DAL MACELLO ALL’OSTELLO – parte seconda


ostello

img dal web

DAL MACELLO ALL’OSTELLO – parte seconda

Per molti anni il macello è rimasto chiuso e non avrebbe potuto fare altrettanto, negli anni 90 ci si mise l’encefalopatia spongiforme bovina, la selezione di razze produttive e conseguente crisi delle razze locali tradizionali, che rischiano di scomparire.
Quindi l’amministrazione cosa doveva farne di questo immobile se non un uso per la comunità ?
Ecco quindi il progetto di ristrutturare l’immobile e predisporre un ostello al suo posto.
C’era un finanziamento europeo e i costi sono stati ridotti.
L’ostello è stato appaltato per diversi anni e ha avuto un discreto numero di visitatori.
Ma andiamo un po’ a vedere la storia degli ostelli.
L’Ostello per la Gioventù è una particolare struttura ricettiva nata per i giovani, ma attualmente aperta a tutte le classi di età. Gli Ostelli per la Gioventù AIG si distinguono dall’albergo per alcune caratteristiche specifiche che questo tipo di struttura ha fin dall’apertura, nel 1909, del primo Ostello per la Gioventù in Germania, subito parte di questa singolare catena ricettiva. Tra queste spiccano la assoluta economicità e la presenza di molti spazi comuni per favorire la socializzazione, elemento fondamentale per una corretta educazione dei giovani.
Fu infatti un maestro, Richard Schirmann (1874-1961), ad impiegare per primo le aule delle scuole, inutilizzate durante le vacanze, come camerate con lo scopo di consentire anche agli studenti meno abbienti di muoversi al di fuori del proprio ambiente e prendere cosi’ contatto con gente e culture diverse dalla propria. Nella biografia di Richard Schirmann (Graham Heath: “Richard Schirmann – The first Youth Hosteller”, pubblicata dalla International Youth Hostel Federation – Hostelling International nel 1962), si citano le sue parole: «Mi sono reso conto che fare lezione camminando e cantando in una foresta è due volte meglio che in classe. In questo modo le lezioni di geografia e di storia naturale trovano la loro naturale applicazione. E quanta partecipazione di parte dei ragazzi!»
La storia degli ostelli inizia oltre un secolo fa, è cambiato molto da allora, in molti stanno cercando di riscriverla, togliendo o aggiungendo.
Addio alle camere per quattro e bagni in comune. Gli alloggi un tempo destinati a giovani squattrinati puntano al design e comfort.
L’associazione degli ostelli https://www.hihostels.com/ raggruppa 90 associazioni che rappresentano circa 5000 ostelli in 50 paesi nel mondo, tra questi la AIG Associazione italiana alberghi per la gioventù http://www.aighostels.it/it/ nata del 1945.
Ci sono siti internet specializzati che si preoccupano di classificarli e stilano graduatorie europee o mondiali.
http://www.italian.hostelworld.com/blog/hoscars-2014-gli-ostelli-piu-popolari-del-mondo/158088
Ci sono esempi in Italia di Ostelli ristrutturati e usati per molte altre attività, un es.
http://ostelloartemista.blogspot.it/
Avevamo un ostello nel nostro paese, da quale anno è chiuso.
L’amministrazione comunale non trova nessuno per gestirlo.
C’è un problema ? Qual è il problema ?
Un immobile prima o poi cadrà a pezzi se nessuno ci fa manutenzione, nessuno se lo prende in carico.
In un secondo momento e solo dopo c’è una minor entrata di affitti o rendita da gestione.
Prima di tutto occorre che la comunità del paese capisca che l’ostello è un modo per far arrivare visitatori nel paese, e questi possono far aumentare le entrate per i negozianti, potremo mostrare a più persone i nostri tesori di arte, paesaggi o altro.
Non è roba da poco !
Abbiamo visto che una struttura fine a sé stessa, slegata da AIG, non ha prodotto niente di buono, prezzi bassi, bassa qualità, è stato replicato lo standard degli ostelli vecchia maniera comunitari, per molti mesi rimaneva aperto senza che entrasse un solo ospite.
