !
Per gli organizzatori è abbastanza gravoso pensare a tutto, alla sicurezza, i parcheggi, la pubblicità, i rapporti con i commercianti, le autorizzazioni, il traffico, ma soprattutto combattere con gli ostili al nuovo ed al cambiamento.
Ecco che giovani eclettici, pensionati eruditi, storici appassionati, si tuffano nel passato, analizzano la storia del proprio paese, la passano a setaccio.
La ricerca ha effetti straordinari, si ritrovano feste di centinaia di anni fa e….vengono fatte rivivere, oppure si modificano e reinventano feste del passato, ci si inventa un palio che non esisteva, o si fanno correre le le rane o i ciuchi, o galline e soprattutto i ragazzi si divertono.
Come partono queste iniziative ?
Nei modi più strani, basta un componente della p.a., un comitato di cittadini, o di genitori, associazioni culturali, sportive, religiose, oppure pescatori o cacciatori.
Ricette per una bella festa ce ne sono a volontà.
Possono essere personalizzate da chi le organizza.
Uno degli ingredienti essenziali è la condivisione.
Mi è capitato di osservare feste organizzate da qualcuno e snobbate dal compaesano magari perché di idee politiche o religiose diverse.
La festa è l’espressione di quel che siamo; l’entusiasmo con il quale riusciamo ad organizzarle ne aumenterà la condivisione.
Ho partecipato a cene all’interno di sagre dove il numero dei posti a sedere del ristorante era superiore al numero degli abitanti del paese e vi garantisco che non c’erano ristoratori esterni.
I costi delle sagre paesane sono abbastanza contenuti, alimentano il turismo e comunque la percezione di felicità aumenta la qualità della vita del paese stesso.

E allora….. facciamoci una festa !

