ALFREDO seconda parte


alfredo angela

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ALFREDO seconda parte

Alfredo era troppo semplice per cogliere i segnali delle ragazze.
Ce n’erano di molto sveglie anche a quei tempi. Gli amici avevano reso di pubblico dominio le modalità per accedere alle grazie di una certa Angela.
Lo aveva saputo anche Alfredo, quindi…..perché no ? Volle provare anche lui.
Le malelingue avevano messo in giro storie da “film vietato ai minori” ed erano veramente poco credibili.
Nella mente di Alfredo quel che aveva sentito gli bastava. Pensò che se anche fosse stato vero la decima parte era sufficiente per un colpettino.
Fu così che ottenne un incontro con la chiaccherata Angela.
Il fatidico giorno la ragazzina si era truccata da donna adulta con labbra rosse e una minigonna da capogiro.
Gli amici gli chiesero come fosse andata, e Alfredo timidamente affermò :
– Nulla ! Non si è fatto nulla ! ma…. io pensavo che cominciasse lei !
Gigi quella volta non lo distrusse e veramente gli volle bene dicendogli :
– Beh ! Questa volta non hai colto i segnali; sarà per la prossima ! –
Alfredo non l’aveva raccontata giusta. Qualcosa doveva essere successo, ma quello non era il momento di indagare.
Il gruppo di amici per un po’ tentò di punzecchiare Alfredo, ma non insistettero più di tanto.
Dopo qualche settimana Gigi incontrò Angela e le chiese come fosse andata con Alfredo.
Gigi sapeva della serietà di Angela e con quanto amore si prestava a far felici le persone. Angela era una specie di Marinella della canzone di De André e non avrebbe mai deriso un suo cliente o amico.
Spiegò molto seriamente a Gigi che nel mentre provavano a farlo gli aveva detto :
– sei di fuori ! –
Alfredo tutto eccitato non aveva capito bene e per tutta risposta la informò di dove lui venisse :
– sono di …… ! –
E Angela :
– Nooooooo ! Ho detto che sei di fuori !!!!! e tu me l’hai messo nelle mutande !!! –
In pratica quella sera non avevano fatto nulla davvero.
Aveva ragione Alfredo.

ALFREDO prima parte


alfredo ruvido

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ALFREDO prima parte

Alfredo era un ragazzotto paffuto, con capelli castani tagliati intorno come gli avessero messo una pentola in capo e poi tagliati con forbici per potare la vigna.
Sempre sorridente, scopriva i dentoni fino ai molari quando sghignazzava.
Tutti i ragazzi del vicinato amavano la sua compagnia. Nessuno ha mai sospettato che potesse avere qualche rotella fuori posto.
Con quanta gente va ora a farsi strizzare il cervello posso tranquillamente affermare che Alfredo era sicuramente più normale di tanti della sua età.
Nel bar che frequentava qualche birbaccione lo punzecchiava con delle scommesse.
Una volta, Gigi, il solito furbone venne fuori con la storia dell’uovo.
A scuola aveva appreso che se si esercita una pressione uniforme su ogni parte di un uovo, non si riesce a romperlo.
Gigi spiegò la cosa scientificamente e affermò che nessuno con la forza della mano può esercitare una spinta tale da rompere l’uovo.
Ma….non avevano uova per provarlo !
Dovettero andare a comprarli alla botteghina di Ermanno.
Alfredo si incaricò di comprarli, ebbe la raccomandazione del gruppo che le uova non fossero “barlacci” (uova andate a male)
Ermanno gli diede due uova gratis, ma se non scappava velocemente Alfredo avrebbe preso anche dei calci e se li sarebbe ricordati a lungo.
Gli risuonarono per un pezzo le parole di Ermanno :
– nel mio negozio non ho mai avuto uova barlaccio, e barlaccio sarai te !!!! –
Finalmente tutta la compagnia di amiconi ebbe le uova e quindi la possibilità di effettuare il sospirato test di forza e scienza.
Alfredo era un ragazzo forte anche se grassottello, scommise che avrebbe rotto l’uovo.
Gigi gli disse che doveva avvolgerlo completamente con la mano e provare a stringere per romperlo.
Alfredo sbuffò tantissimo, le dita divennero bianche, ma nulla. Si arrese.
La scienza sembrava aver ragione.
Gigi volle provare anche lui, ma sapeva come fare, un trucco.
Avrebbe forzato con un dito più degli altri e crac ! L’uovo si sarebbe rotto facilmente.Alfredo era un sempliciotto, non si fidava. Volle controllare da vicino e alla fine prese molti schizzi di uovo nel viso con l’ilarità della compagnia.