Quindi vista l’esperienza… possiamo replicare con altri gestori un sistema che non ha funzionato, oppure ripensarlo, in base al trend corrente di una accoglienza totale del turista, del viaggiatore, del francigeno, del turista mordi e fuggi, o dello stanziale offrendogli la possibilità di visitare le vicine città di Siena, Firenze, Pisa, Pistoia, Lucca, Arezzo tutte equidistanti da noi.
Ci potremo aggiungere servizi, opportunità, svaghi, feste, concerti, cocktail bar, come se ci fosse una festa tutto l’anno.
Ci sono anche trend vincenti come quello di http://generatorhostels.com/it/ dove la socializzazione è la parola d’ordine.
La domanda che ci dobbiamo porre è se veramente vogliamo una svolta, se ci crediamo davvero allora gli investimenti (attualmente assenti) dovrebbero arrivare.
Mi rendo conto dei limiti di un ostello lontano dalle città, non potremo mai avere quello che offrono gli ostelli di questo circuito :
http://plushostels.com/it/plusflorence con calcio balilla, wi-fi, aria condizionata, lenzuola incluse nel prezzo, stile glanour e molto social.
Oppure a Milano : http://www.ostellobello.com/it/servizi/ con prezzi in camera privata a partire da 28 euro.
A Siracusa , a due passi dalla storica Ortigia, in un palazzo del 800 ecco
http://www.lolhostel.com/it/ prezzi da 14 euro, e con un sito internet che sembra un salotto.
Noi italiani negli anni 70 eravamo quelli “stanziali” le vacanze non erano intese per andare a giro, ma per piazzarsi un mese fermi alla “pozza” e qui evidentemente intendo nel nostro gergo andare al mare e …tutto relax per l’intero periodo.
Mi sorprese una vacanza in Francia dove appresi che c’erano già negli anni 80 i circuiti delle “chambres d’hôtes” o dei “logis de France”, abbastanza economici e moltissimi campeggi con servizi che noi neanche ce li sognavamo.
Sarà che l’erba del vicino è sempre più verde, ma nel mio immaginario ho sempre pensato che abbiamo questa tendenza a non avere quella predisposizione alla ospitalità, non ci piace proprio.
Alcune regioni fanno eccezione, ma non faccio nomi.
Di ostelli ripartiti ce ne sono di esempi, qualcuno molto simile al nostro, ho trovato questo :
http://iltirreno.gelocal.it/massa/cronaca/2014/10/26/news/un-nuovo-ostello-in-lunigiana-1.10188654
Ci sono molti esempi di ostelli chiusi da anni e mai riaperti, ma a che serve prendere quelli come esempio da seguire ?
Di sicuro c’è una cosa : l’ostello è stato costruito con contributi europei e se dovessimo cambiargli destinazione, magari qualcuno ci richiederà anche i soldi dei contributi e saranno dolori.
Teniamoci quello che c’è, aggiungiamo altro, rendiamo questo luogo accogliente, come se dovessimo starci noi, se fosse una pianta d’appartamento dovremmo annaffiarla e curarla tutti i giorni, con il nuovo ostello faremo lo stesso.
Opportunità di lavoro per disoccupati, abbattimento delle eventuali spese di gestione, togliere cappi burocratici se possibile, via l’affitto per almeno due anni, e investire per ogni miglioria possibile, fino a farlo diventare un fiore all’occhiello del paese.
Bando di concorso gratis subito. Mix di tutti i progetti accolti e condivisi. A Ottobre 2014 aperto per la Francigena, questo deve essere l’obiettivo. Anzi potrei aggiungere tutti i progetti devono essere resi pubblici sul sito del comune, votati dai cittadini in rete.
Questa è la nostra pagina, ci disonora, era un macello, dopo un ostello, ora nulla, almeno speriamo che ritorni ad essere un ostello, anche se non bello come qualcuno di quelli linkati, ma un ostello !
http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2015/02/02/news/chiuso-da-anni-l-ostello-da-due-miliardi-il-comune-a-caccia-di-un-gestore-1.10787250
Alt ! La terza parte la vorrei scrivere a Novembre per raccontare un lieto fine, avete capito come!