Volontariato ambientale: riflessioni


ambiente_albero in mano

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Volontariato ambientale: riflessioni
In questo mondo noi siamo ospiti e come degli ospiti possiamo comportarci in vari modi. Possiamo essere attenti e rispettosi, distratti e un po’ cialtroni o vandali opportunisti. L’uomo nell’ultimo secolo ha modificato in modo determinante il nostro pianeta, il corso dei fiumi, i paesaggi, le strade, le foreste, tutto in nome del progresso e forse anche per voler lasciare una traccia del suo passaggio. E’ cambiata la struttura della società, il modo di lavorare, tante cose sono migliorate, l’alimentazione più ricca ha permesso di vivere più a lungo, con l’aiuto delle scoperte della scienza e della medicina sono state sconfitte molte malattie, è cresciuto il livello d’alfabetizzazione, il benessere, almeno in una certa parte del mondo, si è diffuso. Molti cambiamenti hanno influito sulla vita di ognuno di noi in modo negativo, l’inquinamento, lo stress, le varie forme di violenza sulla persona.
Alcuni cambiamenti hanno interessato in modo determinante l’ambiente.
Ma cos’è l’ambiente?
Ambiente è dove viviamo, ma anche ciò che si usa, si mangia, si beve. Conoscerlo meglio sarebbe utile a tutti, rispettarlo, modificando alcuni comportamenti dannosi, assolutamente opportuno.
Ma per quale ragione cambiare comportamenti ed abitudini? rinunciare alle nostre comodità ? perché dobbiamo fare qualcosa ? chi ci obbliga ?.
Se la società in cui viviamo ci ha fin qui consentito un comportamento egoistico, quale potrebbe essere la giusta motivazione per far “muovere” le coscienze di coloro che da sempre hanno criticato chi opera in modo corretto, chi si adopera per lasciare ai nostri figli qualcosa di più di un pianeta pattumiera, di una terra sconsideratamente sfruttata, violentata e depredata.
Mosso da queste considerazioni, che vorrei definire “umanitarie”, perché credo che chi ama l’ambiente ama anche chi ci vive, nel 1995 insieme con altre persone ho partecipato alla fondazione di un’associazione di volontariato che si occupa di “ambiente”. L’associazione in un primo tempo prosperava, riunioni numerose, molti aiuti d’ogni genere, anche in denaro, lavori prestati gratuitamente, molte idee, partecipazione a corsi in centri specializzati per la soluzione delle problematiche ambientali più comuni, insomma, partecipazione, attivismo, fervore appassionato. Proprio durante uno dei corsi che ho citato intervenne un Avvocato. Egli si chiedeva perché ci fosse il volontariato, a cosa servisse realmente, insomma, cercava di capire perché la gente si riunisse in associazioni di volontariato.
Era naturalmente una domanda retorica, lui sapeva già la risposta.
Il volontariato nasce e si sviluppa quando uno Stato è carente in certi servizi essenziali, allora la coscienza civile si incrementa, si adopera, e fa di tutto per “tamponare” le falle dello Stato, è qui che intervengono le associazioni di volontariato che si organizzano e talvolta fanno meglio dello Stato stesso perché riescono a cogliere in pieno le attese dei cittadini. L’Avvocato continuò a parlare in termini spiccioli: chi dà al volontariato, toglie a qualcun altro, nella fattispecie se si tratta di un padre di famiglia, toglie alla famiglia, e cosi’ via … Anche questo era verissimo, anche solo andare alle riunioni è stato per me un impegno non indifferente, avevo la figlia piccola, sarei stato volentieri con lei la sera, durante il giorno lavoravo fino a tardi e dopo cena non le potevo dedicare nemmeno un poco del mio tempo. Quell’Avvocato aveva ragione !. L’associazione che abbiamo fondato nel 1995 si è sciolta dopo pochi anni.
Potrò in cosi’ poco spazio riepilogare il lavoro effettuato?. Non credo, forse non è nemmeno necessario. Posso però lanciare un appello affinché il lavoro di tanta gente non sia gettato alle ortiche.
Valorizzare il proprio ambiente, ecco quello che ciascuno di noi dovrebbe fare. Integrarsi con l’ambiente, restringere l’ambito delle attività ad un’area precisa ed appoggiare chi da sempre ha lavorato e lavora per valorizzare gli ambiti locali. Non dico che non sia importante devolvere dei soldi al WWF per un programma di salvataggio delle balene, ma come sono lontane le balene dal nostro mondo della Valdelsa !. Quante iniziative da intraprendere nelle nostre zone per fare qualcosa d’utile all’ambiente: la base di partenza per cominciare potrebbe essere quella tentare di lasciare l’ambiente dove viviamo come l’abbiamo trovato. La legge stabilisce che il volontariato non deve sostituirsi alla pubblica amministrazione, non deve esercitare la libera concorrenza con aziende private. Ma allora che cosa deve fare, se poi le pubbliche amministrazioni non condividono i “programmi” che le associazioni riescono a ritagliare nei già ristretti campi d’azione a loro riservati. Per la salvaguardia dell’ambiente ci sono due modi di operare, il primo repressivo, il secondo preventivo. La repressione è un compito che spetta agli addetti, le autorità possono elevare multe, effettuare sequestri. In Italia c’è una realtà abbastanza eterogenea per la vigilanza ambientale. Ci sono delle associazioni di volontariato denominate Guardie Ecologiche in varie regioni d’Italia, a Piacenza, circolano in uniforme, sembrano dei marescialli e chiedono che il Prefetto affidi loro incarichi di polizia giudiziaria, con questa facoltà potrebbero perfino disporre un sequestro !. L’uniforme per un volontario con compiti di vigilanza sarebbe un buon deterrente, il cittadino italiano non indossa le cinture, ma se vede la polizia se le mette, potrebbe funzionare anche con l’ambiente !.Nella Provincia di Milano ci sono oltre duemila volontari, presenziano i parchi e il Lambro; grazie anche alla loro presenza i visitatori si comportano meglio del solito. Un volontario di un’associazione se volesse fermare un individuo mentre scarica una cisterna di olio esausto in un bosco, non avrebbe più potere di un altro cittadino.
Desidero mantenermi un mite ambientalista, non mi interessano poteri particolari.
Nel continuare a narrare dell’associazione, devo rilevare che è mancato probabilmente il coordinamento di un’organizzazione a supporto dei volontari. Avevamo esaurito le capacità propositive; nessuno ci ha fornito gli spunti e i suggerimenti necessari.
Posso affermare con tranquillità che non c’è mancato il denaro, ma le idee, sono queste la vera ricchezza delle associazioni. L’attività svolta con maggior passione nell’associazione in cui ho prestato servizio in questi anni è stata l’educazione ambientale, si tratta, infatti, del modo di operare preventivo. Le scolaresche sono state accompagnate in escursioni da noi volontari. C’era un fervore da parte nostra nell’informarsi sulle specie di piante, razze animali del territorio, tipologia del terreno, storia locale, in modo che le domande dei piccoli non restassero senza risposta. L’educazione è un punto cardine non solo dell’aspetto ambientale, ma umano. Poter gettare le basi per un’organizzazione avente lo scopo di seguire lo sviluppo formativo degli studenti a partire dalle scuole elementari, sarebbe un progetto bellissimo. La scuola in questo caso sarebbe il campo di lavoro, e non dovrebbe collocarsi come la fruitrice primaria di un servizio, ma partner per la realizzazione dei programmi più svariati. Per prima cosa occorrerebbero gli insegnanti giusti, volontari e non, è infatti essenziale la qualità del servizio fornito, ad un progetto del genere potrebbero senza dubbio partecipare associazioni esistenti che ora spaziano dall’archeologia alla storia locale. Il fiume Elsa potrebbe diventare un buon argomento per le nuove generazioni, la sua storia, la forza dell’acqua, la costruzione dei mulini lungo le rive del fiume, la caparbia ostinazione a vivere in zone sottoposte ad inondazioni. Anche la raccolta differenziata potrebbe diventare materia di educazione ambientale. Facciamola tutti !. La Publiser sta lavorando bene per diminuire la quantità di rifiuti affidati alle discariche, occorre fare in modo che debbano essere pensati come “risorse”. Mi auguro che non ci sia bisogno delle multe (come in Austria) a chi non mette i rifiuti in uno dei sette cassonetti affidati ad ogni famiglia. Per il futuro si stanno delineando scambi di esperienze ed informazioni tra paesi di tutto il mondo. Internet è una realtà, la rete, alla quale tutti i comuni della Valdelsa hanno aderito, potrà senz’altro fornire informazioni a chi ne ha bisogno e carpire idee da chi è più bravo di noi!.

