COMMERCIO


COMMERCIO

– Dopo aver stretto la mano a un mercante greco, è sempre opportuno contarsi le dita !
Questo il detto che circolava nel nostro impero romano per mettere in guardia i mercanti in occasioni di scambi con l’estero. Non me ne vogliano i greci ! Serve solo per l’introduzione.

I mercanti hanno sempre avuto grandi margini di manovra sull’attribuzione del valore delle merci, ma sono stati anche un anello importante per la diffusione di prodotti altrimenti sconosciuti ai più e gliene va riconosciuto il merito.
I processi per la formazione del “prezzo” sono stati sempre oggetto di aspri dibattiti. Un prezzo elevato sottintende un elevato margine per il venditore, ma non solo ci possono essere intermediari esosi, ma anche truffe, complicità esterne, sovrafatturazioni artificiose, furberie e molto altro.
Prezzo equo è diventato un miraggio sempre più irraggiungibile. Ci sono addirittura voci secondo le quali il prezzo si avvicini sempre al limite di “sopportabilità” del consumatore e che strateghi del marketing lo deliberino a tavolino in modo non correlato ai costi di produzione.
Economisti e filosofi si sono dibattuti in teorie sulla formazione del prezzo, ma al consumatore non interessano, lui va sugli scaffali e fa i suoi conti, è supportato da gruppi, associazioni e fa domande.
Come mai a fronte di aumenti esorbitanti del prezzo del pane non ha fatto seguito un aumento del prezzo del frumento alle aziende agricole ; dove si è perso il differenziale ??
Se non sopravvivono le aziende agricole per forza qualcuno dovrà comprare la farina all’estero !
Come mai sono sorte in Italia catene lunghissime con dubbia utilità dal produttore alle aziende di trasformazione, confezionamento, distribuzione, vendita ?

Dai tempi di A come Agricoltura fino alla attuale Linea Verde ho sempre visto in televisione servizi riguardanti un settore commercio inadeguato allo sviluppo economico italiano.
Ho trovato in rete queste fonti :
http://www.diritto.it/materiali/commerciale/bianchi.html un riepilogo della nostra legislazione, ci sono dei grossi vuoti, lo capiscono anche non addetti.
Oltre venti anni fa prodotti agricoli venivano spediti in Olanda, confezionati, imballati, e ci ritornavano pronti per il nostro mercato interno o per essere spediti all’estero.
Da chi dipendevano quelle scelte ? Vuoti normativi ?
L’organizzazione non era il nostro forte in passato e non lo è nemmeno ora.
Gli spagnoli ad es. ci superano non tanto nella produzione di arance, ma nella loro qualità di confezionamento.
Con l’introduzione massiccia della grande distribuzione sono iniziate chiusure a raffica di negozi di alimentari ; abbiamo perso le loro competenze e la loro funzione “sociale”.
Tutto sommato non so davvero se era meglio avere venti negozi di alimentari, pescheria, latteria, fiori o un grande supermercato che sostituisce tutto. Il prezzo non è tutto, contano anche i servizi.
Abbiamo perfino pensato che la “deregulation” potesse essere la cura di tutti i mali eccola quindi applicata alle compagnie aeree, ai trasporti su strada, ai servizi , ai contratti dei lavoratori.
Non voglio annoiarvi con la sfilza di risultati negativi che ne sono derivati e che conosciamo bene.
Non ne è conseguita la compressione dei costi, ma la diminuzione della qualità del lavoro e della dignità dei lavoratori.