DAL MACELLO ALL’OSTELLO – parte prima


macello comunale milano

DAL MACELLO ALL’OSTELLO – parte prima

La fessura tra muro e portone metallico era strettissima. Non potevamo guardare insieme, ma uno alla volta. Non ricordo chi l’aveva scoperta, ma da quel giorno in poi tutto fu chiaro.
C’era infatti un giorno in cui veniva il veterinario del paese ed eseguiva quella operazione necessaria prima della macellazione dell’animale. Quella mattina la vidi anche io, la soppressione dell’animale mediante un colpo con una pistola a cilindro, perforò il cranio dell’animale e morì all’istante.
Si trattava di un macello comunale. Non ci voleva molto a capire cosa succedeva dentro, e il gruppetto di ragazzi del viale aveva anche visto.
Arrivavano dei camion con dentro le bestie, e ogni giorno andavano e venivano carri trainati da un cavallo.
Erano molto simili ad un grosso calesse, ma sul retro avevano un grande contenitore rettangolare in legno verniciato di rosso, sarà stato sui quattro metri circa. Il colore rosso serviva molto a mascherare eventuali macchie.
Un piccola scritta “trasporto carne” sui lati, nella parte superiore il contenitore si apriva come un grande armadio a due ante (era la misura giusta per le mucche e vitelli).
I carri di trasporto carne passavano nel lungo viale, all’andata il cavallo trottava veloce, al ritorno con destinazione le macellerie paesane, il conducente usava anche il frustino per spronare il cavallo.
Non ricordo quando fu dismessa l’attività, ma di sicuro sono passati circa quaranta anni.
Il macello era situato proprio vicino al campo sportivo (quando me lo ricordo io), ma in quell’area prima c’erano i cimiteri dei caduti in guerra americani e tedeschi, tutta roba allegra!
A fianco del macello per movimentare le sere d’estate avevano aperto un locale da ballo all’aperto.
Malgrado fosse abbastanza nascosto, privo di scritte dall’esterno, sconosciuto ai più, tutto il paese sapeva cosa avveniva là dentro.
Mi riaffiorano piccole perle di memoria e solo ora mi rendo conto che forse l’intento era nascondere quel luogo di morte, come se ce ne dovessimo vergognare.
Tra vedere e sapere c’è differenza.
Posso capire che gli animali vengono uccisi prima di arrivare in tavola, ma se li vedo uccidere o so che vicino a me c’è un luogo dove li uccidono, non mi fa stare bene, o forse non faceva stare bene certe persone. Qualcuno non l’ha voluto più lì, e certamente aveva ragione.
Ci sono state anche logiche di sicurezza, salute, qualità, igiene, o talvolta anche economiche, tutte ragioni importanti sulle decisioni di macellare altrove.
Fatto sta che il macello chiuse.
Noi ragazzi lo capimmo subito dal fosso vicino, non si tingeva più di rosso in certi giorni.
Il mio intento ora non è riportare alla luce un evento lontano che si tradusse nella perdita di lavoro per qualche macellaio e chiusura di una attività di trasformazione.
In quel periodo anche gli ultimi tenaci allevatori di bestiame nelle nostre zone gettarono la spugna, ne conseguì un vuoto nell’indotto. Solo pochi e sottolineo pochi hanno tentato di rilanciare questo fiore all’occhiello toscano di bovinicoltura.
Già negli anni 80 avveniva quello che accade ancora oggi.
La nostra produzione di bestiame non era sufficiente e venivano importate dall’estero carni già macellate e magari solo quarti posteriori.
I quarti anteriori venivano esportati prevalentemente in Germania. Mi risulta che i tedeschi li abbiano sempre apprezzati più di noi (basso costo, ottima qualità anche se necessitano in genere di cotture più lunghe)
Non è cambiato nulla da allora. Prima le nostre nonne preferivano la bistecca nel filetto e le nipoti non hanno imparato a cucinare gli stracotti, (salvo rare eccezioni ! ).
A livello aggregato credo di poter affermare che grazie anche all’introduzione massiccia di programmi televisivi atti a riscoprire anche i tagli meno pregiati nell’alimentazione quotidiana, qualcosa sta lentamente cambiando. Ci provano chef temerari che tentano di invertire la tendenza con corsi di cucina alternativi. Nondimeno associazioni culturali con obiettivo la ricerca delle tradizioni perdute.
Sembra che gli italiani debbano richiedere ai genetisti e agli zoologi una mucca particolare, tutta quarti posteriori, dal momento che i nostri consumi sono molto esigenti (dati 2011 : per ogni quarto anteriore importato vogliamo anche cinque quarti posteriori).
Addirittura molti italiani abitualmente carnivori sono diventati vegetariani. Qui potrei citare gli studi di Colin Campbell, ma si entra in argomenti complessi e li tratterò in sede separata.
Più mi informo e approfondisco questi temi relativi alla alimentazione e più mi rendo conto che molte informazioni ci sono state tramandate, le abbiamo prese tutte per buone, senza analisi, senza filtri, senza quella consapevolezza del sapere determinato dalla … saggezza.
A tal proposito finisco il post con una citazione di Isaac Asimov :
“l’aspetto più triste della vita attuale è che la scienza accumula conoscenza più velocemente di quanto la società accumuli saggezza”
Ci sentiamo al prossimo post e capirete come si arriva a…. l’Ostello !