DIGNITA’ E PERSONA


DIGNITA' E PERSONA

“L’inverno volgeva alla fine, il capo branco dei lupi in cima a tutti procedeva in testa rassicurava i giovani dicendogli che presto sarebbe arrivata la primavera. Ma a un certo punto un giovane lupo decise di fermarsi, disse che ne aveva abbastanza del freddo e della fame e che sarebbe andato a stare con gli uomini, la cosa importante secondo lui era di restare vivo, così il giovane si fece catturare e con il passare del tempo dimenticò di essere mai stato un lupo. Un giorno di molti anni dopo, mentre accompagnava il suo padrone a caccia lui corse servile a raccogliere la preda. Si rese conto che la preda era il vecchio capo-branco. Divenne muto per la vergogna, ma il vecchio parlò e gli disse così :
– io muoio felice perché ho vissuto la mia vita da lupo, tu invece non appartieni più al mondo dei lupi e non appartieni nemmeno al mondo degli uomini, la fame viene e scompare, ma la dignità una volta persa non torna mai più.”
Inizio il post con questa novella per riflettere su una parola non tanto comune.
L’umanità ne fa ricorso più volte , sempre quando ci sono situazioni non “degne” , ma la casistica è molto ampia.
Le origini di questa parola le troviamo nel vocabolario italiano:
“nobiltà morale che deriva all’uomo dalla sua natura, dalle sue qualità, e insieme rispetto che egli ha di sé e suscita negli altri in virtù di tale sua condizione: comportarsi con dignità; una persona priva di dignità; difendere la propria dignità | decoro, rispettabilità: la dignità di un’istituzione” |
In epoca pre-cristiana dignità era concetto connesso al “ruolo” di una persona. Nelle civitas romane di era repubblicana dignitas denota il rango sociale. Scopo nella vita diventa spesso accrescimento della dignitas (F. Bartolomei – La dignità umana)
Ecco che Kant recita : “Ma l’uomo considerato come persona è elevato al di sopra di ogni prezzo, perché come tale egli deve essere riguardato non come mezzo per raggiungere i fini degli altri e nemmeno i suoi propri, ma come un fine in sé; vale a dire egli possiede una dignità (un valore interiore assoluto), per mezzo della quale costringe al rispetto di se stesso tutte le altre creature ragionevoli del mondo ed è questa dignità che gli permette di misurarsi con ognuna di loro e di stimarsi loro uguale”
e ancora :
“La moralità, come condizione di questa autonomia legislativa, è dunque la condizione della Dignità dell’uomo e moralità e umanità sono le sole cose che non hanno prezzo”
il tutto confermato da Bartolomei.
In rete il blog http://marciadelladignita.blogspot.it/2013/11/sulla-umana-dignita-di-mario-tiberi.html
e Tiberi blog racconta di aver partecipato alla marcia della dignità a Perugia e dopo ha fatto delle considerazioni come me sulla parola dignità che terminano con queste affermazioni:
“Dove non vi è il rispetto totale del principio morale e giuridico che “la legge è uguale per tutti”, là non vi è dignità. Dove non vi è guida etica nel governo dei negozi pubblici, là non vi può essere dignità. Quando, invece, il debole e l’oppresso sono difesi, sostenuti, carezzati con amore e dedizione, lì vi è dignità. Quando, invece, la donna nella pienezza del suo essere femmina è tutelata, salvaguardata e protetta, soprattutto nel momento in cui è disgraziatamente divenuta oggetto di infamanti violenze sia fisiche che psichiche, lì vi è dignità. Quando, invece, a un popolo è riconosciuto il pieno diritto alla sua autodeterminazione, lì vi è dignità.
Riassumendo: non vi è legge dell’universo che non possa essere modificata dall’esercizio delle ragioni dell’intelletto ed anche da quelle del cuore; non vi è legge dei potenti che non possa essere sovvertita dal giusto desiderio dei popoli di vivere in pace, benessere, giustizia e libertà e pace, benessere, giustizia e libertà altro non sono se non i valori fondanti della umana DIGNITA’.”