DUE ANNI


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DUE ANNI

Prima di tutto un doveroso grazie a tutti i lettori, a coloro che hanno apprezzato, sorriso, commentato, i miei modesti lavori di scrittura. Sono stati il sostegno per poter continuare a scrivere anche quando non avevo le ispirazioni giuste. Il tempo è volato, non mi sono annoiato.
Ho potuto conoscere persone fantastiche e leggere bellissime storie quando non scrivevo le mie.
Grazie ancora.
Due anni sono pochi e sono tanti, dipende.
Sono un periodo lungo per la vita di una farfalla, brevi per una quercia centenaria.
Son passati quasi due anni da quando mi sono lanciato in questa avventura come per scherzo, una specie di sfida tranquilla, di gioco, come quando non si ha da perdere nulla e nemmeno niente da guadagnare.
Lo scopo era partecipare, non potevo vincere . Lo sapevo, non volevo, sarebbe stato troppo per me, al di sopra di ogni aspettativa.
E poi vincere cosa ? Diventare un blog stellato con centinaia di awards ? Guadagnare con la pubblicazione degli articoli ?
Già, ma quali erano le vere aspettative ? Ci ripenso e mi chiedo :
– ma perché davvero ho costruito un blog e ci ho scritto tutta questa roba ? –
Ora e anche sforzandomi non riesco a trovare la vera motivazione, e alla fine termino di rimuginare e …………..penso seriamente :
– ma chissenefrega !!! e ricomincio a scrivere per la mia gioia e spero per la vostra –

LA STRADA


strada

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LA STRADA

Il suo andamento slanciato la faceva sembrare molto più alta. Gli occhi e lo sguardo acuto rivelavano una intelligenza sopra la media.
Teneva moltissimo alla cura della persona e alla scelta dei capi di abbigliamento sempre firmati, ma non voleva mai mettersi in mostra.
Graziella, una ragazza fortunata, potrebbero pensare certe persone, aveva una grande opportunità; non doveva pensare di cercare un lavoro per vivere.
Certe sue amiche avevano abbandonato gli studi per andare a lavorare. Le neo-lavoratrici spesso erano contente del lavoro qualunque cosa chiedessero loro di eseguire.
Molto dipendeva dall’atteggiamento mentale e questo poco aveva a che fare con il tipo di lavoro.
Se poi il lavoro veniva utilizzato per riempire vite “vuote”, diventava anche pesante da sopportare.
Graziella per un po’ era rimasta in contatto con le amiche di scuola.
Il denaro o comunque il ceto sociale diventarono poi un muro invisibile e insormontabile.
Il collegio privato a Firenze, gli sport ed i suoi svaghi, l’università, avrebbero contribuito a segnare il presente ed il futuro della ragazza.
Graziella, a differenza delle coetanee, non era oppressa dalla necessità di lavorare.
I familiari le proposero alcune attività anche solo per riempire le giornate.
I ruoli proposti erano molto al di sopra delle sue possibilità. Una volta le dettero l’opportunità di lavorare in un team dove avrebbe dovuto guidare le persone. Si trattava della azienda manifatturiera della zia.
Si sentiva inadatta, spesso non sapeva nemmeno guidare se stessa. Rinunciò all’incarico.
Voleva qualcosa di più, non tanto per la laurea in economia che aveva conseguito, ma qualcosa di proprio, che potesse affermare con fierezza di aver costruito da sola.
Intanto la fonte principale delle ricchezze familiari, la grossa azienda del padre, iniziò a vacillare.
Dopo pochi anni il padre morì , l’azienda chiuse, lasciando senza lavoro centinaia di persone.
Graziella non aveva mai apprezzato molto il lavoro del padre, anche se questo le aveva permesso di mantenere un buon livello di benessere.
L’ingente patrimonio avrebbe consentito di vivere senza lavorare alla sua famiglia e anche ai futuri nipoti.
Con il passare del tempo riaffiorarono i ricordi delle amiche di scuola.
Antonella era una di queste, dopo l’abbandono degli studi era entrata a lavorare nella fabbrica del padre di Graziella. Per qualche anno le amiche avevano continuato a frequentarsi.
Graziella rammentava dei modi di dire dell’amica, uno di questi recitava :
– non si vive di solo pane ! –
Una frase stringata, ma la diceva lunga su varie interpretazioni.
Antonella una volta perso il lavoro per la chiusura della grande fabbrica, non aveva trovato altro da fare se non le pulizie in case private.
Un giorno le vecchie amiche di scuola si ritrovarono. L’incontro giovò molto a Graziella, questa trovò finalmente la spinta giusta per partire.
Non le mancava il patrimonio da investire senza chiederlo in banca, conosceva bene le modalità per gestire i rapporti di lavoro, con le persone, aveva i contatti della azienda del padre.
Volle provare.
Graziella aveva effettuato dei corsi di programmazione per computer.
L’insegnante una volta l’aveva messa in guardia da lanciare programmi senza sapere cosa esattamente eseguivano. L’insegnante puntualizzò :
– Se lanci un programma errato due volte, la seconda volta farà esattamente la stessa cosa, come battere il capo nel muro, sentirai male ancora ! –
Sapeva che non era la stessa cosa, far partire una azienda è difficile, ma suo padre ce l’aveva fatta, poteva farlo anche lei.
Si mise in contatto con Antonella, la sua vecchia compagna di scuola rimasta senza lavoro, cercò altre persone, voleva vedere in loro una forte motivazione.
Insieme le due donne formarono un buon gruppo di lavoro con lo scopo di riaprire l’azienda.
La laurea in economia si è rivelata utile e con le abilità dell’amica l’azienda è ripartita e cresce nonostante la crisi economica nazionale.
Aveva trovato la strada giusta.