p.s. non avevo foto storiche del macello del mio paese e ho inserito quella del macello di Milano (il Comune di Milano chiede 150 milioni !!! )

MONEYBALL L’arte di vincere film di Bennet Miller – 2011


MONEYBALL L’arte di vincere film di Bennet Miller – 2011

Tratto dal romanzo Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game di Michael Lewis, L’arte di vincere è basato sulla storia vera di Billy Beane. Diretto da Bennett Miller
Quando ti rendi conto di non giocare una partita alla pari, così inizi a sfruttare le risorse che hai per stare al passo con gli altri.
Billy Beane era una promessa come giocatore, ha interrotto gli studi universitari, il gioco da professionista gli ha dato soddisfazioni, ma non da diventare il campione che sperava.
Cerca riscatto come general manager della squadra degli Oakland Athletics.
Billy Beane incontra Peter Brand, un giovane laureato in economia a Yale e lo assume, crede in lui, nella sua vera e propria rivoluzione nel modo di acquistare i giocatori.
Formule matematiche, storici di rendimento, statistiche, inclinazioni dei giocatori, valori di mercato bassi in rapporto alle potenzialità.
Billy Beane riesce a mettere su una squadra con un budget risicato.
Il problema è che l’allenatore non gli fa giocare i giocatori acquistati. Nessun problema, i giocatori che l’allenatore metteva in campo vengono piano piano espulsi dalla squadra.
Brand lo implora a non prendere decisioni emotive.
Beane è un bravo manager, ma si percepiscono alcune difficoltà a gestire le emozioni, non assiste alle partite, non si mescola con la squadra, non si rapporta bene con la figlia.
Non si vuol legare a nessuno dei giocatori perché ha paura di non essere in grado di sbarazzarsene nel caso ce ne fosse bisogno.
Beane obbliga Brand ad andare in trasferta con la squadra, stare con i ragazzi, condividere con loro le sue teorie. Per il giovane economista inizia un vero e proprio periodo positivo nella squadra.
Decidono insieme di diventare i veri responsabili delle loro azioni, motivano la squadra ed iniziano un percorso difficile.
Un cammino marcato da vittorie continue, in tutta la storia del baseball pochi erano riusciti a superare le 18 partite di imbattibilità, ed ecco che arrivano a 19 e infine la giornata della ventesima partita e… succede l’incredibile. L’Oakland vinceva 11 a 0 , ma inizia qualcosa di inspiegabile, come se il perdente volesse ancora una volta perdere e arrivano al pareggio 11 a 11 , come se non accettassero di poter vincere. Infine l’allenatore mette in campo uno dei giocatori che non approvava, gli dà una possibilità e ….uno splendido fuori campo !
Dopo 103 anni di american league, gli Oakland arrivano a 20 successi consecutivi.
L’unica volta che anche Beane arriva al campo di gioco ad assistere alla partita.
Beane vuole vincere il campionato, con la squadra da metà classifica, arrivano ai play-off
e alle finali del 2002 di american league, ma … non vincono il campionato.
Lui vuole cambiare lo sport del baseball.
Sa benissimo che se non vincerà qualcuno arriverà lì e smembrerà la squadra prendendo quel che gli serve.
Beane è una minaccia per l’intero mondo dello sport, riesce ad ottenere risultati uguali o superiori a quelli delle più grandi squadre, ma con meno del 20% di budget.
Gli offrono di entrare dei Boston Red Sox, un contratto milionario, ma rifiuta, sono ancora una volta le emozioni a guidarlo, ne è totalmente condizionato. Si ricorda di quello che hanno rappresentato per lui, quando a causa dei soldi interruppe gli studi e iniziò a giocare da professionista. Vuole continuare a stare vicino alla figlia. Continua a stare in quel mondo, ma a modo suo.