Poi Carlo Crosato, L’uguale dignità degli uomini. Per una riconsiderazione del fondamento di una politica morale, ed. Cittadella, Assisi 2013
“In Italia la Costituzione garantisce la libertà in diverse forme : il diritto alla libertà della persona fisica, di domicilio, di circolazione, di pensiero, a riunirsi pacificamente, diritto di riunione e di associazione, di religione.
Non ci sono più gli schiavi che erano trattati non come esseri umani, ma come bestie.
La libertà vera è quella dal bisogno e l’uomo veramente libero in tutta la sua dignità è quello affrancato da ogni forma di indigenza.
Vi sono parecchi pensionati che possono contare su un reddito di poche centinaia di euro, ma non per questo abdicano alla loro dignità e cercano di tirare avanti senza chiedere niente a nessuno. Sono, in effetti, quelli che più meritano il nostro rispetto ed il nostro aiuto.
Oggi, in un mondo che ha perduto, quasi tutti i valori, che non conosce più sentimenti, dove domina la violenza più brutale, come possiamo vedere quotidianamente sfogliando le pagine di un giornale o guardando le immagini del nostro televisore, ancora troppi sono privati della libertà. E’ tutelata la libertà di stampa e di espressione del pensiero con ogni mezzo di diffusione, ma a questo proposito dobbiamo chiederci quante persone senza scrupoli e senza una deontologia professionale violano, in suo nome, la personale “riservatezza” cui tutti hanno diritto.
Senza dire che molti, dimenticando ogni codice morale, e si avvalgono della libertà di stampa per eccitare e risvegliare quegli istinti più bassi che sussistono nell’uomo  mettendo sotto l’occhio smaliziato dello spettatore o del lettore racconti di fatti e notizie che spingono all’emulazione.
Saper discernere il bene dal male: questa è la vera libertà che dà dignità all’uomo, quella che non nuoce agli altri.
Qualunque attività umana, dalla più umile alla più impegnativa, da quella di operatore ecologico a quella del professionista, da quella del ciabattino a quella, per esempio, dello stilista di moda e dell’artista, deve essere svolta con dignità, cioè rispettando certi valori, che oggi stanno diventando, purtroppo sempre più rari. L’individuo ha bisogno di provare certe sensazioni, come quella di aver compiuto dovere nei confronti della società, di aver assolto ai suoi compiti, altrimenti la sua vita si trasforma in un succedersi di giorni che, invece di esaltarlo, gli trasmettono un senso d’insoddisfazione, d’inutilità, di vuoto dentro l’anima.”
C’è lo spot di Amnesty international “IO PRETENDO DIGNITA’” e anche un blog della Chiesa Cattolica che descrive con dovizia storica la dignità della persona umana con dettagliate informazioni inerenti la bioetica internazionale.
Voglio citare : http://lostileliberomak.blogspot.it/2013/12/illavoratore-modello-e-un-uomo.html
un blog provocatorio, ma non meno efficace nei contenuti che afferma :
“La dignità del lavoratore è direttamente proporzionale al suo potere d’acquisto”.
Con un precisa cronistoria delle parole e con riferimenti a Musil (scrittore austriaco del primo 900) “questo adora il denaro, l’ordine, la scienza, il calcolare, il misurare e il pesare, ossia in fin dei conti lo spirito del denaro e dei suoi affini, e nello stesso tempo lo deplora. Mentre durante le ore di lavoro martella e conteggia, e fuori di quelle si comporta come un’orda di bambini, sbalestrata di eccesso in eccesso dall’incalzante problema: e ora cosa facciamo”. Frantumare la totalità e con essa l’uomo è infatti solo l’ultima “furbata” per rendere la vita meno faticosa e più “semplice” (nel tedesco la parola “schlecht” (cattivo) è prossima a “schlicht” (semplice)).
La vita sembra così acquistare un valore solo se il “prezzo” le viene riconosciuto da qualcuno disposto a pagarlo. Un “prezzo” che sembra poter essere saldato esclusivamente col lavoro.
All’autonomia dell’homo faber preindustriale, che poteva racchiudere la propria attività manuale nel prodotto finito, abbiamo sostituito l’alienato lavoratore “qualificato” che, da solo, non sa fare quasi nulla.” Ho scritto qualcosa di simile in un recente post sul lavoro.
Arrivo a concludere che la dignità è un valore fondante e dovrebbe essere come per certe auto una “dotazione di base” e non un optional. Ci sono persone che abbandonano la dignità e i motivi sono diversi, il lupo della novella, ha scelto lui di andare a mangiare pasti caldi perdendo l’identità di branco, la dignità, insomma .. tutto. Le persone che abbandonano la dignità o costrette ad abbandonarla non devono essere identificate con quelle che hanno perso il lavoro.
Aggiungo, chi la dignità ce l’ha ancora potrebbe aiutare coloro che la stanno perdendo, del resto i lupi pur essendo nel branco del fuggitivo non potevano soccorrere chi aveva fame e andava a farsi incatenare dall’uomo o impedirgli di farlo, mentre siamo… PERSONE.

BANCA DEL TEMPO alcuni esempi in Italia , progetti


BANCA DEL TEMPO
E’ un sogno nel cassetto, da alcuni anni la propongo, senza molta convinzione,

Qui di seguito le notizie finora raccolte in rete a disposizione per consultazioni, chi mi legge batta un colpo se è d’accordo per la sua realizzazione a Castelfiorentino,

ecco le notizie di quanto altri hanno già realizzato :

SACILE. Nuove vie per aiutare i sacilesi a vivere “da cristiani”. È la proposta che arriva dalla parrocchia del Duomo a fronte del fatto che nel momento attuale si affacciano segnali di un bisogno di condivisione, di una nuova, o antica, attenzione a piccoli gesti che rendano più umano e caloroso il nostro vivere.
«Che non significa – si legge sul bollettino parrocchiale Amare distribuito in occasione della Pasqua – necessariamente fare scelte estreme ma mettere nella nostra vita un seme di fraternità imparando con semplicità a dare ed a chiedere». In questo contesto già pronte due iniziative. La prima si chiama “Sos scuola – crescere insieme” e vuol venire incontro a quelle famiglie che, per temporanea difficoltà, non riescono a sostenere il recupero scolastico dei figli. Un gruppo di volenterosi insegnanti, in attività e a riposo, e di studenti ha accettato di dedicare qualche ora del proprio tempo al recupero di bambini della fascia della scuola primaria. Un servizio “su misura”, con regole precise, in cui non viene richiesta alcuna ricompensa in denaro ma solo la disponibilità a ricambiare attraverso piccoli servizi che si rendessero necessari alla comunità, secondo modi e tempi flessibili.
Dunque niente soldi ma un po’ del proprio tempo: un po’ come avviene nelle moderne banche del tempo. La seconda iniziativa si propone di fare della parrocchia un punto di riferimento cui rivolgersi in caso di bisogno essendo poi disponibili a dare creando così una rete solidale. L’obiettivo è di fare della parrocchia «una banca della comunità».
Gli esempi, sottolinea il periodico trimestrale del Duomo, non mancano: ha senso che dieci persone si muovano per portare dieci bambini a catechismo? Oppure a basket, al corso di chitarra o di nuoto? Il mio bambino ha difficoltà in matematica, io non gliela so spiegare però so accorciare i pantaloni e fare un orlo alla gonna… E chissà quanti esempi e quante idee potrebbero nascere ancora con questa iniziativa che vuole essere un modo per conoscersi, valorizzare le proprie capacità e far crescere un senso di comunità.
Gli interessati, sono disponibili a partecipare o semplicemente vogliono saperne di più, possono rivolgersi al parroco, don Graziano De Nardo.