C’è bisogno di una “regulation” di quelle toste che intervenga con regole diverse da quelle attuali :

– sfrondare gli inutili passaggi, lucro di agenti vari etc.
– regole di certificazione più snelle ai produttori
– creazione di portali web che elenchino in modo chiaro tutto quello che abbiamo
– rintracciabilità dei prodotti con certificati di origine on-line
– un po’ di sana autarchia con preferenza per la filiera corta
– delineare un serio piano di programmazione delle attività economiche

Ci saranno di sicuro altre cose che non mi vengono a mente, ma molti lo sanno benissimo e non vogliono o non possono proporre (io non sono del settore! )

Quanti sono i commercianti che campano dietro ai prodotti che troviamo in vendita nei negozi non mi interessa, e nemmeno se e quanto hanno guadagnato finora.
Partiamo da oggi, diamo un’occhiata alla vignetta all’inizio e spero ne nascano delle ispirazioni.
Poi se qualcuno mi vorrà spiegare :
– Come mai a fronte di trenta centesimi pagati a un produttore di arance di Ribera per un kg di arance, le stesse vanno sui banchi del mercato minimo a un euro e quaranta centesimi ?
Abbiamo la possibilità di cambiare qualcosa ? –

4 pensieri riguardo “COMMERCIO

  1. Ciao. A mio modesto parere credo che la conseguenza dei prezzi divergenti fra produzione e mercato, ovvero l’effettiva proporzione fra prezzo è prodotto è dovuta a due fattori. Primo la globalizzazione, che ha imposto l’impossibilità delle nazioni di svilupparsi su il mercato perché si è bravi in quel settore. Mi spiego meglio. Ricordi la vicenda delle quote latte? Ecco. È una conseguenza della globalizzazione. Per vivere felici l’Italia è costretta a comprare il latte ad esempio dalla Germania a fronte di uno scambio di prodotti nostrani destinati al popolo tedesco. Noi compriamo il vostro latte e voi i nostri formaggi. Che succede? Che la maggior parte della nostra produzione, qualitativamente superiore a quella di altre nazioni, non segue la naturale legge del mercato, ossia vince chi garantisce il prodotto buono a buon prezzo, ma vinciamo relativamente entrambi offrendo uno scambio. E dietro il prezzo del latte tedesco c’è il trasporto, il guadagno del grande distributore, il confezionamento, il guadagno del negozio, e così via.

    Secondo motivo è la regolamentazione forzosa delle leggi del mercato. Da quel che ricordo dai tempi degli studi, un mercato è efficace ed efficiente se viene lasciato libero i equilibrarsi. Domanda e offerta si incrociano in quel punto in cui la quantità di prodotto, o la qualità, ha un prezzo che soddisfi consumatore e produttore. Oltre a quel prezzo di equilibrio il consumatore non compra, il produttore non vende. Ora. Messe da parte le tasse e il guadagno del produttore il prezzo è regolamentato spesse volte dalle leggi. D esempio gas, luce, materie prime, sono prezzi decisi dl vertice, non dall’incontro fra domanda e offerta. Ecco perché il pane costa in media 2 euro al kg (qui al sud) mentre la farina viene pagata dal fornaio ad esempio 10cent al kg. Perché dall’alto si è voluto decidere che il pane deve avere un prezzo base al di sotto del quale non può scendere.che succede? Che non c’e equilibrio e chi produce pane di bassa qualità ci st a guadagnare. Ma il discorso è lungo. E diventa complicato anche sul mercato del lavoro. Per cui, secondo me, se ci fossero meno tasse più libertà sul mercato i prezzi sarebbero equi e i PIL nazionale ne gioverebbe di sicuro!

    1. Un caloroso grazie del commento prima di tutto, a un nuovo blogger o presunto tale “mi piace” e commenti sono come il carburante per l’automobile, detto questo passo a commentare il tuo commento.
      Quando parli di globalizzazione ci dobbiamo ricordare che questa è regolata da organizzazioni internazionali che di democratico non hanno nulla e che il capitalismo maturo nel quale ci siamo abituati a vivere da un po’ di tempo è diventato un finanzcapitalismo.
      FINANZCAPITALISMO è un libro di Luciano Gallino (scritto post-crisi da un sociologo, ma con argomentazioni finanziarie)
      La mega-macchina del capitalismo non è quella di disporre di capitali ma di controllare le persone, da qui ne deriva che il capitale non ha potere ma che è potere.
      Potere di decidere dove produrre, cosa produrre e quando stabilire quante persone hanno diritto al lavoro e quante da considerare esuberi che da sempre l’uomo ha sempre cercato di “estrarre valore” da quel che aveva a disposizione,