LA FONTANA


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LA FONTANA

Molti anni fa, quando non c’erano le bottiglie di plastica, in casa avevamo recuperato e messo da parte dei bottiglioni di vetro da due litri.
La cassetta, che le conteneva era di colore rosso ed in plastica molto resistente. Mi pare ce l’avesse fornita il titolare di un ingrosso di acque minerali conosciuto da mio nonno.
I tappini erano di plastica a chiusura ermetica, e se si rompevano, mettevamo i tappi di sughero dei fiaschi di vino; ci andavano bene lo stesso.
Mio padre mi portava con sé per dargli una mano quando andava a prendere l’acqua ad una fontana nel bosco in un paese vicino.
Percorrevamo molti chilometri con l’auto per prendere due casse di bottiglie e la strada nell’ultimo tratto era anche sconnessa.
L’acqua della fontana la utilizzavamo per bere, mentre quella dell’acquedotto non era molto gradevole.
Mia nonna diceva che :
– Sa di cloro ! –
Preferiva di gran lunga quella della fontana.
La nonna era la cuoca di casa e non usava acqua dell’acquedotto per cuocere i fagioli.
Mio padre aveva fatto una modifica al tubo di scarico delle acque piovane, e quando venivano degli acquazzoni o forti piogge e il tetto risultava ben lavato, girava il tubo e riempiva una grossa conca con acqua piovana.
I fagioli cotti nell’acqua piovana erano una sciccheria, altro che chef a cinque stelle !
Son passati quei momenti lontani, quando veniva utilizzata ogni risorsa e non si buttava via niente.
La fontana nel bosco in principio era un sorgente naturale, anche se non sgorgava molta acqua, poi ci fu fatto un gran lavoro di squadra.
Qualcuno ci lavorò per facilitarne la raccolta.
Un muratore aveva predisposto molte pietre intorno alla sorgente, dei boscaioli avevano pulito il sentiero nel bosco, i contadini avevano preparato delle scalette e portato grosse pietre piane per quelli che erano ad aspettare, un idraulico ci aveva messo un tubetto murato per farla sgorgare in modo preciso.
Poche persone volenterose avevano ricavato da un ambiente naturale una modesta risorsa.
Le analisi chimiche dell’acqua non erano state fatte, nessuno ci aveva pensato. L’acqua era buona e questo era più che sufficiente.
L’acqua dei ruscelli di montagna non si assaggia, si beve e si ringrazia la natura.
Non ho mai saputo perché quella fontana fosse stata abbandonata.
Presumo siano state una serie di concause.
Penso ai rivenditori di acqua in bottiglia, alle aziende usl e i loro esperti, al proprietario del bosco per salvaguardare il bosco dalla quantità di persone di passaggio nel suo fondo, o forse solo l’assenza di manutenzione da parte di coloro che con tanto amore l’avevano costruita.
Con il tempo cambiano le abitudini di vita.
Anche i consumi di acqua hanno subito molti cambiamenti.
Nelle etichette andiamo a leggere i microscopici valori dei minerali, del residuo fisso, delle temperature alla sorgente, e siamo i primi a farci scrupoli sulla qualità dell’acqua.