Da Ancona ..

Alla Banca del Tempo possono iscriversi tutti donne e uomini di qualsiasi età, condizione economica e formazione culturale: la solidarietà è reciproca e alla pari. Il tempo è scambiato alla pari qualsiasi sia il servizio offerto; ciascun iscritto ha un proprio conto corrente: il tempo è l’unità di misura dello scambio, ciascun iscritto ha un proprio libretto di assegni e gli scambi si pagano con gli assegni. La segreteria tiene il conto e riporta crediti e debiti sul conto corrente; non si maturano interessi, non c’è scambio di denaro, ma l’unica moneta sono i servizi dati e ricevuti. I servizi vengono misurati in unità di tempo: chi riceve deve poi offrire lo stesso tempo – c’è il vincolo del pareggio.
La banca del tempo serve per soddisfare bisogni materiali ed immateriali, legati all’organizzazione quotidiana della vita delle persone e della famiglia o lo scambio di conoscenze. I beni scambiati possono essere ad esempio: spesa, cucina/stiro, lavanderia, babysitting, relazioni con enti pubblici, lezioni di informatica, di lingua straniera, di fotografia, di arti e trasmissione dei saperi delle persone anziane.
Le banche del tempo consentono di allargare l’aiuto di vicinato oltre la stretta cerchia parentale, favoriscono l’inserimento sociale di persone senza rete di supporto familiare (ad esempio nuove famiglie trasferitesi da altri comuni), danno vita a reti di socialità agendo come “antidoto contro la solitudine”, favoriscono l’interculturalità e i rapporti tra generazioni (ormai giovani e meno giovani si trovano a frequentare ambienti diversi), incoraggiano la crescita dell’autostima individuale.
Le Banche del Tempo esistono in Italia ormai da decenni, ma sono consolidate ed attive in poche realtà territoriali, perché manca una rete stabile di relazioni tra gli associati.