Il produttore del film è Brad Pitt, e ha voluto fortemente realizzare questo film, pur non essendo lui particolarmente appassionato a questo sport.
Non si tratta di un film particolarmente adatto ad appassionati di sport. Lo ritengo però denso di interessanti spunti per cambiamenti importanti.

Dati del botteghino :
In Italia disarmanti … meno di 300.000 euro per l’intero incasso
Nella classifica Usa si piazzano al 43° posto nel 2011 con 75 milioni di dollari.

Frasi del film :
– per vincere devi lavorare all’interno dei limiti che abbiamo –
– se giochiamo a fare gli yankees qui dentro perderemo con gli yenkees là fuori ! –
– lo scopo dei responsabili delle maggiori squadre è comprare giocatori, ma per noi lo scopo principale è che dobbiamo comprare vittorie ! E per comprare vittorie dobbiamo comprare punti.
… vogliamo più basi-ball !

LE CALLE


calle_N2

Img dal Web

LE CALLE

Ho conosciuto Bruna molti anni fa. Mia nonna mi accompagnò da lei, nel suo giardino.
I capelli bianchi raccolti in una piccola crocchia erano ben curati. Gli occhi neri, attenti, squadravano chiunque volesse penetrare troppo nel suo mondo. Non aveva occhiali, credo non ne facesse uso. Malgrado la sua veneranda età, si era mantenuta la vista di un falco.
La sua casa, il giardino le erano utili per non pensare a quel che si era lasciata alle spalle, la guerra, l’incontro di persone cattive. Il suo guscio era inattaccabile, la faceva stare bene.
La pensione ora le garantiva da vivere in modo dignitoso. Non aveva figli, non si era sposata, nessun parente stretto, tante amiche e amici ed era molto stimata nella comunità.
Poteva dedicarsi a quel che più le piaceva : curare il suo bel giardino.
Il suo giardino era molto ordinato, non c’era un pezzetto di terra inutilizzato.
Avrebbe potuto mettere anche qualche ortaggio, ma sapeva che non era elegante, ci aveva rinunciato. Il giardino deve essere bello, sprigionare colore, dare gioia. Con gli ortaggi non sarebbe stato lo stesso. Bruna aveva trovato un buon motivo per riempire le lunghe giornate e in ogni stagione trovava qualcosa da fare.
Si era fatta costruire una piccola serra, ci aveva messo a dimora qualche pianta di limoni e meraviglia… ogni orchidea che le avevano regalato era sopravvissuta e produceva fiori bellissimi.
La sua attenzione maggiore però era rivolta alle calle.
Teneva le calle in grandi vasi e le toglieva a giugno/luglio lasciando riposare nella sabbia asciutta i rizomi fino a settembre.
In autunno il rinvaso era impegnativo e veniva Silvio, un bracciante del podere vicino ad aiutarla.
La casa dove viveva Bruna era quasi al centro del paese. Una delle poche con il porticato.
Un ambiente ideale per le calle. Le metteva in fila lì sotto, in attesa della primavera.
Come ogni anno, sul finire del primi freddi chi passava in quella strada poneva lo sguardo in direzione del porticato. C’era attesa per quella magnifica fioritura di fiori bianchi con gli spadici giallo intenso.
I fiori venivano utilizzati per confezionare i bouquet da sposa, e Bruna li regalava spesso ad Armida una ragazza-madre che frequentava la parrocchia. Armida era un’artista nel confezionare i bouquet.