Sono sempre vivo e vegeto pur avendo bevuto per anni l’acqua della fontana nel bosco e mangiato i fagioli della nonna cotti in acqua piovana.
Ora posso scegliere.
Posso bere acque con prezzi stracciati in bottiglie di plastica e che hanno fatto già migliaia di chilometri prima di arrivare sulla mia tavola.
Posso bere l’acqua dell’acquedotto, anche se ha ancora un sapore non molto gradevole.
Posso bere l’acqua filtrata con sistema ad osmosi installato presso l’abitazione.
Posso recarmi al vicino fontanello e riempire le bottiglie ogni due o tre giorni.
Il fontanello è una grossa costruzione in mattoni e cemento, contiene un enorme impianto di filtraggio ad osmosi, dotato di quattro cannelle.
Ci arriva acqua dall’acquedotto, ma viene filtrata, e resa gradevole con le tecniche più moderne.
Oggi mi sono recato a prendere l’acqua al fontanello e ci ho trovato dei tecnici della ditta.
Il fontanello non sarà funzionante per una decina di giorni. L’azienda sostituirà completamente l’impianto per metterne uno più moderno.
Avevano messo un cartello per avvertire l’utenza, ma è stato tolto probabilmente dai soliti vandali.
Ho sempre pensato che spesso non si danno valore alle cose che non si conoscono.
Ma soprattutto non si dà valore ai beni comuni.
Quei vandali non sanno che quella è una loro risorsa, una risorsa della comunità, e non rispettandola non rispettano nemmeno i loro beni.
Chissà se quei vandali conoscono questa storia, la storia della fontana del bosco.

RIMORSO


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immagine prelevata dal sito web http://www.settemuse.it

RIMORSO

L’operazione di scegliere è una costante nelle nostre vite.
Ogni giorno scegliamo qualcosa o qualcuno a discapito di altro.
Quando si determina dentro di noi la necessità ad. es. di comprare qualcosa di importante in termini di valore come un auto o un immobile, spesso ci possiamo portare dietro i ricordi delle opzioni alternative.
Una di queste opzioni poteva essere migliore, e può capitare di ripensare a quella scelta mancata.
Il pensiero si riaffaccia nel nostro percorso di vita bussando ogni tanto :
– perché non hai scelto me ? –
Si tratta di una operazione sottile, insidiosa. L’avevamo accantonata, ma riaffiora.
La compagna di scuola ex-mollata-carina, l’auto bella ma troppo costosa, la casa nella zona ambita ma con giardino troppo grande.
Una alla volta e qualche volta tutte insieme concorrono a formare un malessere interno.
Potremmo definirlo “rimorso” un sentimento deleterio che ci limita al godimento del presente.
Quando riaffiorano le varie opzioni dobbiamo per forza di cose volgere indietro lo sguardo e rimuginare e rivangare sui perché delle scelte effettuate.
Ci giustifichiamo, ci diamo ancora una volta una pacca sulla spalla e ci diciamo :
– questa è la vita ! E’ andata così, che vuoi fare. Andiamo avanti ! –
Il rimorso allora svanisce ancora, come le umide nebbie autunnali al levarsi del caldo sole.