GUIDA PER CREARE UNA BANCA
1) Cos’è la Banca del Tempo
Le Banche del Tempo italiane sono: “libere associazioni tra persone che si auto-organizzano e si scambiano tempo per aiutarsi soprattutto nelle piccole necessità quotidiane”. Diversamente dai L.E.T.S. inglesi, nelle B.T. italiane non avviene scambio di merci o di prestazioni con un valore di mercato valutabile. Sono “luoghi nei quali si recuperano le abitudini ormai perdute di mutuo aiuto tipiche dei rapporti di buon vicinato. Oppure si estende a persone prima sconosciute l’aiuto abituale che ci si scambia tra appartenenti alla stessa famiglia o ai gruppi di amici”.
2) I soggetti promotori
Chiunque può fondare una Banca del Tempo. Bastano poche persone (4, 5 o 6) che, attratte dall’idea e dall’utilità della banca, coinvolgono amici o conoscenti (colleghi di lavoro, genitori di compagni di scuola dei figli, parenti, eccetera) fino ad essere 15 -20 al massimo e costituire così il gruppo promotore della Banca del Tempo. Sulla base dell’esperienza, si consiglia di progettare la banca e sperimentarne il funzionamento per alcuni mesi all’interno del solo gruppo promotore. Si procederà, in seguito, a pubblicizzarla e a cercare l’adesione di nuovi soci. E’ fondamentale che, al momento dell’apertura a nuove persone, la banca possa contare su un gruppo promotore già esperto e, quindi, in grado di aiutare gli altri ad inserirsi. Questa è, forse, la condizione principale affinché la banca duri nel tempo funzionando bene e non subisca traumi se, ad esempio, con l’eventuale ritiro di qualcuno dei soci fondatori. La sperimentazione è importante anche per definire l’organizzazione interna più efficace. A questo proposito si raccomanda di: – semplificare al massimo le attività di conduzione della banca, evitando di incorrere in doppioni e meccanismi burocratici che farebbero perdere inutilmente tempo; – distribuire gli incarichi tra più soci che chiameremo “gruppo di gestione”. E’ bene avere presente che, a parte l’incarico di ognuno, tutti conoscano il sistema di conduzione della banca (è sbagliato che lo sappiano soltanto una o due persone!); – prevedere periodicamente il ricambio dei componenti del gruppo di gestione (scambiando le funzioni, ma anche facendo entrare persone nuove), al fine di evitare contraccolpi nel caso qualcuno decida di ritirarsi. Nell’esperienza ormai consolidata, i soggetti promotori delle Banche del Tempo italiane si confermano essere di quattro tipi: gruppi spontanei di cittadini (spesso amici tra di loro); associazioni già esistenti oppure organizzazioni sindacali; comuni tramite assessorati o singoli uffici e servizi (Settore servizi sociali, Centri Donna, Comitati Pari Opportunità, Uffici Informazione, Centri Anziani, Uffici Tempi della città) *; cooperative sociali e dopolavoro aziendali (creano B.T. chiuse per i loro soci). A proposito di banche promosse dai Comuni, è opportuno adottare i seguenti accorgimenti: – il Comune individui il servizio e l’operatore pubblico al quale affidare l’azione promotrice di una B.T.; – l’operatore coinvolga singole persone, i gruppi, le associazioni del suo territorio e proponga di aderire al progetto per la nascita della banca del tempo. Operi per creare un gruppo promotore composto esclusivamente da singoli individui (ad esempio, non di associazioni in quanto tali) per evitare che nascano problemi nella conduzione, ma soprattutto di far nascere un doppione di quanto esiste già; – l’operatore aiuti il gruppo promotore a far nascere e a sperimentare l’organizzazione della banca (vedi il capo 2 e 3 del presente capitolo); è consigliabile che l’operatore faccia parte del gruppo promotore; – l’operatore aiuti il gruppo promotore nelle fasi di apertura al pubblico e metta a disposizione della banca ormai nata i servizi dei quali ha necessità, come: la sede, il telefono, l’accesso alle fotocopie, possibilmente un computer e una linea di posta elettronica e, eventualmente, le spese di registrazione dello Statuto. A questo punto, la banca è un soggetto autonomo e necessariamente il suo rapporto con il Comune e deve cambiare. Di conseguenza, è opportuno che: – il Comune aderisca alla banca stessa indicando un proprio rappresentante presso di essa (ad esempio nel Direttivo dell’Associazione). E’ consigliabile che, almeno nella prima fase, il suo rappresentante sia l’operatore che ha aiutato la banca a nascere; – il Comune e la banca sottoscrivano un accordo di scambio nel quale sia prevista la restituzione sotto forma di tempo del sostegno che la banca riceve in servizi (vedi al punto 8 della presente Guida).
3) Come creare una Banca del Tempo
Come tutte le altre associazioni, le Banche del Tempo sono regolate da un Atto costitutivo e dallo Statuto. Come previsto dalle leggi nazionali e regionali, essi devono essere registrati (vedi consigli in Documentazione varia a cura di Esperto) * fare Link su I Consigli di un esperto in “Documentazione varia). E’ vivamente consigliato che sia il gruppo promotore a definire Statuto e il conseguente Regolamento, alla fine del periodo di sperimentazione e prima di aprire la banca a nuovi soci. Una buona regola da rispettare, infatti, è che ogni nuovo socio aderisca all’Associazione potendone conoscere fin da subito sia lo Statuto sia il Regolamento che conterranno sia le regole costitutive dell’associazione, sia le modalità per l’adesione (ATTENZIONE: Esempi di Statuti e di Regolamenti sono alla voce “Anagrafe e informazioni sulle Banche del tempo italiane” al titolo Documentazione).
4) La regola costituente
La “regola di fondo che vige in tutte le B.T. è lo scambio”. Sinonimo di reciproca convenienza, lo scambio presuppone, per sua stessa definizione, che i soggetti che entrano in relazione siano attivi. Di conseguenza, diversamente che nel Volontariato (che si regge sul dono di aiuto ai bisognosi di assistenza), “la solidarietà che circola nelle B.T. non è a senso unico. E’ reciproca e alla pari. Il tempo scambiato è misurato in ore e l’ora è di 60 minuti per tutti, indipendentemente dalla professione, dalla classe sociale di appartenenza o dalle condizioni economiche delle singole persone”. In questo senso, le Banche del Tempo realizzano un egualitarismo pressoché perfetto. Le B.T. servono a soddisfare bisogni materiali e bisogni immateriali. Tra i primi, prevalgono quelli legati all’organizzazione quotidiana della vita delle persone e delle famiglie; tra i secondi, il bisogno di compagnia e di allargare la rete delle amicizie. Le banche, infatti, sono luoghi di socializzazione, che favoriscono anche la messa in comune di saperi e conoscenze. L’elenco degli aiuti che vengono scambiati e misurati in ore è molto lungo. Può essere suddiviso in due grandi aree: la prima, la prevalente, è composta dalle prestazioni minute che riguardano lo svolgimento della vita quotidiana (la spesa, la cucina, la lavanderia, le relazioni con gli enti pubblici, i bambini, gli anziani, il tempo libero in compagnia…); la seconda, molto diffusa anche perché favorisce la socializzazione, riguarda lo scambio dei saperi. Cioè, il baratto delle conoscenze che le singole persone possiedono. Questo secondo tipo di scambi mette sullo stesso piano saperi esistenti sul mercato (computer, lingue, pittura, fotografia…) e saperi “fuori mercato”, nel senso che ad essi non è attribuito valore economico. E’ il caso dei saperi delle persone anziane (come si viveva anni fa, i vecchi mestieri, com’era la città…) e delle casalinghe (ricette, ricami, pizzi, stiro…).