Bruna non si era sposata, ma era ben contenta di contribuire a far felici le giovani spose.
Poi per una settimana la lunga fila di calle spariva.
I passanti si domandavano che fine avessero fatto. Sembra che qualcuno le abbia perfino suonato il campanello per chiederle se gliele avessero rubate !
Poi ricomparivano più belle di prima e tutte in fiore.
Il mistero l’avrebbe potuto spiegare molto bene il parroco della chiesa vicina.
Bruna consegnava tutti i vasi al parroco che provvedeva a portarli in chiesa in occasione della Santa Pasqua. Era un decoro per la chiesa, anche se faticoso per il parroco che spostava tutti i vasi con un piccolo motocarro, ogni anno non ci voleva rinunciare. Dopo una settimana il parroco li riconsegnava a Bruna.
Qualcuno potrebbe pensare che Bruna non era utile nella sua comunità.
Non era più produttiva, è vero, ma qualcosa aveva comunque fatto nella sua vita.
Ora non dava noia a nessuno, era indipendente, e quindi nemmeno rappresentava un peso per gli altri.
Il suo giardino era ben tenuto e faceva solo un po’ di invidia a chi non aveva il suo tempo e la sua passione.
Una persona semplice come forse molti vorrebbero essere.

FARE FUNDRAISING IN BIBLIOTECA


Public library birmigham

FARE FUNDRAISING IN BIBLIOTECA

E’ la curiosità. Solo quella, ma è sufficiente ad animare gran parte delle mie azioni.
Ieri in biblioteca ho osato, come al solito arraffo libri come capita ed eccone uno strano, ma anch’esso destinato al prestito. Mi si è appiccicato alle mani, in una serata l’ho quasi scorso, non l’ho letto tutto, sorvolando le parti tecniche. Voglio fare i complimenti all’autore, ma soprattutto un plauso all’intento.

fare fundrainsing

Gettare le basi per strutturare fund-raising nelle biblioteche è veramente da addetti ai lavori.
Tale libro mi porta a due considerazioni :
– in Italia si arriva spesso dopo altri
– quando ci si impegna non siamo da meno di nessuno
Il riferimento agli accenni storici sulle biblioteche americane, inglesi e poi per gli esempi di quanto si è sviluppato in Italia.
Il libro è un vero e proprio manuale, ma necessita una mente molto aperta.
L’impostazione è di tipo americano, per ottenere risultati occorre avere degli obiettivi e raccomanda che siano raggiungibili, condivisi.
Alla base di questi occorre che ci sia una “mission”
– no mission , no money ! –
Se la richiesta di un progetto è ampiamente condivisa, può rappresentare un valore aggiunto non solo per il singolo donatore, ma per la comunità.
Ci sono bellissimi esempi di mission di biblioteche estere e italiane.
In un capitolo un accenno a Lao Tzu :
– anche un viaggio di mille miglia inizia con un solo passo –
Un affermazione del genere presuppone un atteggiamento non del tutto scontato : “la consapevolezza”.
Dovremmo tutelare e valorizzare il nostro patrimonio, la nostra storia, cultura.
Le nostre biblioteche sono anche e soprattutto questo.
In certe zone d’Italia sono diventate anche altro. Un luogo di aggregazione.
Ripensare la biblioteca come un vero bene comune, riconoscere la defiscalizzazione delle donazioni del 5 per mille, quali vie perseguire non lo dovranno decidere solo gli addetti.