      Tra il 1992 e il 2007 c’è stata una forte concentrazione bancaria, aumento esponenziale di derivati, aumento delle tipologie e famiglie di fondi, pressione di investitori istituzionali con richieste di rendimenti oltre il 15% quando l’economia cresceva ad un tasso di 4 / volte inferiore, prevalenza di oltre 80% di operazioni di arbitraggio nei mercati mondiali (il mestiere di Mickey Rourke in “nove settimane e mezzo)
      Qualcuno ha stabilito regole precise sui guadagni di ogni attività e ad es. è stato stabilito il 10% alle attività agricole , il 15% a quelle industriali, il 20% a quelle finanziarie, il 25% al Società di intermediazione Mobiliare e così via
      Ma chi l’ha detto ??
      Per quanto riguarda l’agroalimentare il finanzcapitalismo se ne è cibato a piene mani con monopoli e oligopoli nel mercato delle sementi, con 85% del mercato delle granaglie in mano a tre sole aziende, 25% dell’intera massa di alimenti confezionati e bevande a una decina di aziende alimentari.
      E ancora tra il 2006 e il 2009 sono stati acquistati quindici milioni di ettari per superfici di terreni agricoli da utilizzare per colture estensive.

      Quello che è successo finora è grave, quello che dovrà succedere non lo so ma lo scenario non è dei migliori.
      Se siamo in questa crisi la spiegazione ha provato a darcela un film, ho notato che la visione integrale è su youtube, per cui ritengo opportuno segnalarla :

      Non concordo con la tua teoria in stile Keynesiano della domanda e dell’offerta, ci sono troppe variabili che hanno influenzato il mercato, le lobbies ad es. hanno favorito leggine per poter agire indisturbate e in legalità.

      Anche il discorso del Pil lo condivido in parte, soprattutto sui suoi parametri di calcolo.
      In un precedente post di decrescita ho menzionato Latouche e la sua teoria della decrescita, e anche nel mio profilo accenno a ben altri parametri che purtroppo gli economisti ci hanno fatto dimenticare e sono quelli relativi alla “felicità” e FIL (felicità interna lorda), del resto la crescita perpetua non è possibile nemmeno in matematica.
      Non so quanto possa durare la carriera dell’italiano che si arrangia e aspetta che tutto si risolva, del resto anche io ogni volta che scopro amare verità su quanto ci circonda non posso far altro che prenderne atto, intanto però ora le conosco, mentre prima le ignoravo.

      1. Beh, bello scambiarsi idee su argomenti studiati solo sui libri e descritti dai blogger in maniera realistica. Guarda, sulle leggi keynesiane purtroppo credo siano le più valide se davvero non ci fossero leggi ne e leggi a favore di questa o quella lobbies. Tempo fa scrissi un elaborato per un concorso (purtroppo senza alcun esito vincente) riguardo la globalizzazione e il capitalismo che era in realtà una standardizzazione della cultura, detta da alcuni McDonaldizzazione. Addirittura avevo trovato un articolo riguardo la quarta guerra mondiale che è quella in cui ci troviamo adesso, la guerra tra ricchi e poveri, nuove potenze e vecchie potenze alla deriva. Ce ne sono cose da dire, ma sarebbero parole campate solo in aria….

  2. mm più che di quarta guerra mondiale ho sentito parlare di “guerre asimmetriche” , non meno dannose di quelle convenzionali e forse ci siamo veramente dentro. E’ sui tempi di risalita che concordo con un libro di R. Vacca che paragona l’attuale crisi a quella del ’29 e affermando che se per quella ci sono voluti 7 anni , e questa è in termini di valore del debito tre volte più grave, non ci si può aspettare che finisca subito come la ben nota mozzarella !

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.