5) Chi l’ha inventata
L’invenzione sociale denominata Banca del Tempo è nata dall’intelligenza creatrice di gruppi di donne. La prima, in ordine di tempo, è nata nel 1992, a Parma, per iniziativa della segretaria provinciale della Uil Pensionati. La banca che, però, ha fatto da battistrada per tutte le altre oggi esistenti è stata inventata dalle donne elette nel Consiglio comunale di Sant’Arcangelo di Romagna, con a capo un sindaco donna. Le donne sono, pertanto, l’attore sociale di riferimento di queste associazioni innovative. Infatti, le banche sono nate e nascono di continuo per migliorare la qualità della vita in primo luogo delle donne, alle prese con il problema spesso irrisolvibile della mancanza di tempo. Si può affermare che esse “inventando le Banche del Tempo, hanno creato un luogo solidale a misura della loro fame di tempo e della necessità di fare quadrare il loro bilancio tempo quotidiano che, specialmente per il carico di lavoro famigliare, è sempre in rosso”.
6) Chi ne usufruisce
Chiunque, donna e uomo e di tutte le età può aderire a una Banca del Tempo. La stragrande maggioranza dei soci promotori e aderenti è costituita da donne, ma, dopo la fase iniziale quasi del tutto al femminile, è presente anche una buona quota di uomini che, aderendo, scoprono di poter soddisfare una sfera di bisogni lontani dalla loro cultura. A prevalere tra i soci sono persone che lavorano. In maggioranza si tratta di lavoratrici (dipendenti, autonome e libere professioniste) che trovano in queste associazioni un luogo che permette la compensazione tra il tempo di lavoro professionale e il tempo di lavoro familiare che pesa in primo luogo sulle loro spalle. La contrattazione sindacale, ad esempio, non ha alcun ruolo, né per costituirle, né per organizzarle.
7) L’organizzazione di una Banca del Tempo
L’organizzazione delle B.T., per quanto riguarda gli scambi di tempo e la loro contabilità, è copiata dalle banche vere. Ad esempio: gli scambi si pagano con assegni presi dal libretto in dotazione di ciascun socio; ciascun socio ha un proprio conto corrente sul quale la segreteria della banca segna i crediti (le ore date, cioè gli assegni depositati), sia i debiti (le ore ricevute, cioè gli assegni spesi). Rispetto alle banche vere, un particolare rende alquanto differenti le B.T.: non si maturano interessi sui depositi e neppure si pagano quando si va in rosso, ma c’è il vincolo del pareggio. Chi ritira soltanto, è richiamato con cortesia e comprensione a rientrare, ma se fa il furbo viene, sempre cortesemente, messo alla porta.
Il rapporto con le Istituzioni
Le B.T. funzionano sia nelle grandi sia nelle piccole città e in tutte le parti d’Italia. Ovviamente, se la dimensione della città è molto grande, la B.T. coinvolgerà uno spicchio soltanto di territorio e le persone che gravitano su di esso. Ad esempio: un quartiere, una frazione, una strada, una piazza, una scuola, un centro sociale, un circolo culturale, una parrocchia, un Sert….. Le Banche del Tempo hanno inventato anche un rapporto con le istituzioni differente da quello che di solito intrattengono con le altre associazioni. Esso prevede che l’istituzione (il comune, la scuola…) aderisca alla banca tramite un suo rappresentante. In cambio del sostegno offerto (sede, telefono, accesso al fax, alla fotocopiatrice, a Internet…..), riceverà l’equivalente in tempo sotto forma di piccole prestazioni non continuative da destinare alla comunità (se si tratta di un Comune) oppure ai suoi utenti (se si tratta di una scuola, di un circolo culturale, eccetera). Il vincolo da rispettare è che tali prestazioni non sostituiscano lavoro pubblico e neppure servizi sociali. Le regole di scambio tra banca e istituzione o soggetto sostenitore sono definite in accordi scritti e vincolanti per entrambi i contraenti. A partire dai primi mesi del 1998, le B.T. hanno iniziato anche a diffondersi nelle scuole medie e nelle superiori. Il merito va ad alcune insegnanti che hanno compreso che queste associazioni sono essere un veicolo per l’educazione alla reciproca solidarietà e al valore della comunità. Oltre all’aiuto che i migliori in classe offrono ai meno capaci, grazie ad esse i ragazzi si scambiano soprattutto saperi esterni alla scuola e quasi sempre sono i meno bravi negli studi ad insegnare qualcosa ai migliori. Ad esempio: a nuotare, a suonare la chitarra o il pianoforte oppure a farsi una cultura sulla musica rock. In alcuni casi si sono formati piccoli gruppi di teatranti che offrono i loro spettacoli ad associazioni di adulti e anziani, favorendo in tal modo scambi e relazioni intergenerazionali davvero uniche. A proposito di Istituzioni, va rilevato l’impegno promozionale e di sostegno che alcune Amministrazioni provinciali svolgono da qualche anno per favorire la diffusione delle B.T. nei Comuni del loro territorio. Tra esse, Torino, Milano, Brescia, Cagliari, Napoli, Genova e Biella, oltre a convegni e seminari, hanno organizzato brevi corsi di formazione e hanno sviluppato una costante azione informativa presso i comuni del loro territorio. Torino, Milano e Biella hanno addirittura creato un coordinamento provinciale.
9) Le norme in vigore
Dalla Legge n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città ” (G.U. 8 marzo 2000) CAPO VII I TEMPI DELLA CITTA’ Art. 27 – Banche dei tempi
l. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l’utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l’estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate “banche dei tempi”.
2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l’utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresì aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.