LA VERITA’


veritaImg dal Web

VERITA’

Una vecchia canzone di C. Caselli inizia così : “la verità mi fa male lo sai…”.
Da piccoli scopriamo subito le incongruenze della vita.
I genitori propinano il falso e poi pretendono la verità. Vi faccio un esempio :
– Babbo Natale –
Chi di noi non ha scritto una letterina a Babbo Natale ?
No tranquilli.. ! Non è questo il nocciolo della questione. Sarebbe troppo semplice.
E’ ancora più difficile. Voglio affrontare il tema dell’approccio con la verità.
Ritengo che ognuno di noi si sia preparato una sorta di timbro, come quelli di gomma autocostruiti, vi danno tutte le letterine di gomma, le appiccicate allo scheletro di plastica e…vi formate un bel timbro con la vostra scritta.
Ci sarà chi scrive “APPROVATO” , “VISTO” , “DA RICONTROLLARE” , “BOCCIATO” oppure “ACCETTATO CON RISERVA”.
Quando vi arriva un amico o un parente ecco che avete il timbro pronto con la vostra verità e lo stamperete sulla fronte del malcapitato.
Magari non voleva la vostra verità, ma ormai gliel’avete già stampigliata.
Così va il mondo.
Ognuno ha una sua verità, guai a confonderla o mescolarla con la verità di altri.
Se anche la verità non c’è, sono pronti dei surrogati.
Non abbiamo la verità su Piazza Fontana ?
Ecco pronti i falsi e questi poi diventano verità.
Es. “tanto lo sanno e non lo dicono” , “è un mistero e non verrà mai a galla” , “c’era lo zampino della mafia” , “tutta colpa dei servizi segreti americani” ecc.
Ritengo che il nostro mondo è calibrato sul razionale e si deve appoggiare su certezze, se non esistono devono essere costruite.
Siamo programmati per avere impegni, scadenze, tutto sapientemente determinato.
Se poi le “certezze” non sono la verità, la cosa non ha molta importanza.
Chi si è costruito la propria verità ha le sue certezze, non può confrontarle con altri, teme possano essere messe in discussione. Ne va del suo operato, dei suoi valori, del suo vissuto. Troppa roba!!!

Certi programmi in televisione mi hanno dato lo spunto per scrivere questo post.
Mi riferisco alle eterne liti tra politici, giornalisti, economisti, manager, filosofi ecc.
Tutti hanno ragione, la loro.
Sono fantastici.
Soprattutto quando sciorinano dati, e questi avvalorano le loro tesi, magari però hanno isolato l’analisi ad un arco temporale e il solito grafico che ne deriva sostiene perfettamente il ragionamento.
Mi chiedo sinceramente a cosa può servire ad un cittadino scoprire piano piano gli arcani nascosti dietro la gestione di appalti pubblici, gestione INPS, Quirinale, Asl, regioni ecc.
L’effetto è molto simile a quello di scoprire lentamente il sottanone della nonna alla velocità di un millimetro l’anno. Dopo dieci centimetri anche i più scafati capiranno che sotto c’è un altra sottana, il reggicalze e chissà quanta altra roba prima di arrivare alla ciccia.
La ricetta potrebbe essere qualcosa di eclatante, una bella botta di vita, si chiama :
“TRASPARENZA”, si tratterebbe di modificare il tessuto del sottanone, molto più della verità!
Un impegno a fare le cose per bene, dare la possibilità ai cittadini di verificare veramente se è stato fatto il possibile e a “regola d’arte”.
“Verba volant, scripta manent” Dal nulla allo scritto, un passaggio epocale, per tutti.
Scusate amici, oggi mi son proprio levato male, forse sto ancora sognando.
Mi aspetto commenti e non mi dite che non si può fare. Io voglio sapere solo quando si farà.