Le leggi regionali
Le leggi regionali d’interesse della banche del tempo sono:
le leggi di sostegno e promozione dell’Associazionismo;
le leggi applicative della Legge di Riforma degli Enti locali (n. 142/1990 e successive modificazioni) che, al capo III, prevede il sostegno e la promozione della libera associazione dei cittadini.
In merito a questo argomento, alcuni spunti utili si ritrovano sulla Relazione “Una legge tira l’altra” svolta da Adele grisendi alla IV Conferenza nazionale delle Banche del Tempo/Milano, maggio 2000 (* fare link sulla relazione che si trova in Documentazione utile)

CONSIGLI UTILI
L’Assicurazione
Le polizze relative alle Banche del Tempo, coprono i danni a persone e cose. La procedura per la stipula è, semplificando, la seguente: l’associazione banca prende i contatti con l’assicurazione prescelta;l’associazione perfeziona un accordo generale con l’assicurazione in cui sono stabiliti: i danni coperti; l’importo individuale della polizza (cioè il costo per ogni socio, che di solito si aggira sui 15, 20 euro); il numero e i nominativi dei soci da assicurare all’atto della stipula; la cadenza periodica per la comunicazione dei nuovi soci e di quelli che si sono ritirati (trimestrale, semestrale, annuale o altro). La responsabilità dell’eventuale danno è individuale. Ne consegue che la denuncia del danno e la successiva liquidazione, sono a carico dei singoli soci che, pertanto, sono chiamati, sotto la loro responsabilità, a firmare la polizza quadro che la banca ha concordato a loro copertura. La banca non assume nessuna responsabilità o competenza circa i danni provocati, nonché in merito all’eventuale inadeguatezza della liquidazione.
Come farla conoscere, ovvero la comunicazione esterna della banca
Il primo consiglio è seguire il metodo indicato dai geografi del tempo (gli architetti esperti di riorganizzazione temporale delle città). E’ opportuno che il gruppo promotore si riunisca per la mappa del vostro territorio nel senso di individuare: i luoghi di aggregazione nella città (non mi riferisco ad altre associazioni, ma ad es.a biblioteche, gruppi di lettura, cooperative sociali, corsi di preparazione al parto, parrocchie…); i luoghi più frequentati, quali: le palestre, le parrucchiere, le scuole materne e gli asili, i supermercati, i centri estetici, gli alberghi, gli studi medici, eccetera; le bacheche pubbliche: del comune, della Asl, dell’Informagiovani, della parrocchia, del centro commerciale, dei sindacati…. Poi, organizzate piccoli incontri promozionali; evitate le assemblee pubbliche o le iniziative tipo convegni o conferenze. Distribuite ovunque volantini dove siano indicati: la sede della banca, il telefono e a che ora vi si può trovare.
La strategia comunicativa più valida è quella di sempre:
a) coinvolgere la rete di amicizie e di relazioni famigliari. Proprio questo, nelle esperienze di banche più attive, è il bacino nel quale di solito si pesca per allargare il numero dei soci promotori fino al numero di 12-15-18 e per sperimentare nel gruppo ristretto il meccanismo degli scambi;
b) per la pubblicità iniziale, meglio depliant, locandine, volantini da distribuire in più fasi; sono molto più efficaci dei convegni di presentazione o di inaugurazione che, di solito, raggiungono poche persone.
c) una volta che la banca sia avviata, meglio privilegiare gli incontri e la comunicazione mirata su gruppi, aree territoriali, luoghi di incontro, categorie sociali; d) utilizzare le bacheche pubbliche e gli strumenti pubblici di informazione esistenti (es.giornale e guida del comune, della Asl, della Provincia) e gestione di un piccolo spazio nelle sagre, fiere, mostre, feste del patrono;
d) chiedere esposizione del volantino nei luoghi privati e molto frequentati (centri commerciali, parrucchiere, barbieri, lavanderie, librerie, edicole, negozi di telefonini e materiali tecnologici, cooperative sociali, centri sociali….);
e) chiedere accesso a radio e tv locali; ricercare spazio sugli strumenti locali di informazione (pagine locali di quotidiani, guide turistiche, calendari; oppure giornale della Parrocchia, dei sindacati).
Naturalmente, il più formidabile ed essenziale mezzo di comunicazione è il sempre buono, anche se vecchio, passaparola altrimenti chiamato tamtam. Un ulteriore consiglio è di promuovere la banca nelle scuole, utilizzando la disponibilità anche di un/a solo/a insegnante. E cercate un rapporto con i sindacati territoriali e di luogo di lavoro. Contrariamente a quanto si dice in giro, la maggior parte di aderenti alle Banche del Tempo non sono le pensionate e i pensionati, bensì chi ha un lavoro, dipendente e autonomo, più molti liberi professionisti. Proprio ad essi il tempo a disposizione non basta mai. Pertanto, è importante arrivare fino a loro: negli uffici e nelle fabbriche, nei servizi e negli studi professionali. Il sindacato è senza dubbio un veicolo importante per la circolazione di materiale informativo e promozionale. Infine, è utile informarsi sulle persone sole e sui nuclei famigliari arrivati nel vostro comune o nel vostro quartiere e mandare una lettera di benvenuto e di invito presso la banca con il telefono dello sportello o di un socio al quale rivolgersi. E, magari, allegare un assegno di un’ora in regalo, tanto per provare l’utilità della banca. E’ probabile che vi ringrazieranno e aderiranno in tante/i con entusiasmo.